L’Albania, Berlusconi e gli odonimi

Una via titolata a Silvio Berlusconi. E’ accaduto in Albania e il fatto ha avuto ampia eco in Italia. Toponimi, odonimi e dibattito pubblico in quest’analisi del sociologo Rando Devole

07/10/2013, Rando Devole -

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In Albania, non molto tempo fa, una forza politica di destra ha chiesto la sostituzione dei nomi di luoghi che avevano un’origine “straniera”, principalmente slava e greca. Un’iniziativa per nulla nuova, che era stata già proposta in passato anche da altri rappresentanti delle istituzioni albanesi.

La corrente a favore della correzione dei toponimi ha le sue radici nel purismo linguistico, permeato da una forte ideologia nazionalista. Se qualcuno avesse scritto una biografia del purismo albanese leggeremmo che durante il Risorgimento ebbe un forte impeto, principalmente a danno dei turchismi (prestiti dalla lingua turca), ma anche di altri prestiti linguistici, i quali vennero banditi con forza dalla lingua albanese, nell’ambito della riformulazione dell’albanesità e della forgiatura dell’identità nazionale.

Ma a dire il vero il purismo in Albania non ha mai cessato di esistere, fino ai giorni nostri. Anzi, si presenta sia con sembianze di subcultura che con opere linguistiche di una certa formale serietà.

Nomi di luogo

Il purismo toponomastico, se possiamo chiamare così l’azione della depurazione dei toponimi stranieri, acquisisce forza dal carattere geografico e amministrativo dei nomi di luogo. I toponimi, a differenza dei prestiti linguistici generici, hanno infatti un appeal speculativo più forte. Una parola straniera, in fin dei conti, costituisce un granellino lessicale tra migliaia e migliaia di altre parole. Si può considerare prestito di un’altra lingua, vicina a oppure no, si può mettere al bando, ma non provoca una diretta complicazione politica.

Al contrario, il nome di un villaggio, oppure di una città, si contraddistingue in primis perché rientra nella categoria dei nomi propri, i quali non hanno riferimenti cognitivo semantici convenzionati e, in secondo piano, perché gode di una certa "sovranità territoriale".

Strade e piazze

Nel contesto albanese, dove i toponimi sono causa di aspri dibattiti pubblici, è strano però che la denominazione di strade e piazze passi perlopiù sotto silenzio. Un silenzio che va quindi capito e interpretato.

I termini che gli specialisti chiamano come odonimi (dal greco hodós “strada”) rientrano naturalmente nella grande famiglia dei toponimi e non sono per nulla neutri nelle loro azione a livello sociopolitico. Non vanno quindi visti come una categoria di seconda mano.

Va sottolineato sin dall’inizio che i toponimi sono caratterizzati generalmente da una storia lunga. Col passar del tempo, di generazione in generazione, perdono la loro trasparenza semantica e acquisiscono una certa opacità, che impedisce la lettura originale. Questo processo si complica quando intervengono lingue straniere.

Al contrario i nomi di strade e piazze, specialmente quando le denominazioni sono relativamente recenti, non soffrono di opacità semantica. "Rruga e Kombit" (“La Via Nazione”, è stata così denominata l’autostrada che collega l’Albania al Kosovo, ndr), tanto per fare un esempio famoso, non è un mistero per i cittadini albanesi. Tutti sanno perché è stata chiamata con quel nome.

Altre vie a Tirana come "Abdyl Frashëri", "Pjetër Budi", "Teodor Keko", (nomi di intellettuali albanesi ndr) non sono difficili da comprendere nella loro origine. Lo stesso si può dire delle vie Rrugët e Barrikadave, e Kavajës, e Elbasanit, (nomi di città) ecc., le quali hanno al loro interno la chiave di interpretazione. I toponimi più recenti si avvicinano in questo agli odonimi. È sufficiente prendere come esempio la città di Bajram Curri (condottiero albanese) nel distretto di Tropojë (nord dell’Albania) e il boulevard con lo stesso nome a Tirana. All’altra estremità però abbiamo una nebbia che diviene sempre più fitta. E quindi è difficile andare a capire l’origine del nome della città di Pogradec, così come quello della via Bardhyl a Tirana.

