Napolitano in Albania: le Repubbliche di fronte
Il 4 marzo scorso il presidente della Repubblica italiana è atterrato in Albania. Un breve reportage del soggiorno tiranese di Giorgio Napolitano: un giorno e tanti onori, ma non privi di sostanza politica
La prima dovuta visita Giorgio Napolitano l’ha resa al suo omologo Bujar Nishani: sono circa le dieci del mattino quando l’auto presidenziale si affianca all’ingresso del “Quirinale d’Albania”, lungo un boulevard festosamente addobbato a tricolori. Il giardino del palazzo presidenziale è visibile dalla strada; assieme ad altri curiosi, al di là delle cancellate, posso ascoltare gli inni nazionali: in uniforme rosso-nera l’Orchestra dei fiati delle Forze armate albanesi intona le note diversamente risorgimentali di Novaro e Porumbescu. Un rito brevissimo, quello di presentazione, cui ha fatto seguito un’ora e un quarto d’incontro a porte chiuse ed una breve conferenza stampa, trasmessa in diretta su Ora News e seguita con grande interesse nei bar limitrofi.
Davanti alle telecamere il nodo europeo viene affrontato subito: "Noi vogliamo continuare a fare l’avvocato dell’Albania in Europa", conferma Napolitano, completando con un monito la rassicurazione iniziale "l’importante per un avvocato è di non perdere la causa". Non mancano di lì a breve i consueti riferimenti al Kosovo "di cui abbiamo seguito con interesse il percorso verso l’indipendenza" e allo soddisfacente miglioramento delle relazioni con la Serbia, grazie anche alla "comprensione incontrata nelle sue leadership".
Congedati i giornalisti, la delegazione presidenziale ha velocemente proseguito il giro visite approdando al palazzo del governo e quindi, a seguito di un rapido incontro con il premier Rama, al Palazzo delle Brigate. Ex residenza di Re Zog e del Conte Ciano, questa suggestiva cornice storica ha ospitato la cerimonia di conferimento della Medaglia della Bandiera, l’undicesima onorificenza straniera che Napolitano riceve in qualità di Capo di Stato. Una decorazione che il Presidente Nishani ha motivato con il "sostegno che l’Italia ha dato al nostro paese nel difficile momento della transizione, nonché ai nostri profughi" e alla quale il Presidente Napolitano ha ricambiato conferendo al Capo di Stato albanese l’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
A seguire, nel pomeriggio, Napolitano si è dedicato al ramo legislativo, incontrando il presidente del parlamento Ilir Meta e tenendo un ricco ed atteso discorso di fronte ai deputati riuniti in seduta straordinaria. Prima di ripartire per Roma, a dimostrazione dell’inesauribile energia di un uomo politico d‘altri tempi, vi è stato spazio per un ultimo saluto alla comunità italiana, ospitata presso la residenza dell’ambasciatore.
Il contesto politico-economico
La visita di Napolitano in Albania si colloca al culmine di un’escalation diplomatica che sta sancendo il rilancio di una partnership storica e, conseguentemente, da rinnovare. A partire dalle elezioni politiche del 2013, le quali, con diversi esiti, hanno comportato un ricambio generazionale negli esecutivi e nella classe politica di entrambi i paesi, gli incontri al vertice si sono moltiplicati. A poche settimane da un voto storico per l’Albania, il 17 luglio scorso Edi Rama si era già recato a Roma per incontrare diverse personalità politiche, di governo e non. Destarono particolare curiosità gli abboccamenti con la “vecchia guardia”: Massimo D’Alema, Giuliano Amato e Silvio Berlusconi.
Non pago di cotanta accoglienza, a metà dicembre Rama ritornava nell’Urbe: siamo alla vigilia dell’ennesimo «no» del Consiglio europeo alla concessione all’Albania dello status di paese candidato. In quell’occasione Enrico Letta garantisce al premier albanese un pieno appoggio in sede europea, un sostegno poi concretizzatosi nella lettera-sponsor firmata in primis dal governo italiano (assieme ad Austria, Ungheria, Bulgaria, Croazia, Slovenia, Estonia, Lituania e Irlanda), iniziativa non sufficiente a piegare le resistenze danesi, olandesi e di altri paesi affatto marginali in Consiglio (quali Germania, Francia e Regno Unito).
