Slavko Ćuruvija, omicidio di stato

La magistratura serba ha reso noti i nomi degli esecutori dell’omicidio del giornalista Slavko Ćuruvija. Dopo 15 anni emerge ufficialmente la verità che già tutti conoscevano: il crimine fu organizzato e portato a termine dallo stato

17/01/2014, Dragan Janjić - Belgrado

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Slavko Ćuruvija

Quasi 15 anni dopo l’omicidio del giornalista serbo Slavko Ćuruvija per la prima volta la magistratura ha ufficialmente confermato quello che è sempre stato il segreto di pulcinella: il crimine fu organizzato e portato a termine dallo stato.

Come esecutori sono stati infatti identificati l‘ex capo della Sicurezza statale (DB) Radomir Marković (già condannato per concorso nell’omicidio dell’ex presidente serbo Ivan Stambolić e nel tentativo di omicidio del leader dell’opposizione Vuk Drašković), i funzionari dei servizi Milan Radonjić e Ratko Romić, arrestati lo scorso 14 gennaio, e Miroslav Kurak, attualmente latitante, probabilmente da qualche parte in Africa.

Il testimone chiave al processo sarà Milorad Ulemek, l’ex comandante dell’Unità per le operazione speciali (JSO) della Sicurezza di stato, condannato a 40 anni di reclusione per l’omicidio Stambolić e l’omicidio del primo premier democratico serbo Zoran Đinđić nel 2003.

I precedenti governi avevano in precedenza tentato di arrivare ad un accordo con Marković, il quale è ben informato di tutti gli omicidi politici avvenuti nel corso del passato regime, ma quest’ultimo aveva richiesto una riduzione della pena che sta scontando per l’omicidio di Stambolić e il tentato omicidio di Drašković. Richiesta non accolta, tanto che Marković si è trovato nella situazione di essere il principale accusato della serie di omicidi eseguiti su ordine del regime di Milošević.

Gli omicidi in questione risalgono alla fine degli anni novanta, quando Milošević aveva iniziato a temere fortemente di perdere il potere e decise di rimuovere chi considerava potenzialmente pericoloso.

Il procuratore per il crimine organizzato, Milko Radisavljević, il 14 gennaio scorso, durante una conferenza stampa in cui sono stati resi noti i dettagli sugli arresti legati all’omicidio Ćuruvija, ha sottolineato che i motivi di questo crimine sono stati politici, ma non era pronto a confermare che l’ordine fosse venuto dalla moglie di Milošević, Mirjana Marković attualmente a Mosca, protetta dal potere russo.

Le colpe

L’omicidio Ćuruvija è una sorta di paradigma di tutta una serie di omicidi con movente politico. Se il processo per questo omicidio non portasse ad una chiara conferma ed elaborazione dello sfondo politico che vi sta dietro, la declamata azione di trasparenza del governo su questa questione sarà molto limitata. I recenti arresti legati a questo caso potrebbero essere letti come punti politici da attribuire al primo vicepremier del governo serbo e leader del partito di maggioranza SNS, Aleksandar Vučić, grazie al quale le indagini si sono finalmente mosse dal punto morto dove erano finite.

Alla magistratura ora spetta la parte più difficile del lavoro, dimostrare le responsabilità durante il processo. L’omicidio Ćuruvija è tra l’altro solo uno della serie di omicidi eseguiti probabilmente da un’unica organizzazione e sembra ora esserci la possibilità perlomeno teorica che le cose inizino a chiarirsi.

L’unità di Ulemek era il braccio armato della Sicurezza statale, il che significa che era strettamente legata a Radomir Marković. Resta la domanda se quest’ultimo sia effettivamente a conoscenza di tutti i dettagli dell’omicidio Ćuruvija. Inoltre non è chiaro quante persone del gruppo che hanno compiuto gli omicidi siano tuttora in libertà fuori dalla Serbia, che rapporti abbiano con la criminalità locale e cosa sono ancora in grado di continuare a fare.

E’ evidente che tra chi partecipò a quegli omicidi regni una sorta di omertà e questo di sicuro preoccupa ogni potenziale testimone. Se la testimonianza di Ulemek non sarà sufficientemente convincente, la magistratura si troverà in difficoltà. Vučić, invece, anche in quel caso potrà cantare vittoria politica perché può dimostrare di aver fatto molto di più di qualsiasi suo predecessore. Tra l’altro il processo durerà sicuramente a lungo e già in primavera potrebbero esserci le elezioni anticipate alle quali l’SNS del vice-premier vincerà senza ombra di dubbio.

