Asilo in Europa, per passare l’inverno
Migliaia di cittadini dei Balcani occidentali hanno chiesto in questi anni asilo politico in vari paesi dell’UE. Un fenomeno alimentato dalla povertà che rischia di mettere sempre maggior pressione sui diritti della comunità rom nella regione
A metà marzo la Germania ha confermato di voler procedere con la discussa riforma della legge federale sull’asilo, logica conseguenza dell’aver dichiarato “sicuri” i paesi dell’area balcanica. Le modifiche implicherebbero una semplificazione e velocizzazione delle procedure di accoglimento delle domande di asilo, insieme ad una riduzione dell’incentivo finanziario per i falsi richiedenti asilo provenienti dai Balcani. La notizia è stata accolta con favore nella regione. Se la Germania darà l’esempio e promuoverà i cambiamenti che disincentiveranno nuove richieste, buona parte del problema delle false richieste sarebbe risolto e i paesi balcanici eviterebbero il rischio di veder reintrodotto l’obbligo dei visti.
Secondo gli esperti e i think-tank la semplificazione delle procedure di asilo e il taglio dei benefici sono la soluzione potenziale al problema per il prossimo futuro. Ma alcuni membri dell’UE hanno sottolineato che i paesi balcanici dovrebbero affrontare da soli "i propri problemi".
Migliaia di “falsi richiedenti asilo”
Secondo i dati rilasciati a dicembre dello scorso anno dal ministero dell’Interno macedone, nei primi nove mesi del 2013, più di 4.300 cittadini macedoni non sono stati autorizzati a lasciare il paese, in ossequio alla legge nazionale che mira a prevenire abusi al regime di liberalizzazione dei visti con i paesi dell’area Schengen. Anche se non è stato espressamente detto, si può tranquillamente affermare che la maggior parte delle persone bloccate erano di origini rom. Sempre secondo il ministero dell’Interno, il numero ha conosciuto un incremento del 36%, se comparato allo stesso periodo del 2012. Il ministero ha anche riportato che sono 15 i casi di condanna per aver abusato del regime dei visti.
Per combattere il fenomeno dei falsi richiedenti asilo il governo macedone ha inasprito la pena per chi abusa del sistema dei visti liberalizzati già nel 2011. Si tratta, nella maggior parte dei casi, dei più poveri tra i poveri, moltissimi sono rom, in viaggio verso i più ricchi paesi UE. Dichiarandosi perseguitati politici, sperano di avere accesso ai benefici sociali che accompagnano la richiesta di asilo. Lo scorso dicembre una persone è stata condannata a otto anni di reclusione per accuse di questo tipo. La sentenza è arrivata un paio di settimane dopo l’incontro del Consiglio europeo del 5 dicembre 2013, dove è stato adottato il meccanismo di sospensione temporanea per il regime di accesso libero all’area Schengen, provvedimento mirato soprattutto ai paesi dei Balcani occidentali. Tale meccanismo aveva già ricevuto via libera il 12 settembre 2013 dal parlamento europeo, con 328 voti a favore, 257 contrari e 38 astensioni.
Nonostante gli sforzi del governo di Skopje, secondo gli uffici dell’immigrazione, nel 2013 ben 6208 cittadini macedoni hanno richiesto asilo in Germania, con un aumento del 36,6% rispetto ad un anno prima, quando i casi registrati erano stati 4546.
La Germania resta la meta più ambita per i falsi richiedenti asilo provenienti dai Balcani, e la Macedonia è uno dei principali paesi di origine dell’intera regione. Apparentemente il "campione" regionale in termini nominali è la Serbia, che lo scorso anno ha prodotto qualcosa come 11.500 falsi richiedenti asilo di fronte alle autorità tedesche, ma è ovvio che in termini reali, data la differenza di dimensioni tra i due paesi, i numeri per la Macedonia sono ben maggiori. Anche la Bosnia Erzegovina, l’Albania e il Kosovo sono a loro volta toccati dal problema delle false richieste di asilo.
Nel 2013 il numero totale stimato dei falsi richiedenti asilo della regione balcanica si aggirava tra le 38.000 e le 40.000 richieste. Tra le principali destinazioni, dopo la Germania, ci sono la Svezia e il Belgio, a causa delle procedure di asilo più lunghe e alla generosa assistenza finanziaria ai richiedenti. Altri paesi UE come la Francia e i Paesi Bassi hanno evitato il problema a causa di sistemi di asilo meno "attraenti".
