Serbia: sale la febbre elettorale

Fissata la data delle elezioni politiche anticipate in Serbia, si è già in piena campagna elettorale. Non senza colpi di scena, sorprese e prove di alleanze in vista del voto del prossimo 16 marzo

04/02/2014, Dragan Janjić - Belgrado

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Fever (foto eirasi)

Lo scorso fine settimana il leader del Partito progressista serbo (SNS) Aleksandar Vučić, con raffiche di vento fortissimo, ha preso in braccio un bambino in una colonna di automobili bloccata dalla bufera di neve sulla strada nei pressi di Feketić, in Vojvodina. Il vicepremier non era lì per caso ma è arrivato con una squadra di salvataggio, mentre le telecamere delle tv lo riprendevano . Se si tiene conto che solo alcuni giorni prima in Serbia sono state indette le elezioni politiche anticipate – fissate per il prossimo 16 marzo – i motivi alla base del comportamento di Vučić sono piuttosto evidenti.

Quanto accaduto può essere assunto come metafora della febbre elettorale che divampa in Serbia e del comportamento dei principali partiti politici, tutti desiderosi di vincere ad ogni costo: per farlo hanno messo in campo PR, hanno impostato costose campagne elettorali, cercano di accaparrarsi o condizionare i media. Tutto questo mentre le strade restano bloccate dalla neve.

Censura?

La politica apertamente populista che sta conducendo Vučić e il suo partito in questa situazione può essere molto efficace ed è certo che otterrà un numero significativo di elettori, delusi dall’insuccesso della transizione economica e sociale.

Ciononostante subito dopo la messa in onda del video che mostrava l’"impresa" di Vučić, in internet è comparsa una parodia in cui il vicepremier veniva ridicolizzato.

I link dalla quale quest’ultima era accessibile sono stati immediatamente bloccati e invasi di commenti negativi, ma dopo le forti proteste sui social network contro la censura l’accesso alla parodia è stato ripristinato.

Poco prima lo stesso destino era stato riservato al ministro dell’Economia Saša Radulović dopo che quest’ultimo aveva dato le dimissioni e accusato Vučić e il suo ufficio di voler sabotare le riforme: il testo con le motivazioni delle dimissioni di Radulović è stato tolto da tutti i portali di informazione per poi ricomparire dopo che la rimozione era diventata il tema dominante sui social network.

Il maldestro ritiro da internet dei materiali ritenuti “delicati” non fa che aumentare la lontananza dall’attuale governo degli elettori più istruiti, ma non influirà in modo significativo sul pensiero di quegli ampi strati di popolazione che spesso non si rendono nemmeno conto in che misura ogni tentativo di censura sia pericoloso per la società e per l’intero processo democratico. La facilità con cui si cancellano e si ripristinano le pagine su internet dimostra in che misura i circoli governativi possono influire sui media. E questo durante una campagna elettorale ha un’importanza enorme.

Coalizioni elettorali

Vučić ha deciso di andare alle elezioni anticipate perché è ben consapevole che il suo SNS è all’apice del sostegno popolare (alcuni sondaggi lo danno addirittura al 45%) e desidera quindi sfruttare un’occasione che molto probabilmente non si ripeterà in futuro.

La Serbia ha inoltre appena iniziato i negoziati di adesione con l’Unione europea, mentre l’economia, nonostante barcolli fortemente, resta ancora in piedi. In bilancio c’è ancora denaro per le pensioni e per gli stipendi dell’enorme numero di impiegati del settore pubblico, il che tradotto significa: un esercito di potenziali elettori che potrebbero sostenere il partito di governo.

Preparando il terreno per le elezioni Vučić è riuscito efficacemente a frenare le ambizioni dei partner di coalizione e a mettere discordia all’interno dell’opposizione, per altro già in ginocchio, sfilacciata e litigiosa, priva di idee e priva della prospettiva di riuscire ad organizzarsi entro marzo per poter scalfire in qualche modo il partito di governo e il suo leader. Il Partito democratico (DS), maggior partito di opposizione, sta attraversando un periodo drammatico: il suo ex leader ed ex presidente della Serbia Boris Tadić all’inizio di febbraio ha reso nota la decisione di abbandonare il partito e di formare una nuova forza politica.

I sondaggi, condotti prima dell’abbandono di Tadić, mostrano che il DS è il secondo partito in Serbia, con circa l’11% di sostegno. Segue il Partito socialista della Serbia (SPS) del premier uscente Ivica Dačić con poco meno del 10%, mentre ci sono buone probabilità che il Partito liberaldemocratico (LDP) di Čedomir Jovanović e il Partito democratico della Serbia (DSS) dell’ex premier Vojislav Koštunica superino il quorum di sbarramento, posto al 5%.

Tadić all’inizio di febbraio ha anche annunciato che entrerà in coalizione con l’Unione delle regioni serbe (URS) di Mlađan Dinkić. È molto probabile che insieme passino il quorum del 5%, il che li rende potenziali partner di coalizione dell’SNS.

