Armeni di Kessab: ostaggi della guerra civile
In Siria, la cittadina di Kessab, a maggioranza armena, da marzo si è trovata al centro del conflitto tra le forze governative e i combattenti dell’opposizione. Migliaia di abitanti hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni. La difficile situazione degli armeni di Siria suscita ricordi del genocidio 1915
Kessab (Kassab), cittadina di popolazione armena nel nord-ovest della Siria, si è trovata nel bel mezzo di una battaglia a partire dalla fine del mese di marzo. Mentre i combattenti dell’opposizione siriana, presumibilmente sostenuti dalla Turchia, e i gruppi islamici militanti entravano a Kessab, diverse migliaia di abitanti armeni sono stati costretti a lasciare le loro case e cercare rifugio nella vicina Latakia, un’importante città sotto il controllo delle forze governative. Molte persone anziane, non in grado di muoversi verso Latakia, sono state trasferite nel villaggio di Vakif, attualmente l’unico villaggio turco a popolazione armena. Kessab è diventata teatro di aspri combattimenti tra le forze di Assad e l’opposizione.
Una campagna globale, sostenuta da armeni di tutto il mondo sotto l’hashtag #SaveKesab , ha contribuito a richiamare l’attenzione sulla situazione degli armeni di Kessab. Con rara intesa, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e il ministero degli Esteri russo hanno espresso preoccupazione per gli sviluppi a Kessab.
Purtroppo, la legittima preoccupazione per la popolazione di Kessab è divenuta oggetto di manipolazioni mediatiche: notizie non verificate sull’assassinio di 80 armeni hanno invaso media online e social network, anche se sia il sindaco di Kessab che fonti governative armene hanno confutato queste voci.
Come riassunto dal giornalista Gegham Vardanyan , le segnalazioni di vittime civili, basate su informazioni non verificate o vere e proprie frodi, sono state diffuse dalla stampa scandalistica in cerca di pubblicità e ulteriormente manipolate da diversi attori politici.
Se le segnalazioni di stragi, per fortuna, sono state confutate, i combattimenti a Kessab hanno prodotto la distruzione di una comunità ben consolidata e la perdita delle radici per i suoi membri. La situazione degli armeni di Kessab può servire da metafora generale per la sorte della comunità armena di Siria, che una volta contava oltre 80.000 membri ed era una delle comunità armene più fiorenti del Medio Oriente. Oggi, gli armeni di Siria sono ostaggi di una furente guerra civile. La maggioranza degli armeni ha cercato di evitare di prendere posizione, rimanendo lontano dal conflitto.
Come spiega il leader spirituale della maggioranza degli armeni in Medio Oriente, Aram I, Catholicos di Cilicia (con sede in Libano), "la nostra comunità non deve associarsi ad alcun regime, ideologia politica o persona, sono tutti provvisori… noi rimaniamo attaccati agli interessi supremi della Siria".
Tuttavia, mantenere la neutralità non è un compito facile. Gli armeni, come altre minoranze in Siria, hanno motivo di preoccuparsi di alcuni gruppi ribelli fondamentalisti, e queste paure sono spesso sfruttate dal governo. In ogni caso, migliaia di armeni, tra cui molti della comunità principale di Aleppo, sono diventati profughi, sia all’interno della Siria che in Libano, Armenia o in occidente.
La Storia si ripete?
Gli armeni hanno un ulteriore motivo di preoccupazione: il sostegno fornito dal governo turco ad alcuni gruppi di ribelli, in particolare quelli con tendenze islamiste. Sullo sfondo di un confine turco-armeno chiuso e del persistente atteggiamento negazionista sul tema del genocidio, gli armeni di Siria percepiscono la Turchia come una potenza ostile, decisa a distruggere le comunità armene nel suo raggio d’influenza.
Come sottolinea Vicken Cheterian , analista residente in Svizzera, Kessab ha un immenso significato simbolico per gli armeni, essendo stata loro patria per oltre mille anni, fin dai tempi del regno armeno di Cilicia. Molti armeni vedevano la città come l’ultimo baluardo rimasto della storica Armenia occidentale in quella che oggi è la Turchia orientale e sud-orientale, patria di milioni di armeni prima del 1915. In questo contesto, gli armeni di tutto il mondo sono particolarmente sensibili al ruolo della Turchia nella guerra civile siriana in generale e negli eventi di Kessab in particolare.
