A 40 all’ora. La lenta modernizzazione delle ferrovie serbe

Le glorie del sistema ferroviario jugoslavo sono ormai un pallido ricordo. Oggi in Serbia viaggiare in treno è scomodo e spesso anche rischioso. Tanti gli investimenti promessi, ma quale modello di sviluppo?

28/10/2013, Federico Sicurella - Belgrado

A-40-all-ora.-La-lenta-modernizzazione-delle-ferrovie-serbe

šinobus (foto wikipedia)

L’ente delle Ferrovie serbe nacque nel 1881, pochi mesi prima che il suo fondatore, il principe Milan Obrenović, venisse incoronato primo re del Regno di Serbia. Negli atti ufficiali delle Ferrovie, però, è indicata una data diversa: il 1884, anno in cui fu inaugurato il collegamento ferroviario tra Belgrado e Niš. I primi treni a operare su quella tratta viaggiavano a una velocità media di poco inferiore ai 40 km/h. Nella Serbia di oggi, a più di un secolo di distanza, la situazione non è cambiata di molto. La velocità media dei convogli passeggeri, secondo le stime più generose, è di circa 44 km/h.

Consapevoli della cronica lentezza dei treni serbi, i passeggeri del treno internazionale partito lo scorso 16 settembre da Belgrado alla volta di Bar (Montenegro) si aspettavano di giungere a destinazione, distante poco più di 400 km, dopo le ‘regolari’ 11 ore di viaggio. Non si immaginavano di certo che il viaggio sarebbe durato il triplo: 32 ore. Una serie di guasti meccanici provoca interminabili soste nella campagna serba, e poi la fatalità: un fulmine colpisce la rete elettrica, costringendo il treno a fermarsi per 6 ore consecutive nel buio di una galleria. Sentendo l’obbligo di reagire in modo esemplare, la dirigenza delle Ferrovie non solo ha rimborsato il prezzo del biglietto ai passeggeri, ma ha anche licenziato due funzionari e ridotto lo stipendio a sette impiegati ritenuti responsabili dei malfunzionamenti.

Nonostante la lentezza con cui oggi la si percorre, la linea Belgrado-Bar è considerata uno dei capolavori della moderna ingegneria ferroviaria. Costruita nell’arco di 20 anni e al costo di 104 vite umane, la Belgrado-Bar conta 254 tunnel e 435 ponti, incluso il vertiginoso viadotto di Mala Rijeka, il più alto d’Europa. La sua inaugurazione nel 1976 fu motivo d’orgoglio per la Jugoslavia socialista. Su quei binari, che collegano il Danubio al mare Adriatico, i treni arrivavano a destinazione in 7 ore, toccando anche i 120 km/h. Negli ultimi due decenni, tuttavia, le condizioni della tratta si sono deteriorate sensibilmente. Nel 2006 un treno è deragliato in un canyon causando 47 morti e circa 200 feriti.

Ritardi, furti e incidenti

Le condizioni in cui versa la tratta Belgrado-Bar sono lo specchio della situazione generale del servizio ferroviario nel paese. Come ammette senza riserve l’attuale direttore, Dragoljub Simonović, “oggi le Ferrovie sono in uno stato di estrema difficoltà, sia in termini di infrastrutture che di sicurezza”. Solo un terzo della rete ferroviaria è elettrificato, i binari sono in pessimo stato, e le vetture sono vecchie anche 60 anni. Negli ultimi 5 anni si sono verificati un centinaio di deragliamenti, migliaia di partenze sono state cancellate, e la durata media dei viaggi è praticamente raddoppiata.

Eppure, sottolinea Simonović, il sistema ferroviario resta una risorsa importante: “Nel solo 2013, le Ferrovie hanno operato il trasporto di 6.4 milioni di tonnellate di merci e di 4.7 milioni di passeggeri, generando un fatturato di 17.2 miliardi di dinari (150 milioni di euro)”. Ma la situazione generale del servizio resta critica. Lo scrive Branko Vučković per Slobodna Evropa : “Treni che pur viaggiando 40 all’ora spesso deragliano a causa della cattiva manutenzione, passaggi a livello non adeguatamente segnalati, ritardi di varie ore e locomotive e vagoni obsoleti sono la fotografia della drammatica situazione in cui le Ferrovie serbe si trovano ormai da decenni”.

Come se non bastasse, le Ferrovie serbe devono anche far fronte al problema dei furti sempre più frequenti. I ladri sottraggono tutto ciò che si può rivendere al mercato dei materiali di scarto: pezzi di vagoni, cavi di rame, componenti elettrici, parti di binari e traversine. Questi furti, a parte produrre un ingente danno economico per le Ferrovie, causano anche gravi problemi di sicurezza. Sulla linea Subotica-Sombor quest’anno un treno è deragliato perché qualcuno aveva rimosso centinaia di bulloni dalle rotaie. Nel 2012, dalla tratta Novi Sad-Orlovat erano stati letteralmente asportati 400 metri di binari. In molti altri casi, i furti hanno causato rallentamenti e la chiusura temporanea di alcune linee.

