Romania e crimini del comunismo: chi si mostra più candido

L’estate scorsa in Romania si è improvvisamente riaperto il dibattito sui crimini del comunismo. Una volontà sincera di guardare al recente passato o qualcos’altro? Un’intervista alla storica Claudia Florentina Dobre

13/12/2013, Henri Gillet -

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Vittime del comunismo

(Articolo tratto e gentilmente concesso da Les Nouvelles de Roumanie)

Specialista della memoria della persecuzione dei prigionieri politici, la giovane storica Claudia Florentina Dobre non si fa alcuna illusione. La caccia ai torturatori dell’epoca comunista, fatta partire improvvisamente quest’estate dal governo Ponta, non è che un paravento per far dimenticare all’opinione pubblica altri problemi.

A che punto sono i rumeni con la memoria relativa al comunismo?

Nel 2006, su iniziativa del presidente Băsescu, una commissione presieduta dallo storico Vladimir Tismăneanu ha permesso si arrivasse alla condanna del comunismo da parte del parlamento rumeno. Ci sono voluti 16 anni e l’uscita dalla scena pubblica di Ion Iliescu per riuscirci. Ma Băsescu si è fermato là. Non si è fatto nulla contro i criminali.

Quindi i processi avviati contro Visinescu segnano un punto di svolta?

Occorre guardare a quanto accade nella prospettiva di una lotta feroce tra Băsescu e l’attuale governo Ponta. Dato che il presidente ha dimostrato di non volersi spingere oltre – lui stesso ha riconosciuto di aver appartenuto all’antico sistema – il secondo ne approfitta per prendere vantaggio. E’ giovane, e può presentarsi come non compromesso con il passato, anche se ne è un erede diretto. In breve appare come un uomo giovane di belle maniere, ben educato e si può permettere di prendere le distanze dal suo mentore, Ion Iliescu, che ha contribuito marginalizzare in seno al suo partito, il PSD. Utilizza la sua immagine moderna per incarnare un’altra Romania.

Ma quale interesse ha il governo nell’impegnarsi in un processo di regolamento di conti con il passato?

Innanzitutto, far dimenticare all’opinione pubblica attraverso un martellamento mediatico, altri problemi. E in questo ha del margine mettendo sotto la lente dell’opinione pubblica, uno ad uno, i 35 torturatori ancora in vita e liberi e individuati dall’IICR (Istituto d’indagine sui crimini del comunismo) che ha rese pubbliche le sue inchieste. Ma anche raccogliere un consenso europeo, adeguandosi alle sue direttive ed istituendo in Romania la celebrazione del 23 agosto, giornata della memoria dei crimini del totalitarismo in Europa nel corso del XXmo secolo, fissato in questa data per la firma nel 1939 del patto Molotov-Ribbentrop, tra i nazisti e i sovietici. Questa giornata sarà, un anno dopo, quella dell’annessione della Bessarabia da parte di Stalin e… nel 1944 della destituzione del colonnello Antonescu, che ha aperto le porte del potere ai comunisti rumeni.

Cosa rischiano i torturatori sotto processo?

Non granché se non la vergogna. Hanno più di novant’anni e con i ricorsi che sicuramente muoveranno e la durata dei processi hanno tutto il tempo di morire tranquilli. Malgrado i loro crimini, son spesso dei paravento, i veri responsabili hanno saputo mettersi ai ripari.

Ma se tutto questo non porta a nulla?

E’ una cortina fumogena, una manipolazione, una strumentalizzazione. Negli ultimi dieci anni nessuno si è interessato ai prigionieri politici del comunismo, a quello che hanno subito e nemmeno ci si è interrogati sulla loro disperazione rispetto all’assenza di riconoscimento del loro calvario e davanti all’impunità dei carnefici.

Che infine le vittime vengano riconosciute, non è un passo in avanti?

