Albania e migrazione: lo specchio

I processi migratori sono una lente attraverso cui leggere l’intera società. Di partenza e d’accoglienza. Ma in Albania di questo, secondo il sociologo Rando Devole, si è troppo poco consapevoli. Come del resto non lo si era nell’Italia degli anni ’90. Un commento

09/07/2013, Rando Devole -

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Albania (Rob Hogeslag/flickr)

La migrazione è uno di quei fenomeni sociali dove si intrecciano aspetti umani molteplici. La mobilità dell’uomo, da un luogo all’altro, tocca la sua esistenza, perciò si può vedere da molti punti di vista, poiché vengono coinvolti tutti i settori dell’attività umana, cominciando dall’economia e dalla politica, per procedere con la cultura e la psicologia, individuale e collettiva, per finire con la religione, la lingua e la demografia. Nell’immigrazione si intersecano tante nervature del corpo sociale, e per questo motivo il tema acquista un’importanza particolare, specialmente ai giorni nostri, quando la globalizzazione ha aumentato notevolmente i rapporti umani.

L’epoca dei media e di Internet ha posto ancora più in evidenza le caratteristiche della migrazione come "fatto sociale totale", come lo chiamava il sociologo algerino Abdelmalek Sayad. È questa qualità che contraddistingue la funzione del fenomeno come uno specchio di tutta la società. "La funzione specchio" della migrazione, acquisita ormai da molti studiosi, risulta come un naturale effetto del posto privilegiato occupato dalla migrazione all’interno della comunità.

Specchio magico

Studiando la migrazione, ad esempio, noi costruiamo e lucidiamo uno specchio magico, dove possiamo riconoscere i connotati della politica del paese di accoglienza, ma anche quelli del paese di partenza. Il processo migratorio rispecchia da una parte gli aspetti economici dei paesi interessati, dall’altra l’atteggiamento che noi abbiamo nei confronti dell’Altro e della diversità in generale.

L’impatto della migrazione è talmente forte, da scoprire, scoperchiare, e talvolta mettere a nudo, le caratteristiche più nascoste di un paese. Estremizzando alcune conseguenze, esasperando alcuni “problemi”, la migrazione sottolinea le peculiarità politico-culturali di molti paesi, spesso condizionando le scelte che la riguardano. Tramite le migrazione si possono comprendere in modo approfondito alcuni meccanismi della società, così come lo studio dell’organizzazione sociale porta alla comprensione degli aspetti della migrazione (S. Palidda). Come si vede, la migrazione, oltre alla funzione di specchio, possiede anche la funzione di lente, tramite la quale si possono ingrandire elementi che altrimenti rimarrebbero nell’ombra.

È la migrazione che ci mette davanti a delle domande molto serie in merito ad argomenti come la cittadinanza, la nazionalità, l’identità, il funzionamento dell’amministrazione pubblica, l’atteggiamento nei confronti dell’Altro, il rispetto dei diritti umani, i servizi sociali, e così via. In fin dei conti, come giustamente ritiene lo studioso M. Ambrosini, la migrazione si comporta come un reagente della natura della comunità a cui apparteniamo. L’atteggiamento nei confronti della migrazione getta inevitabilmente luce anche negli angoli più opachi della nostra coscienza, così come illumina gli ingranaggi che muovono il meccanismo mediatico della rappresentazione dell’Altro, con tutte le conseguenze eventuali, dalle generalizzazioni alle discriminazioni.

Possiamo immaginare che l’interazione dell’emigrazione avviene su molti piani, visto che le implicazioni e le contraddizioni emerse non si riducono soltanto nei rapporti tra migranti e autoctoni, ma anche tra emigranti e loro connazionali. Anzi, talvolta la migrazione entra con forza anche nel campo gravitazionale della geostrategia e della politica estera. Tuttavia, ormai è chiaro che la funzione specchio della migrazione si rafforza sempre di più, dipende solo dal modo come lo si guarda.