Più di due mesi prima, il 9 ottobre 2013, il nodo dell’integrazione era stato al centro della visita a Tirana del ministro degli Esteri Emma Bonino. Un viaggio denso d’incontri, durante il quale una politica di grande esperienza e profonda conoscitrice del paese aveva efficacemente saldato in un quadro onnicomprensivo gli obiettivi europei dell’Albania e gli obiettivi albanesi dell’Italia, a partire dal rapporto strategico tra stato albanese e imprese italiane. Un sodalizio di cui lo stesso Rama si è poi fatto attivo sostenitore, e che il 31 gennaio scorso lo ha condotto a Milano, città dell’Expo 2015 (cui l’Albania parteciperà) e fulcro dell’imprenditoria italiana; in quell’occasione la voce del premier albanese giunse all’orecchio persino dei nostri media nazionali: "Imprenditori italiani, l’Albania vi attende!".
Il discorso al Parlamento albanese
Al di là dei cerimoniali a suggello dell’amicizia tra i due paesi il senso politico della visita di Napolitano è emerso dalle parole che ha pronunciato in serata di fronte al parlamento albanese.
L’atteso discorso, ben più ampio e puntuale delle dichiarazioni mattutine, è stato un intervento squisitamente politico, poiché non ha prescisso né dal contesto albanese né della priorità strategiche italiane, concedendo solo l’indispensabile alla retorica attinente al genere letterario. Com’era ovvio, il Presidente ha attinto volentieri dal repertorio classico: ha ricordato le comunità arbëreshë del Sud Italia, le origini di Francesco Crispi, i rispettivi Risorgimenti nazionali, la comune lotta partigiana dopo l’8 Settembre, la migrazione degli anni Novanta… queste ed altre realtà storiche – promosse a veri e propri topoi letterari nella consueta retorica dell’amicizia italo-shqiptare – sono rimaste però sullo sfondo, a servizio dell’obiettivo politico fondamentale: declinare al presente il ruolo guida dell’Italia in Albania, aggiornando attraverso l’Europa i legami economici con il “paese di fronte”. Un’operazione resa oggi più difficile dalla perdita del monopolio linguistico-televisivo che vigeva negli anni della transizione e dalla crescente influenza di paesi come la Turchia, certo non privi di legami storico-geografici con l’area balcanica e ben decisi a sfruttarli.
Nelle parole di Napolitano il sostegno italiano all’integrazione europea dell’Albania e il rilancio della cooperazione economica sono due facce della stessa medaglia: "Il senso della mia visita", avverte da subito, "è un forte richiamo alle cogenti responsabilità che derivano da un rapporto così stretto". L’attivo ruolo dell’Italia nella transizione albanese non viene dunque rivendicato al passato, ma saldato all’attuale realtà imprenditoriale italiana in Albania, un potenziale capace di sprigionare iniziative d’inestimabile valore geopolitico: progetti come la Trans Adriatic Pipeline (il gasdotto che attraverso Grecia e Albania porterà il gas azero in Italia) e la Ionic Adriatic Pipeline (suo fratello, che da Fier correrà in Croazia), due iniziative indubbiamente intergovernative ma che, ricorda il Presidente, sono in splendida coerenza "con la Strategia UE per la creazione di una regione Adriatico-Ionica".
Solo al termine di questa premessa, Napolitano concede finalmente la sintetica frase che tutti i media albanesi stavano aspettando, dodici parole immediatamente tradotte e riprese nella grafica sovraimpressa di tutte le emittenti televisive: "È chiaro a tutti che il posto dell’Albania è in Europa, per storia, cultura, valori". I deputati albanesi possono sciogliersi in un applauso sincero.
Da quel momento in poi, solo due rapidi accenni alla centralità del Parlamento nella lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione – i due punti deboli del paese di fronte a Bruxelles – interrompono l’accorata professione di fede europeista che il Presidente Napolitano aveva già enunciato, un mese fa, di fronte ai deputati di Strasburgo: in questo difficile momento, di fronte all’avanzata dell’euroscetticismo in diversi paesi fondatori, il Capo dello Stato italiano ricorda come l’aspirazione europea dell’Albania e degli altri paesi balcanici sia "un forte segnale di fiducia per tutti i popoli dell’Unione".
La geopolitica dei gasdotti non ha mai scaldato i cuori di alcun uditore, ma la verità di quest’ultima analisi fa breccia tra noi giovani italiani in Albania: la fame d’Europa dei paesi che ancora non ne fanno parte – paesi per i quali «Europa» è ancora sinonimo di cambiamento – ha tanto da insegnare ai giovani euroscettici nati e cresciuti nei Paesi membri.
Tra le assurdità della crisi vi è infatti anche questo paradosso: se per l’Albania il vento della speranza soffia da ovest, per l’Italia e per l’Europa il vento del futuro soffia da est. In altre parole, la ripresa economica ed il peso geopolitico della vecchia Europa e dei suoi membri in crisi sono legati a doppio filo al destino europeo dei Balcani. Napolitano lo sa bene, e non a caso, a ottantanove anni, ha attraversato il mare: per l’Italia e per l’Europa, Albania compresa.