Crimini di guerra: perché sia, infine, giustizia

“La collaborazione regionale è un processo importante per rinforzare lo stato di diritto e la riconciliazione…”. In un’intervista il procuratore serbo per i crimini di guerra, Vladimir Vukčević, evidenzia le sue priorità. Con una parola d’ordine: cooperare

14/10/2013, J. Lukač -

Crimini-di-guerra-perche-sia-infine-giustizia

Vladimir Vukčevič - commons.wikimedia.org

(Pubblicato originariamente da Danas, il 18 settembre 2013, selezionato da Le Courrier des Balkans e Osservatorio Balani e Caucaso)

La procura serba per i crimini di guerra è pronta ad assumersi ulteriori responsabilità dopo la chiusura del Tribunale penale internazionale dell’Aja?

Abbiamo fatto un grande lavoro, come del resto è stato scritto anche da un giornalista del Guardian nel 2011, dopo che tutti i latitanti erano stati consegnati all’Aja.

Il suo articolo era titolato “Missione compiuta”. Ma quanto Goran Hadžić fu consegnato all’ICTY [Tribunale penale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia], io avevo affermato che il lavoro non era affatto terminato. Al contrario. Penso che siamo solo a metà strada, con 154 accusati e 1100 anni di reclusione comminati.

Per la prima volta nel suo rapporto annuale sui progressi della Serbia, la Commissione europea non ha menzionato i latitanti come un obbligo ancora da adempiere. Noi lavoriamo senza pressioni politiche ed abbiamo il dovere di portare davanti alla giustizia gli autori di crimini.

Avete elencato le priorità della vostra procura e si ha l’impressione che si tratti innanzitutto di cooperazione regionale. Perché?

Dal gennaio scorso ci siamo incontrati già cinque volte con i procuratori della Bosnia Erzegovina. La nostra collaborazione si basa su questioni concrete, in particolare relative ai colpevoli del massacro di Štrpci, commesso il 27 febbraio del 1993. La procura bosniaca ci aiuta a ritrovare i resti delle vittime trasportate e occultate sulla sponda bosniaca della Drina.

Una delle nostre priorità è di sviluppare queste collaborazioni regionali e applicare il protocollo d’intesa sottoscritto con la procura bosniaca al fine di perseguire chi è sospettato di crimini di guerra, crimini contro l’umanità o genocidio.

Vogliamo inoltre proseguire con la collaborazione con il ministero della Giustizia della Croazia, con il procuratore generale del Montenegro, la missione Eulex e la squadra speciale d’inchiesta coordinata da John Clint Williamson in merito al traffico d’organi e il rapimento e l’uccisione di cittadini non-albanesi in Kosovo. Solo in questo modo noi, tribunali nazionali, possiamo contribuire a dare giustizia a tutte le vittime della regione.

Il massacro di Štrpci è stato commesso vent’anni fa? Perché sarebbe prioritario?

Questo odioso crimine è stato commesso su 19 nostri cittadini che stavano viaggiando sul treno Belgrado-Bar. Spetta a noi far comparire i colpevoli davanti alla giustizia e di rispondere alle attese dei familiari delle vittime. Il giorno del ventesimo anniversario, come ogni anno, è squillato il telefono e sono state poste le stesse domande sugli autori del crimini. Ad oggi è stato condannato solo Nebojša Ranisavljević, di Despotovac. Il tribunale d’alta istanza di Bijelo Polje gli ha comminato 15 anni di prigione nel 2002.

Durante una riunione a Belgrado, il 30 agosto scorso, con il procuratore generale di Bosnia avete nominato Srebrenica…

L’applicazione del protocollo di intesa, sostenuta dall’Unione europea in coerenza con un dialogo strutturale in merito alla riforma della giustizia, è un progresso positivo contro l’immunità dei crimini di guerra.

Ci siamo scambiati una lista di 39 crimini che riguardano 65 persone. Siamo sostenuti dalle Madri di Srebrenica e Žepa che sono a favore delle nostre attività in collaborazione con la procura bosniaca ed hanno espresso la loro fiducia nella giustizia serba. E’ un grande riconoscimento per la Serbia…

Provo gli stessi sentimenti nei confronti delle vittime di Sotin, presso Vukovar, dove è stata scoperta una fossa comune. Nell’ottobre del 2006 abbiamo firmato un accordo per lo scambio di prove con il ministero della Giustizia croato. Il presidente Ivo Josipović e il ministro degli Esteri Vesna Pusić hanno ringraziato la Serbia in occasione di un incontro con il vice- primo ministro Aleksandar Vučić.

Per la nostra procura un riconoscimento in più, arrivata dopo i ringraziamenti delle famiglie delle vittime che hanno infine recuperato le spoglie dei loro cari.

Progredisce l’inchiesta sul traffico di organi in Kosovo?

Ci siamo recentemente incontrati con John Clint Williamson, a capo della squadra d’inchiesta speciale [creata dalla missione Eulex, ndr] incaricata di indagare su questa questione. Sono stati ascoltati più di 400 testimoni. La collaborazione regionale è un processo importante per rinforzare lo stato di diritto e la riconciliazione e dare risposta alle vittime di crimini di guerra.

Quali sono le questioni che sperate di risolvere da qui alla fine dell’anno?

Le arringhe finali nei casi Ćuška, Povlen, Zahač et Ljubenić sono in corso. Tredici persone sono accusate di aver commesso crimini su più di cento civili… In quanto procuratore che si è confrontato con il primo processo per crimini di guerra dopo il 5 ottobre del 2000, ho l’impressione che non siamo ancora riusciti ad esaminare la quantità e la brutalità dei crimini a cui dobbiamo dare risposta.

Dietro a tutto ciò che si prova a nascondere rimangono tracce sanguinanti per le quali le future generazioni ci giudicheranno. Nel corso dei miei anni di lavoro in procura sono stati giudicati 398 sospetti, dei quali 154 per l’omicidio di 2.918 persone. Sono stati inflitti più di 1.100 anni di prigione per un totale di 41 fatti finiti sotto inchiesta. Grazie ai vari accordi di collaborazione ci siamo scambiati informazioni e prove relativamente a 196 crimini indagati, 116 con la Croazia, 21 con la Bosnia, 9 con il Montenegro e 50 con la missione Eulex.

 

_x0001__x0001_ _x0001__x0001_
_x0001_
_x0001_

Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l’Europa all’Europa

Commenta e condividi

La newsletter di OBCT

Ogni venerdì nella tua casella di posta