Deficit culturale

Sebbene l’Albania sia uno dei paesi più coinvolti dalla migrazione, si presenta con un grande deficit culturale in questa direzione, poiché il tema dell’emigrazione non ha mai occupato uno dei primi posti dell’agenda del paese. Al netto dei casi estremi, questo vale anche dal punto di vista mediatico, giacché i media non hanno mai dato lo spazio necessario ai migranti, tranne le prime pagine obbligatorie dettate dalle emergenze storiche. Comunque, come abbiamo detto sopra, i punti interrogativi che la migrazione ci mette dinanzi hanno un carattere fondamentale, poiché hanno a che fare direttamente con il cuore della collettività. L’Albania, più di altri paesi, deve affrontare sfide molteplici della migrazione e non deve evitare le domande che tale fenomeno le pone davanti, perché dalle loro risposte dipende la costruzione della società moderna.

La funzione specchio si realizza anche grazie ai numeri. Quando sono stati resi noti i dati della presenza degli stranieri in Albania, i media albanesi hanno dato sì la notizia, ma non hanno approfondito il suo significato sociale, lasciandola confondersi e perdersi tra centinaia di altre informazioni.

Secondo i dati del ministero del Lavoro albanese, soltanto durante l’anno 2012, in Albania sono stati rilasciati 2.499 permessi di lavoro per gli stranieri, la maggior parte dei quali nella capitale Tirana. Tenendo presente la cittadinanza, il peso maggiore era occupato dai turchi con 474 persone, il 19% del totale; seguivano i greci con 388 (16%) e gli italiani con 372 cittadini (15% del numero totale). Inoltre, sempre nel 2012, sono stati rilasciati permessi del lavoro per 195 canadesi, 188 cinesi (7,5%) e 105 kosovari. I settori di attività economica erano come segue: costruzioni (19%), commercio e riparazione auto (14,5%), miniere e cave (12%), industria di trasformazione (8%) ecc. Non è sicuramente senza rilevanza il fatto che durante lo stesso anno sono stati respinti 180 permessi di lavoro, tutti a favore di cittadini stranieri originari dell’Unione Europea.

Cos’è che ci attirerebbe maggiormente l’attenzione se dovessimo guardare la storia dell’immigrazione in Italia? Certamente le navi dell’esodo spettacolare albanese agli inizi degli anni ‘90. Nella sua funzione da specchio, la migrazione racconta molto sia del paese da dove sono partiti gli emigranti (l’Albania appena uscita dal totalitarismo), così come dell’Italia (il paese sognato da migliaia di persone). L’immagine degli albanesi nei porti pugliesi, oppure nello stadio di Bari, al di là dell’indignazione umana, ci fa capire che l’Italia non era preparata a comportarsi da paese di immigrazione. Purtroppo, sia dal lato politico, sia da quello organizzativo e culturale, l’Italia era ancora ancorata all’autopercezione di un paese di emigranti, non di immigrati, quindi si vedeva come un paese che doveva guardare oltre l’oceano, oppure verso l’Europa del nord, non come un paese di arrivo per cittadini stranieri. Quindi, ci è voluto lo shock dell’esodo per costringere i due paesi a svolgere delle profonde analisi di se stessi, quindi guardarsi con attenzione allo specchio, per riconfigurare le proprie impostazioni politico-culturali.

Paese d’immigrazione

L’Italia degli anni ‘80 e ‘90 non ha capito gradualmente che ormai si era trasformata in un paese di immigrati, anche se in numero degli stranieri aumentava di anno in anno. Ci è voluto uno “scontro” epocale, un trauma collettivo, come quello degli esodi, a causa dell’immigrazione dall’Albania, per obbligarla ad esaminare la nuova situazione sociopolitica, segnando anche il cambio dei capitoli storici dalla caduta del muro di Berlino verso la nuova epoca. Dall’altra parte, la migrazione può servire come un detonatore di reazioni contrarie, quindi contro gli immigrati e l’Altro in generale, ma anche in questo caso viene testimoniato implicitamente che la migrazione costituisce uno specchio e nello stesso tempo un segnale dei problemi nel seno della comunità. Fatto sta che la migrazione costituisce uno strumento ideale tramite cui si possono misurare molte dimensioni sociali.

È ancora presto per considerare l’Albania come un paese di immigrazione, i numeri ancora non ce lo consentono, ciononostante non significa che sia ancora presto per farsi alcune domande su questioni cardinali come la nazionalità e la cittadinanza, l’identità e la diversità, i diritti umani e lo stato, la legalità e l’integrazione, l’approccio all’altro e la dignità umana. Non dobbiamo avere paura, allo specchio della migrazione vedremo solo noi stessi.

 

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Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l’Europa all’Europa

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