Specchio della comunità

Sebbene in epoche diverse, le due categorie (toponimi e odonimi), rispecchiano in un certo modo le comunità che vivono sul territorio. Se ora abbiamo difficoltà a capire perché la città di Korça si chiami Korça e quella di Vlora si chiami Vlora, oppure perché a Lushnja abbiano messo questo nome, ciò non accade per la piazza Skënderbej, il boulevard Dëshmorët e Kombit, la via Mine Peza oppure Sandër Prosi. E’ del tutto normale che alle ultime generazioni l’ultima via a Tirana (Sandër Prosi) risulti più leggibile della penultima (Mine Peza).

Molte amministrazioni locali in tutto il mondo hanno capito da tempo che la denominazione delle strade è necessario sottostia ad alcune regole generali. Alcuni di questi hanno un carattere prettamente tecnico. Ad esempio nello stesso comune non possono coesistere due vie con lo stesso nome. Il motivo non ha bisogno di essere spiegato.

Ad aggiungersi al criterio della non-omogeneità vi è quello dell’immutabilità: solo in casi rari, e per motivi di forza maggiore, i nomi delle piazze e delle strade vengono cambiati. In Albania, dopo la caduta del totalitarismo, insieme alle statue sono state abbattute anche una serie di denominazioni "politicamente” scorrette. Così ad esempio la Piazza Stalin a Kombinat (quartiere di Tirana), adesso ha il nome dell’eroe italiano Garibaldi. Lo stesso destino ebbero nomi di scuole, fabbriche, istituzioni…

Il caso dell’Albania non è ovviamente unico. Anche in altri paesi, in diverse epoche storiche, le vie e le piazze non sono state solo ripavimentate, ma hanno subito anche processi di ridenominazione.

Via Silvio Berluskoni

Poco tempo fa alcuni media italiani hanno informato che a Kamëz, cittadina satellite di Tirana, una via era stata dedicata a Silvio Berlusconi. Lo scoop è uscito dallo scatto della macchina fotografica di Demotix.com. L’organo di stampa on-line Huffingtonpost.com  – il primo a darne notizia in Italia – commentava così: “Tra processi e condanne, ecco una piccola consolazione per Silvio Berlusconi”.

Al pubblico albanese la notizia è risultata nuova, sebbene il 9 aprile del 2013 il comune di Kamëz l’avesse pubblicata sul proprio sito Internet spiegando principalmente aspetti di carattere tecnico alla base della scelta, senza disquisire sul suo valore simbolico:

“Il sindaco, Xhelal Mziu, ha inaugurato oggi l’inizio dei lavori in via “Silvio Berluskoni” nel quartiere Frutikulture della città di Kamza. Questa via collega la via “Skënderbeu” con la via “Liria” ed è parallela alla via nazionale “Bulevardi Blu”. La strada è conforme al piano urbanistico e ai parametri necessari. […] La strada in costruzione è assolutamente nuova con tutti i parametri necessari sia per il passaggio delle auto sia per il passaggio dei pedoni, ma anche per la rete dell’acquedotto …”.

Perché?

Il sindaco Mziu ha offerto una sua opinione sulla scelta fatta durante un’intervista alla trasmissione “Shih programin” (“Vedi il programma”) del 22 aprile 2013, alla tv pubblica albanese (TVSH):

“Abbiamo avuto anche la fortuna di nominare molte vie, in tutto 505. Di questi nomi più di 400 sono nomi di altre città dell’Albania, per onorare tutti quelli che sono arrivati qui da altre parti del paese. Abbiamo inoltre denominato vie con nomi di personalità dell’arte, della cultura, dello sport, patrioti […] poi abbiamo selezionato circa 90 altri nomi di città albanesi fuori dai confini, oppure città internazionali, così come personalità internazionali e in un certo modo la cosa è diventata più semplice. I cittadini si sentono meglio, non si creano conflitti. Se vedi nomi di città all’estero oppure di persone che nessuno conosce nessuno fa problemi, mentre su denominazioni più vicine la città ha dimostrato di essere molto sensibile”.