Ferrovie in transizione

L’odierno sfacelo delle Ferrovie serbe ha origine negli anni della transizione post-jugoslava. Le guerre degli anni ‘90 e le sanzioni economiche imposte al regime di Milošević hanno portato l’ente sull’orlo del fallimento. Dal 2000 in avanti, pur con qualche miglioramento, le Ferrovie non sono riuscite a ristabilirsi come ente pubblico efficiente e redditizio, complici anche gli scandali di corruzione che hanno colpito il gruppo dirigente.

E’ per questo che negli ultimi anni il governo serbo ha incoraggiato investimenti da parte di finanziatori privati, sia locali che internazionali, al fine di ammodernare le Ferrovie e renderle competitive sul mercato. L’ipotesi della completa privatizzazione, e della conseguente liberalizzazione del mercato, è ovviamente sul tappeto. Ma a differenza di altri paesi della regione, come Ungheria, Romania, Bulgaria e Grecia, essa non è ancora stata implementata, nonostante le pressioni della Banca mondiale e dell’UE in questa direzione.

Negli ultimi anni, il governo serbo ha chiesto in prestito circa 1.5 miliardi di euro per ammodernare la rete ferroviaria e acquistare nuovi vagoni e motrici. I finanziatori principali sono la Banca europea degli investimenti, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, e il governo russo. La priorità degli investitori europei è quella di rinnovare il tratto ferroviario corrispondente al Corridoio pan-europeo 10, quello che collega Salisburgo e Budapest con Salonicco. Sono però stati stanziati dei fondi anche per migliorare la rete ferroviaria sub-urbana di Belgrado. La Russia, invece, si è impegnata ad investire nella ristrutturazione di quella che fu la gloriosa Belgrado-Bar. L’accordo è stato firmato a inizio anno, e i lavori dovrebbero partire nel 2015.

Tra isolamento e romanticismo

Uno degli aspetti più dolorosi della crisi delle Ferrovie serbe è il deterioramento dei collegamenti internazionali. Diversamente da quanto accadeva ai tempi della Jugoslavia socialista, oggi spostarsi in treno tra la Serbia e gli altri paesi della regione è poco pratico ed estremamente faticoso. Il caso più desolante è l’interruzione della linea ferroviaria Belgrado-Sarajevo, avvenuta l’anno scorso. Chiusa per la prima volta nel 1990 alla vigilia della guerra, la linea era stata riaperta nel 2009, generando entusiasmo e aspettative sul suo possibile contributo alla ‘riconciliazione’ delle due capitali. Negli ultimi dodici mesi, inoltre, sono state cancellati o fortemente ridotti i collegamenti diretti tra Belgrado e le altre capitali della regione: Zagabria, Budapest, Bucarest e Sofia.

Un’altra assenza illustre è l’Orient Express. Il treno, divenuto nel corso degli anni una lussuosa attrazione turistica, non fa più tappa in Serbia da quattro anni a questa parte. Lo ha sostituito il meno conosciuto Balkan Express, che ogni anno offre a duecento passeggeri la possibilità di rivivere i fasti del passato. Resiste invece il celebre Treno blu di Tito. Il convoglio, a bordo del quale il presidente jugoslavo viaggiò in compagnia dei più importanti capi di stato dei paesi non allineati, è anch’esso da tempo usato per scopi turistici.

In Vojvodina, infine, c’è una particolare categoria di treni che resiste tenacemente all’estinzione. Sono gli šinobus, letteralmente le ‘corriere su rotaia’. Vent’anni fa, queste tondeggianti vetture a gasolio si contavano a decine, e trasportavano giornalmente fino a 20.000 passeggeri. Oggi ne sono rimaste cinque, che vengono usate da circa 400 persone per spostarsi ogni giorno tra Novi Sad, Zrenjanin, Pančevo e Kosanička Rača. Benché lenti, poco frequenti e spesso un po’ inaffidabili, gli šinobus sono ancora molto amati, soprattutto da chi per anni li ha usati per viaggiare attraverso le sterminate pianure del mare pannonico. Quanto le pratiche quotidiane dei cittadini della Vojvodina, compreso il piccolo contrabbando, fossero legate allo šinobus è spiegato in questa ricerca (in inglese). Lo šinobus è sinonimo di consumi ridotti, agilità negli spostamenti e condizioni di viaggio confortevoli. Chissà che il riscatto delle malmesse ferrovie serbe non possa ripartire proprio da qui.

 

Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l’Europa all’Europa

Commenta e condividi

La newsletter di OBCT

Ogni venerdì nella tua casella di posta