Rom, diritti umani e diritto d’asilo
Il problema ha preso forma a partire dalla liberalizzazione dei visti, tra il 2009 e il 2010. A partire da allora, il numero dei falsi richiedenti provenienti dai Balcani è cresciuto anno dopo anno. In pratica, però alla fine a nessuno dei richiedenti è stato infine concesso l’asilo. Gli stessi richiedenti sapevano bene che non l’avrebbero ottenuto: molti ammettono di “averci provato” solo per ottenere l’assistenza finanziaria, "di passare l’inverno", come sono loro stessi a dire.
L’UE ha fatto forti pressioni ai paesi balcanici affinché risolvessero il problema. La minaccia di reintrodurre i visti, resa molto reale con l’adozione del meccanismo di sospensione temporanea, si è rivelata un’arma potente. I cittadini dei paesi balcanici temono infatti moltissimo una possibile reintroduzione del regime dei visti.
Ma è il problema è complesso. Il governo macedone si è vantato del numero di persone a cui è stato impedito di lasciare il paese semplicemente per accontentare l’UE. Si tratta però di una pratica molto problematica del punto di vista dei diritti umani. Sempre più spesso i rom, principale bersaglio della misura, si sono lamentati del fatto che non è stato consentito loro di andare all’estero. Naturalmente, a queste persone il divieto è stato mosso a partire dal colore della pelle, o dal cognome da cui la polizia riconosce le origini associandole automaticamente all’abuso del regime dei visti. E’ facile credere che il numero di questi casi ripresi dai media sia minore rispetto alla realtà, considerata la generale mancanza di interesse per il punto dei vista dei rom. In Macedonia, in generale, c’è molta poca attenzione alle condizioni di questa comunità. Adesso vengono anche percepiti come la causa della possibile reintroduzione dei visti.
La soluzione annunciata dalla Germania può apparentemente essere efficace. Anche la Svizzera ha applicato un provvedimento simile in risposta al numero crescente dei falsi richiedenti asilo che ha prodotto buoni risultati. E’ irragionevole che alcuni paesi UE non vogliano cambiare le proprie norme nazionali in materia di asilo per aiutare i paesi balcanici invitandoli a risolvere i loro problemi da soli. Il primo ministro serbo Ivica Dačić l’ha correttamente sottolineato, quando, lo scorso dicembre, ha tentato di spiegare che la Serbia non può impedire a quelli che potrebbero rivelarsi falsi richiedenti asilo di lasciare il paese. In quell’occasione Dačić ha anche affermato che i generosi benefici collegati alla procedura di asilo sono una "tentazione" troppo forte per i cittadini serbi più poveri, visto che superano il reddito medio in Serbia.
Un problema di difficile soluzione
I rom, il segmento sociale più discriminato in tutta la regione, si trovano ora in una situazione ancora peggiore perché sono considerati responsabili del possibile ritorno dei visti. Infatti, se i visti dovessero essere effettivamente reintrodotti, anche solo temporaneamente, molti darebbero la colpa a questa comunità, che potrebbe diventare oggetto di discriminazioni ben peggiori, ed anche di episodi di violenza.
Alcuni liberali europei hanno criticato la semplificazione delle procedure di verifica dell’asilo scaturita dalla valutazione che i paesi dei Balcani sono paesi sicuri. La critica è stata mossa dai liberali sulla base del fatto che la nuova procedura nega il diritto ad un’adeguata analisi della richiesta di asilo. Inoltre, essi hanno affermato che in alcuni casi i rom sono realmente discriminati nei propri paesi di origine. E’ vero: i rom sono le vittime più comuni di abuso dei diritti umani nei Balcani. Ma questa considerazione deve essere bilanciata da un altro aspetto, ovvero quello che potrebbero subire nel caso in cui dovessero improvvisamente divenire oggetto di nuove rivendicazioni da parte della società dell’area per essere i "responsabili" per il ritorno della maledizione dei visti.
Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea, nel quadro dei programmi di comunicazione del Parlamento Europeo. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto BeEU – 8 Media outlets for 1 Parliament.