Da quel che si capisce da questa breve intervista televisiva, due sono stati i criteri adottati dalle autorità locali per denominare le nuove vie: fama e consenso. Sono due criteri discutibili, ma validi. Il problema del primo sta nel fatto che la notorietà riguarda per definizione poche persone, mentre le strade sono numerose. E si potrebbe aggiungere: e se il nome della via si mettesse proprio con l’obiettivo che la comunità riconosca i meriti di qualcuno che altrimenti rimane coperto dalla polvere della dimenticanza? Poi vi è il criterio del consenso: visto che non si riusciva a concordare su nomi di personalità locali, quali ad esempio eroi partigiani, si selezionano nomi stranieri, sui quali non si creano conflitti.

Le reazioni

I media albanesi hanno passato sottovoce, per non dire con indifferenza, la denominazione della nuova strada a Kamëz, anche se lo sapevano sin dal giorno in cui il comune ha informato il pubblico sull’inizio dei lavori sulla nuova via.

I media italiani hanno invece ripreso la notizia data tramite la foto di Marco Zeppetella, di Demotix.com, fornendo – a differenza di quanto avvenuto in Albania – le più disparate e gioiose interpretazioni, naturalmente fortemente segnate dalle rispettive sensibilità politiche.

Significativo l’articolo pubblicato sul quotidiano “Libero” (3 settembre 2013) dal titolo: “Berlusconi ‘eroe nazionale’, a Tirana dedicano una strada al Cav”. L’associazione di Berlusconi con il termine “eroe nazionale” viene spiegata nel sottotitolo: “Tra le strade della capitale albanese spunta una via per il Cavaliere. Incrocia l’arteria dedicata al condottiero e patriota albanese Giorgio Castriota Scanderbeg”.

L’articolo è permeato da entusiasmo militantesco: “Via Silvio Berlusconi. In tanti tra gli azzurri vorrebbero vedere un cartello del genere magari sotto casa. In Albania si sono portati avanti. Tra processi e condanne, ecco una piccola consolazione per Silvio Berlusconi. A Tirana, gli è stata dedicata una via: "Rruga Silvio Berlusconi". Il cartello, scovato dal fotografo freelance Demotix.com, si trova in una strada periferica del quartiere Kamez. Lunga 700 metri, la via incrocia "Rruga Nicolas Sarkozy" e "Rruga Skënderbeu", dedicata al condottiero e patriota albanese Giorgio Castriota Scanderbeg”. La notizia, pubblicata sul giornale filoberlusconiano, sembra commentare il proverbio: “Nemo propheta in patria”.

Come ci si poteva aspettare, i commenti degli avversari non si sono fatti attendere. Dal cinico “In Albania dedicata una via a Silvio Berlusconi. Ai numeri pari le slave, a quelli dispari le nigeriane” (Il Fatto Quotidiano, 4 settembre 2013, rubrica Cattiverie); fino ai commenti e le battute nei forum: “Se l’Albania lo volesse a noi farebbero solo un gran favore. Dedicargli una strada!!…Roba da matti!!..”; “Allora che vada a vivere a Tirana….”, “Via Berluskoni. Si incrocia con Viale del Tramonto e finisce in un vicolo cieco”, “In fondo a via Berluskoni c’è un divieto di svolta a sinistra”; “L’avrei fatta sfociare sulla piazza ‘dei giudici comunisti’”, “Nemmeno una via intitolata al trota; Vergogna !!!!” … Naturalmente, i commenti su internet non hanno un grande valore, spesso di nessun livello, ma in alcuni casi segnano la temperatura come il termometro: il tema in questo caso rimane davvero caldo.

Una questione di metodo

Non si vuole qui entrare nel merito della scelta specifica dell’amministrazione albanese, che ha selezionato vari personaggi pubblici internazionali, da Berlusconi a Sarkozy. Il nostro giudizio lo sospendiamo per ragioni di obiettività, ma anche perché risulta inutile ai fini della riflessione sulla metodologia di selezione. E’ questo che a noi interessa perché, come abbiamo visto, la denominazione è un atto significativo con potenziali complicanze sul piano sociale e culturale.