La politica

Come è potuto accadere che dopo la rivolta che ha fatto cadere il regime di Milošević i crimini più atroci compiuti dallo stesso regime siano rimasti senza un epilogo giudiziario? La risposta va cercata nel fatto che tutti i governi che si sono succeduti non hanno mai riformato seriamente il settore della sicurezza, grazie al quale i vari e influenti gruppi collegati a quest’ultimo e alla criminalità hanno mantenuto un potere talmente forte da continuare ad influenzare sia le strutture politiche che il sistema giudiziario.

Il dettaglio sicuramente più significativo da questo punto di vista fu la decisione presa di Vojislav Koštunica, primo presidente della ex SR Jugoslavia eletto dopo la caduta di Milošević, affinché Rade Marković mantenesse il suo posto di capo della Sicurezza statale. Egli è rimasto in quella posizione dal 2000 al 2001, periodo sufficiente per impedire cambiamenti radicali nella struttura della Sicurezza statale. Anche l’Unità per le operazioni speciali di Ulemek non era stata sciolta, anzi fu inviata nel sud della Serbia per sedare la rivolta degli albanesi in quella regione.

Quindi Rade Marković, che al posto di capo della Sicurezza statale era arrivato per volontà della coppia Milošević, dimostrando un’acritica prontezza ad eseguire ogni ordine, rimase al suo posto anche dopo la caduta di Milošević, anche grazie all’insistenza di uno dei leader del nuovo potere serbo. Solo nel 2001 Đinđić e il suo governo alla fine riuscirono a destituirlo e poi arrestarlo.

L’impotenza del sistema

Il fatto che per le prime rivelazioni ufficiali sull’omicidio Ćuruvija si sia dovuto aspettare quasi 15 anni, nonostante siano stati pubblicati sui media centinaia di testi e numerose dichiarazioni di esperti che indicavano come esecutori del crimine proprio le persone che ora vengono accusate, dimostra che il recente avanzamento delle indagini non è dovuto alla continuità del lavoro degli organi competenti e delle istituzioni, ma bensì è il frutto di una miscela di circostanze politiche.

Aleksandar Vučić al tempo dell’omicidio Ćuruvija, nel 1999, era ministro dell’Informazione e l’attuale premier Ivica Dačić era un alto funzionario dei Socialisti di Milošević. Entrambi, quindi, erano un importante pezzo di quel potere, ma né allora, né negli ultimi 15 anni, hanno mai portato alcuna prova della responsabilità statale dell’omicidio, anche se è poco probabile che non sapessero niente della vicenda, anche fosse solo qualche informazione indiretta.

Anche Koštunica non ha dimostrato essere pieno di zelo sulla questione dal momento che le strutture che sono rimaste dopo il periodo Milošević servivano come potente aiuto per schiacciare il crescente potere del premier Đinđić. Dopo l’omicidio di Zoran Đinđić Koštunica diventò premier, ma nemmeno allora ci furono progressi nelle indagini sugli omicidi politici. Il suo governo, a dire il vero, non interruppe i processi che erano già in corso dopo l’omicidio di Stambolić e più tardi quello di Đinđić, ma verso gli stessi aveva un atteggiamento piuttosto passivo.

La ragione principale? L’avvocato della famiglia Đinđić insisteva sul fatto che Koštunica e il suo partito si dovevano far carico della responsabilità politica dell’omicidio perché, con la spietata campagna condotta contro Đinđić e con la protezione data a Ulemek, Marković e agli uomini a loro vicini, avrebbero preparato il terreno politico per l’assassinio.

Il governo di Boris Tadić era invece concentrato sugli sforzi per assicurarsi il più ampio appoggio politico possibile e non è riuscito a fare seri passi avanti su questa questione.

A Vučić e al suo SNS sembrano non essere più necessari partner di coalizione come l’SPS, il partito fondato da Milošević, né tanto meno Koštunica e il suo Partito Democratico della Serbia (DSS). Quindi, il vice-primo ministro ha a disposizione uno spazio di manovra più ampio e può essere più severo, soprattutto se si tiene a mente che da quando è salito al potere, un anno e mezzo fa, è anche l’influente coordinatore dei servizi di sicurezza serbi. Da lui, quindi, dipende quanto lontano si andrà nelle indagini del retroscena politico degli omicidi di giornalisti e politici.

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