Anche se dovesse andare peggio del previsto, l’SNS può sempre fare i conti di coalizzarsi non con uno ma con due partner, per formare un governo che avrà una maggioranza schiacciante. Vučić ha già annunciato che desidera diventare premier e che si augura di andare poi al governo, dopo le elezioni, con un solo partner di coalizione. Partner non sarà di sicuro né il DS di Dragan Đilas e nemmeno il DSS di Koštunica, perché fortemente contrario all’integrazione europea. Restano, quindi solo LDP, SPS e il fronte di Tadić, a patto che entrino in parlamento.

Sorprese

Nei giorni i cui è stata decisa la data del voto anticipato è arrivata anche qualche sorpresa. La più grossa è stata la decisione del ministro dell’Economia Saša Radulović di dimettersi.

Il giorno stesso in cui si è tenuta la seduta del SNS durante la quale Vučić ha espresso l’intenzione di andare a elezioni anticipate, i media hanno informato delle dimissioni di Radulović. Solo in un secondo momento è emerso che quest’ultimo aveva accusato l’ufficio di Vučić di voler sabotare le riforme.

Sui tabloid belgradesi l’ormai ex-ministro è stato subito accusato di essere un ladro, mentre Vučić ha detto di essere stato deluso dal fatto che Radulović si sia occupato più di politica che del suo lavoro. Così il ministro dell’Economia, fino a ieri elogiato come un geniale riformatore, in poche ore è diventato inaffidabile, incline alla criminalità e vicino ai tycoon locali.

Radulović ha dato le dimissioni dopo che i sindacati hanno reagito duramente alla sua proposta di Legge sul lavoro. Vučić evidentemente non aveva intenzione di doversi difendere in campagna elettorale dall’accusa di aver cercato di ridurre i diritti dei lavoratori. Anche se con le elezioni anticipate l’intero governo è dimissionario, in pratica Radulović è l’unico ufficialmente dimesso. Con questa mossa il partito di governo ha cercato di mettere in chiaro che non ci saranno licenziamenti nelle imprese pubbliche né alcuna riduzione dei diritti degli impiegati.

La mossa di Radulović ha incontrato il favore della fascia più colta dell’elettorato serbo, la quale ritiene che le riforme debbano essere condotte urgentemente. Tuttavia l’ex ministro non farà in tempo a capitalizzare questo sostegno sia perché le elezioni sono tra meno di un mese e mezzo sia perché Radulović non ha una grande esperienza politica. Potrebbe anche accadere che si unisca a qualche partito o coalizione, ma per il momento niente fa pensare che stia trattando con qualcuno.

Il fattore Tadić

La seconda sorpresa è stata il fallimentare tentativo di tornare a capo del DS da parte dell’ex presidente della Repubblica Boris Tadić. Nel giorno in cui sono state decise le elezioni anticipate, Tadić e i suoi collaboratori hanno cercato di mettere in minoranza l’attuale leader DS Dragan Đilas, ma questi ha ottenuto il favore dei due terzi della seduta del Comitato centrale del partito.

La questione di principale divergenza sta ruotando attorno alle relazioni con l’SNS, perché i collaboratori di Tadić in più occasioni hanno fatto sapere di non disdegnare affatto una collaborazione col partito di Vučić mentre Đilas si è sempre opposto all’ipotesi.

Dopo aver fallito l’assalto Tadić ha deciso di formare un nuovo fronte politico che minaccia seriamente il risultato del suo, ormai ex, partito. Il punto debole della sua mossa è però che non potrà più difendersi da chi lo accusa di distruggere i DS attraverso un accordo con Vučić. Gli elettori dei DS, tra i quali ci sono molte persone del ceto medio, non accetteranno mai tale compromesso  e ci sono segnali che tutti quelli che alle precedenti elezioni si erano astenuti, insoddisfatti della politica del DS, questa volta andranno alle urne con l’intenzione di votare contro l’SNS, ma anche contro Tadić.

Per ben due anni Đilas è stato sottoposto alla gogna mediatica, quindi anche un lieve risultato positivo del suo partito rappresenterebbe una sorta di sorpresa. La grande differenza tra il DS e gli altri partiti di opposizione è comunque nel rifiuto di una collaborazione con l’SNS e questo potrebbe attirare una parte degli accoliti del LDP, partito che invece ha indicato più volte la disponibilità ad entrare in un futuro governo Vučić.

La terza sorpresa possibile potrebbe arrivare dalla destra radicale, nel caso in cui il DSS, sfruttando la crisi kosovara, decidesse di collaborare con i gruppi e le organizzazioni di ultradestra. Gli esperti di sondaggi ritengono che insieme a questi gruppi potrebbe raggiungere anche oltre il 10% dell’elettorato. Ma si tratta solo di una possibilità teorica, perché per renderlo possibile servirebbe una solida alleanza che per ora non è nell’aria.

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