I primi che hanno avviato dei procedimenti hanno ricevuto degli indennizzi. Ma il governo ha poi posto dei limiti. Gli indennizzi ormai non possono superare i 10.000 euro. Coloro i quali sono stati condannati durante il comunismo per crimini contro lo stato, un’accusa molto diffusa all’epoca, sono stati esclusi dai risarcimenti. Gli altri devono essere in grado di portare le prove di essere stati perseguitati. Anche se sono stati vittime di provvedimenti amministrativi, senza alcun pronunciamento di un giudice, e quindi del tutto arbitrari – ed era molto frequente – non possono procedere per ottenere indennizzi. In fin dei conti quindi non riguarda più molte persone. E’ solo un conflitto tra Băsescu e il governo.

Perché l’ICCR si sta improvvisamente occupando di questa caccia ai criminali, se poi si sa sarà senza conseguenze?

Perché gli è stato ordinato. Si tratta di funzionari che obbediscono al governo e quest’ultimo ha avviato una campagna d’immagine, destinata a far passare Băsescu per un rimasuglio del comunismo, mentre Ponta sarebbe moderno e libero delle catene del passato.

L’ICCR è stato creato dal governo di Calin Popescu Tăriceanu, nel 2006, che a quei tempi era coinvolto in una lotta frontale e brutale con il presidente Băsescu ed appoggiò il primo tentativo della destituzione di quest’ultimo. Tăriceanu voleva contrastare la decisione presidenziale di mettere in piedi la commissione Tismăneanu per far condannare il comunismo, in modo che Băsescu non potesse presentarsi come l’unico campione di questa causa.

La competizione sul tema non è mai terminata da allora. Ci si è sempre scontrati per dimostrare chi era più candido.

Tăriceanu ha nominato alla guida del suo ICCR l’archeologo Marius Oprea, che si era occupato di scavi alla ricerca delle sepolture delle vittime del comunismo. Quest’ultimo è stato poi messo da parte da Băsescu, una volta che Tăriceanu non era più primo ministro. Da allora Oprea gli ha riservato un odio tenace, e questo lo ha condotto tra le altre cose ad appoggiare il secondo tentativo di impeachment nei confronti di Băsescu, nonostante lo stesso Oprea sia stato legato agli eredi del regime comunista del quale si impegna a trovare tracce delle sue malefatte….

Si tratta quindi esclusivamente di un paravento per un regolamenti di conti politico?

Non serve cercare altre spiegazioni. Questa è la politica in Romania. Ponta ha riconosciuto pubblicamente che era contro il progetto dell’estrazione d’oro a Rosia Montana perché Băsescu era a favore… Băsescu sostiene il Principe Paolo nella sua causa al Re Michele… perché il PSD è arrivato ad un accordo con l’antico sovrano, restituendogli grande parte delle sue fortune…

Per ritornare alla memoria del comunismo, qual è l’approccio dei rumeni?

Chi sta soffrendo pensa che si stava meglio sotto Ceauşescu. La mancanza di spirito critico è cronica… se mai ve ne è stato. Quando i comunisti hanno preso il potere, l’80% dei rumeni erano contadini analfabeti. Sono stati allora presi per la mano dallo stato, per cinquant’anni, lavoro, alloggio, vacanze …, senza mai doversi porre delle domande.

Dopo la “Rivoluzione” il paese si è ritrovato lasciato a se stesso, senza una vera e propria élite, che se ne era partita all’estero o era stata soppressa, se non la nomenklatura che era già al potere. La ricchezza indecente dei nuovi profittatori saltava agli occhi, mentre prima questi squilibri erano più discreti, quasi invisibili.

Oggi i genitori raccontano ai figli, spesso senza futuro, che si stava meglio prima… “Avevi un lavoro”. Questi ultimi però hanno uno sguardo ironico e distanziato su quel periodo che non li riguarda più. Ed ai vecchi prigionieri politici passa tutto sopra alla testa. Solo i giovani, figli di famiglie perseguitate, ne sono interessati.

Che cosa riserva il futuro?

La mancanza di spirito civico non dà grandi speranze. Come possiamo essere sicuri di impedire il ritorno di pratiche totalitarie se non si riflette su quelle che sono state subite qui solo 20 anni fa?

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