Mostar, la linea del bulevar

Il capoluogo dell’Erzegovina resta senza governo, e si susseguono le voci su di una divisione della città. L’unico modo per far sopravvivere Mostar sarà crearne due?

27/09/2013, Rodolfo Toè - Sarajevo

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Mostar (foto: L. Zanoni)

Il ‘caso’ che ha fatto più discutere i cittadini di Mostar nelle ultime settimane è piuttosto banale: l’introduzione di parcheggi a pagamento nelle vie principali della città. Finora, infatti, Mostar era una delle rare città in Bosnia Erzegovina a non averne nessuno.

A fine agosto le cose sono cambiate. È stata creata una società apposita, la Mo Parking che, sotto la guida di tecnici fatti arrivare da Zagabria, ha introdotto un sistema di posti a pagamento. Scatenando la confusione della cittadinanza, che fino ad allora non aveva mai dovuto cimentarsi con questo problema, e generando aspre critiche e qualche disordine (secondo quanto riportato da Dnevnik, non sarebbe mancata neppure qualche colluttazione, per disputarsi i posti macchina gratuiti rimasti).

Un caso all’apparenza banale, appunto, che è la spia più recente dell’impasse politica di Mostar. La questione ha diviso infatti, una volta di più, i politici locali: il partito bosgnacco SDA [Partito di azione democratica] accusa i croati dell’HDZ BiH [Unione democratica croata della Bosnia Erzegovina] di avere introdotto il cambiamento attraverso una delibera irregolare. La decisione è stata presa da un’assemblea che, a norma di legge, non avrebbe il potere di farlo, essendo il suo mandato scaduto nell’ottobre 2012.

Immobilità

Negli ultimi mesi, nulla è stato fatto per trovare una via d’uscita alla grave crisi istituzionale che paralizza la città da quasi un anno. Da quando, cioè, Mostar è stata l’unica città del paese dove non si sono svolte le elezioni amministrative, a causa della diatriba sulla riforma del proprio statuto .

Nonostante i buoni uffici dell’Alto Rappresentante della comunità internazionale, Valentin Inzko, e i molti contatti al vertice tra i principali partiti politici bosniaci, la situazione è infatti rimasta immutata. Inzko, del resto, sembra essere sempre più una semplice comparsa nella scena bosniaca. «Stiamo lavorando affinché la comunità internazionale abbia un approccio sempre meno interventista negli affari interni del paese», ha dichiarato in un’intervista pubblicata recentemente dal quotidiano Dnevni Avaz. «Non possiamo obbligare i politici bosniaci a lavorare», constatava, «ma li invito comunque a operare nel bene della cittadinanza».

Auspici che, finora, sono rimasti lettera morta. Il problema principale è, con ogni probabilità, il fatto che la discussione sullo statuto di Mostar è diventata solo un punto all’ordine del giorno in un processo molto più ampio e delicato, quello della riforma della Costituzione della Bosnia Erzegovina per garantire i diritti di tutti i suoi cittadini, in conformità con la sentenza della Corte di Strasburgo nel caso Sejdić-Finci .

La linea del bulevar

Non è un caso che il leader dell’SDA, Sulejman Tihić, e quello dell’HDZ BiH, Dragan Čović, abbiano trovato a questo proposito un’intesa che prevede soluzioni molto simili sia per la città di Mostar che per l’elezione dei membri della presidenza, uno dei punti più delicati nella controversia riguardante la discriminazione delle minoranze nazionali in Bosnia Erzegovina.

Per ora si tratta soprattutto di indiscrezioni raccolte dai giornali locali, ma i due leader avrebbero proposto per l’elezione dei due membri della presidenza eletti nella Federazione (FBiH), una delle due entità in cui il paese è diviso, di creare due circoscrizioni elettorali distinte. Una soluzione simile sarebbe stata ipotizzata anche per Mostar. Creare, cioè, due municipalità – Mostar Est e Mostar Ovest – e prendere atto, una volta per tutte, della divisione etnica della città.

«Non ci sono dubbi che le linee di demarcazione tra le due città passeranno da qualche parte in prossimità della vecchia linea di fuoco», il bulevar, ha constatato sardonico Emir Imamović su Radio Sarajevo . «È un’idea che non suona benissimo, soprattutto alle orecchie di chi difende l’idea di una Bosnia Erzegovina multi-quel che volete». E ha concluso amaramente: «Mostar, nella sua decadenza, è davvero una città unica al mondo».