Partiamo da una considerazione: da un lato abbiamo l’Albania che sceglie nomi stranieri per evitare contrasti interni. Se però lo stesso avvenisse a Parigi, Roma o Berlino scoppierebbe il putiferio; dall’altra abbiamo personaggi pubblici internazionali che riescono ad “esportare” all’estero il loro nome ma che non riuscirebbero – almeno ora – ad avere mai titolata a loro nome una via nel proprio paese. Quindi, a livello teorico, gli albanesi possono ambire a qualche via in Europa titolata col nome di Sali Berisha oppure Edi Rama.

Ma qual è stato il criterio sulla selezione del nome di Berlusconi? Il suo nome è stato utilizzato in quanto italiano, Presidente del Consiglio, imprenditore, politico di destra, amante dello sport, perché ha dato un contributo particolare per l’Albania, perché ha costruito su quella strada una Sua Fondazione che detiene lo stesso nome, e così via? E Sarkozy, quali sono le ragioni per nominargli una strada? Perché è stato presidente della Francia, oppure perché è sposato con Carla Bruni?

A prescindere dalle battute, i criteri sono assolutamente necessari. Per evitare fratture nella comunità, sulla base del colore della tessera partitica che si ha in tasca. Qualcuno si può anche divertire con i nomi delle vie suddette, ma il membro di Forza Italia si sarebbe inorgoglito, mentre il militante del Partito democratico italiano si sarebbe irritato. Lo stesso in Francia, a seconda delle opinioni politiche. E gli albanesi stessi, cosa avrebbero pensato se una capitale europea avesse dedicato una via a un qualche leader di partito albanese, oppure a qualche primo ministro degli ultimi tempi?

Quarantene

La maggior parte dei Paesi hanno lasciato alle amministrazioni locali (consigli comunali) la decisione di battezzare gli spazi pubblici.

Anche in Albania è così, e le loro decisioni non richiedono l’approvazione – e nemmeno la consultazione – delle autorità centrali. Secondo la legge n. 8652, del 31.7.2000, sull’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni locali modificata dalla legge n. 9208, del 18.3.2004, nell’art. 32 (Compiti e competenze del Consiglio comunale), al comma ll) si legge: “Le decisioni sulla denominazione delle strade, delle piazze, dei territori, delle istituzioni e degli enti sono sotto la giurisdizione del Comune”.

Ci sono invece paesi che hanno regolamentato il processo di denominazione delle vie e delle piazze tramite norme legislative, che determinano con precisione i criteri di selezione. Probabilmente si sono basati sull’espressione "Il tempo guarisce tutto" ed hanno rinchiuso le proprie passioni in una specie di quarantena, non permettendo ad esempio che vengano utilizzati i nomi delle persone che sono ancora vive, oppure fissando un periodo temporale dalla morte verso l’eternità della tabella in piazza. Eccezioni si possono fare, come sono state fatte perfino dei processi oltremodo codificati della beatificazione o della santificazione religiosa, ma anche queste eccezioni hanno bisogno di paletti precisi.

Le responsabilità

Sui nomi sulle mappe e cartine geografiche non si può scherzare. Generalmente se si applicano criteri ideologici si creano divisioni. L’Albania è senza dubbio uno di quei paesi che ha subito dolorosamente la divisione ideologica, con conseguenze che sono evidenti perfino oggi.

Si ha inoltre a che fare con le generazioni del futuro, alle quali oltre al suolo bisogna lasciare anche una memoria collettiva, basata su valori condivisi. Sulle vie e le piazze si deposita la cultura, l’identità di un paese, di boulevard in boulevard, di piazza in piazza, di via in via: il passato, il presente e, perché no, il futuro.

In un paese balcanico come l’Albania, dove la storia si rivive con fervore, dove le leggende si leggono come storia, dove il secolare si guarda come il ieri, dove l’antico condiziona il futuro, quindi in un Paese dove le vecchie e le nuove passioni sono ancora accese, dove il flusso esterno entra spesso senza filtri, serve tanta maturità, anche in operazioni che oggi ci sembrano di non grande rilevanza.

 

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Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l’Europa all’Europa

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