Italia-Montenegro, destini incrociati
Il Montenegro rischia di essere portato in tribunale dalla A2A, la compagnia italiana che amministra l’azienda elettrica del Paese. Il ministro Zanonato si è recato a Podgorica per discutere con le autorità montenegrine della questione
La scorsa settimana a Podgorica i ministri dell’Economia del Montenegro e dell’Italia, Vladimir Kavarić e Flavio Zanonato, hanno siglato una dichiarazione congiunta sulle relazioni tra i due stati. Dopo la firma del documento, i ministri hanno informato i giornalisti di aver discusso “della possibilità di avviare e consolidare la collaborazione nei seguenti settori: finanziario, agricolo, pesca e infrastrutture”.
Zanonato ha detto che la compagnia italiana “Terna” è pronta a realizzare il progetto del cavo sottomarino per il trasporto di energia elettrica dai Balcani all’Italia, che congiungerebbe il porto montegrino di Tivat con Pescara, ma che l’Italia non ha ancora ricevuto il via libera dalla Croazia. “Il governo montenegrino si sta attivando completamente per la realizzazione dell’accordo che abbiamo definito insieme. E anche il nostro governo è impegnato nella soluzione delle difficoltà che periodicamente incontriamo”, ha sottolineato Zanonato.
Rischio arbitrato
Ma il motivo principale della visita a Podgorica del ministro Zanonato è stato quello di cercare di risolvere il problema in cui si trova il più grosso investitore italiano in Montenegro, la compagnia A2A. La compagnia italiana, che dal 2009 amministra l’Azienda elettrica montenegrina (EPCG), ha comunicato ufficiosamente che alla fine di settembre potrebbe avviare a Washington la procedura di arbitrato contro il Montenegro, perché il governo di Podgorica non rispetta gli impegni contrattuali.
La richiesta di risarcimento della A2A, secondo quanto riportano i media montenegrini, sarebbe addirittura di 526 milioni di euro. La cifra di 430 milioni di euro si riferisce al denaro che la A2A ha investito nell’acquisto della quota statale, delle azioni dei piccoli azionisti e nella ricapitalizzazione della EPCG, mentre i restanti 96 milioni si riferiscono al mancato profitto. La decisione della A2A dipenderà molto da come si svilupperà la situazione della più grande azienda montenegrina, il Kombinat di alluminio di Podgorica (KAP). Il KAP infatti è debitore nei confronti della EPCG di circa 60 milioni di euro, e grosso modo della stessa cifra la EPCG è debitrice nei confronti dello stato montenegrino per tasse e contributi non versati.
Il KAP fino al luglio di quest’anno, quando è andato in fallimento, era amministrato dal tycoon russo Oleg Deripaska. Anch’egli ha dichiarato che porterà il Montenegro in tribunale a Francoforte e chiederà danni per circa un miliardo di euro, a causa della “falsificazione dei rapporti finanziari durante la privatizzazione, violazione dei contratti e mancata applicazione delle sovvenzioni per l’energia elettrica”.
Ciò che accomuna queste due privatizzazioni è il fatto che ad esse ha preso parte il premier montenegrino Milo Đukanović, il quale continua a pensare che gli interessi degli investitori stranieri vadano sempre più rispettati di quelli nazionali. Ma non è dello stesso parere il suo partner di coalizione al governo, il Partito socialdemocratico di Ranko Krivokapić, motivo per cui il sette volte premier del Montenegro si è trovato con grossi problemi da affrontare.
Đukanović, infatti, lo scorso luglio aveva proposto la revisione del bilancio, per fare in modo che lo stato si prendesse carico del debito del KAP riguardante l’energia elettrica, e allo stesso tempo perdonasse l’EPCG, ossia l’A2A, per il debito contratto per il mancato versamento delle tasse e dei contributi.
“Non vogliamo assolutamente accettare che questi debiti vengano pagati dai cittadini del Montenegro”, ha precisato Damir Šehović, alto funzionario socialdemocratico.
Il ministro Kavarić ha così potuto dire a Zanonato che “il governo ha offerto la soluzione migliore, ma il parlamento l’ha rifiutata”. Aggiungendo che il governo Đukanović è in costante comunicazione con i funzionari dell’A2A.
Economia fragile
Siccome il Montenegro si trova in una assai difficile situazione economica, mentre i rapporti tra i partner di coalizione tendono a peggiorare, c’è sempre meno spazio e tempo per trovare una soluzione che possa accontentare l’A2A. Ecco perché l’avvio della procedura di arbitrato da parte della compagnia italiana, con la certezza che lo vincerebbe, potrebbe condurre al crack le finanze pubbliche montenegrine.
“Lo stato tuttora è sull’orlo della bancarotta, e l’annuncio di arbitrati da parte di A2A e di Deripaska mostra che il governo ha fatto tutto in modo non professionale. Evidentemente non siamo un partner affidabile, perché non c’è un solo investitore che non abbia avuto problemi col comportamento del governo per quel che riguarda il rispetto dei contratti di privatizzazione”, ribadiscono al Fronte democratico, il maggior gruppo di opposizione.
“A prescindere da chi sia responsabile di quegli affari, tutti ne patiremo le conseguenze. Se si dovessero pagare richieste di indennizzo del valore di oltre un miliardo di euro, temiamo che il conto verrà pagato dalle prossime generazioni”, sottolineano dal partito Montenegro positivo. Ed è logico, tenuto conto che il bilancio annuale del Montenegro è di soli 1,2 miliardi di euro.
Non c’è dubbio che se l’A2A se dovesse portare Podgorica in tribunale verrebbe compromessa la cooperazione tra Montenegro e Italia, anche se di recente Massimo Rustico, responsabile per le attività all’estero dell’ANCE (Associazione nazionale costruttori edili) ha descritto il Montenegro come una “Singapore di questa parte d’Europa”, sottolineando l’eccezionale ruolo strategico che fa del Montenegro, in particolare per gli italiani, una delle più attraenti destinazioni per gli investimenti.
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