La decadenza di Mostar

Questa decadenza, che è palpabile, è ormai – più che un oggetto di analisi e di discussione – un semplice esercizio statistico. Perché i problemi di Mostar sono, se possibile, ancora più gravi rispetto a quelli del paese.

Prima di tutto, c’è la questione del bilancio pubblico. Quello per l’anno in corso, adottato ad aprile, è stato imposto dal sindaco uscente Ljubo Beslić (HDZ BiH). È un potere che gli viene riconosciuto, in casi di emergenza, dalla legge sulle amministrazioni locali. Contro tale decisione hanno fatto ricorso bosgnacchi e serbi, sostenendo che un documento di programmazione economica così importante avrebbe dovuto necessariamente essere approvato dall’assemblea municipale.

Il ricorso non ha avuto esiti, il bilancio è entrato in vigore e ha messo fine a una paralisi della spesa pubblica cittadina che, in mancanza di una legge finanziaria, aveva lasciato per mesi i lavoratori pubblici senza stipendio. Ma permangono alcune perplessità, tutt’altro che secondarie: la prima è che il bilancio si è rivelato troppo ottimista sul fronte delle entrate e dovrebbe pertanto essere emendato. Il primo cittadino, però, che ha il potere di emanare la legge, non ha quello di modificarla. Tale prerogativa spetterebbe all’Assemblea che tuttavia, in attesa della modifica dello statuto, non esiste. Il secondo problema è che il mandato di Beslić terminerà a novembre. Non è chiaro, quindi, come si potrà approvare il bilancio per il 2014 senza prima riformare lo statuto e formare così una nuova assemblea.

Autunno caldo

La questione del bilancio non è l’unica ad alimentare il disagio locale, ora che l’estate e la stagione turistica sono finite e la città è costretta a riprendere la propria vita normale. Quello di Mostar sarà, con ogni probabilità, un autunno caldo. Settembre ha riportato con sé problemi che, minimizzano gli abitanti, «sono assolutamente nella norma», quasi non valesse nemmeno la pena di farci caso. Come l’aumento, l’ennesimo, del numero dei disoccupati: 32.549 quelli registrati ufficialmente nelle liste di collocamento a fine agosto, con un aumento annuo del 6,6%. O come le difficoltà delle scuole, 24 in tutta la città che, lasciate senza soldi, rischiano di dover ricorrere ai genitori per finanziare l’apprendimento degli alunni.

«Gli istituti di Mostar non sono mai stati in una situazione peggiore di quella attuale», ha sottolineato Slavko Lauš, il presidente dei sindacati delle scuole elementari di Mostar, al giornale Dnevni List. «Non abbiamo nemmeno i soldi per il materiale didattico di base, come cancellini e gessi. Se i problemi non saranno risolti, saremo obbligati a chiudere tutte le scuole». Il problema non riguarda solo il materiale, ma anche altre spese, prime tra tutte le utenze, come il riscaldamento, o il trasporto scolastico per gli alunni. «Sappiamo che, quando arriverà l’inverno, i genitori terranno i propri figli a casa. Le autorità devono intervenire e sostenere i costi dell’istruzione, che per legge non devono ricadere sulle famiglie, anche se senza Assemblea municipale sarà difficile migliorare la situazione».

Il momento è grave, e non sembra dunque esserci spazio per l’ottimismo. Il professor Slavo Kukić, intervistato da Osservatorio, sembra tuttavia non aver perso le speranze. Kukić, docente di economia all’Università di Mostar, è stato a un passo, durante la crisi politica del 2011, dal divenire presidente del Consiglio dei Ministri. «La disfunzionalità di Mostar è fisiologica, ed è controllata dai politici locali che la usano per il proprio tornaconto», sottolinea. «Io però ho fiducia nei cittadini, sono migliori di chi li governa. Sono convinto che il futuro tornerà a sorriderci e che la città diventerà un posto normale. Le tensioni, soprattutto quelle legate alla guerra, poco alla volta sono sparite. La nostra è una filosofia di convivenza universale, che alla fine non potrà non prevalere». L’ottimismo manifestato da Kukić si proietta anche sull’ipotesi di divisione della città: «La possibilità esiste», ammette, «ma non credo avverrà mai. Il solo futuro possibile per Mostar è come città unica, e unita».

 

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Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l’Europa all’Europa

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