Secondo Harout Ekmanian, giornalista armeno di Aleppo attualmente residente a Yerevan, la percezione del ruolo della Turchia in Siria potrebbe essere diversa se il cosiddetto processo di normalizzazione turco-armeno avesse prodotto qualche esito significativo e l’Armenia avesse relazioni diplomatiche con la Turchia. Tuttavia, i protocolli turco-armeni firmati nel 2009 non sono mai stati ratificati dalle parti.
Armenia e Turchia rimangono agli antipodi su molte questioni, tra cui il riconoscimento del genocidio. Se oggi molti intellettuali turchi riconoscono pubblicamente che lo sterminio degli armeni ha costituito genocidio, la posizione di stato non è cambiata. Quando, il 10 aprile, la Commissione Esteri del Senato degli Stati Uniti ha approvato una risoluzione che riconosce e condanna il genocidio armeno, il governo turco ha reagito bruscamente come aveva fatto per decenni. Molto probabilmente, la Turchia utilizzerà ancora una volta i propri legami con il governo degli Stati Uniti per evitare che tale risoluzione venga approvata dal Senato, come ha fatto in passato. La posizione turca in materia di relazioni con l’Armenia è rimasta invariata: chiusura delle frontiere, nessuna relazione diplomatica, e sostegno unilaterale per l’Azerbaijan in tema di Nagorno-Karabakh.
In questo contesto, le voci del sostegno turco ai gruppi islamici siriani hanno aggravato le preoccupazioni per la sicurezza degli armeni di Siria. Alcune voci in Armenia hanno addirittura chiesto l’invio di combattenti volontari in Siria per aiutare gli armeni a proteggere le proprie case, ma il presidente Serzh Sargsyan è intervenuto per raffreddare gli animi, dicendo che interferire nel conflitto siriano "sarebbe la più grande stupidità immaginabile" e che gli armeni dovrebbero evitare di prendere posizione nel conflitto in Siria.
Secondo Harout Ekmanian, in questa situazione il governo armeno dovrebbe chiedere al governo siriano di non utilizzare i territori a popolazione armena come basi militari e cercare di stabilire contatti con i paesi che sostengono l’opposizione, al fine di assicurare che le comunità armene non vengono attaccate dai gruppi ribelli. Nel peggiore dei casi, se tutto questo non funzionasse, dice Ekmanian, l’Armenia dovrebbe organizzare il trasferimento in Armenia di tutti gli armeni che volessero lasciare la Siria.
Armenia: una nuova casa per gli armeni di Siria?
Se molti armeni di Siria si sono spostati in Armenia dall’inizio della guerra (circa 10.000 secondo alcune stime), finora non c’è stato uno sforzo organizzato del governo per rimpatriare l’intera comunità armena siriana. Ci sono diverse ragioni per questo. Prima di tutto, molti armeni siriani sono estremamente riluttanti a lasciare la Siria, che percepiscono come loro patria, e sperano che i combattimenti finiranno, prima o poi.
Gli armeni siriani, che hanno le loro radici nell’Armenia occidentale storica piuttosto che nei territori oggi parte della Repubblica di Armenia, parlano un dialetto diverso dall’armeno orientale parlato a Yerevan e hanno altre differenze culturali rispetto agli armeni "Hayastantsi" (armeni che vivono nella Repubblica di Armenia). Anche se queste differenze possono essere superate, come dimostrato dalle precedenti ondate di rimpatrio della diaspora, l’ostacolo più significativo è l’economia armena.
Dal 2008 l’economia armena sta attraversando momenti difficili, e anche molti armeni "Hayastantsi" sono oggi in cerca di lavoro all’estero, soprattutto in Russia. Così, l’Armenia non ha né opportunità di lavoro né fondi per contribuire al reinsediamento degli armeni siriani. Inefficienza e corruzione nel governo complicano ulteriormente la situazione.
Gli armeni siriani che si sono trasferiti a Yerevan hanno gli stessi problemi quotidiani della gente del posto, racconta Ekmanian, ma soffrono anche le conseguenze materiali e psicologiche della guerra. Ad ogni modo, stanno cercando di integrarsi: alcuni di loro hanno trovato lavoro, alcuni hanno persino utilizzato i risparmi che sono riusciti a portare con sé per avviare un’impresa.
Gli armeni siriani che si erano trasferiti in Armenia in precedenza aiutano ora i nuovi arrivati ad ambientarsi. Alcuni armeni siriani vedono Yerevan come un rifugio temporaneo e progettano di tornare in Siria quando la situazione si calmerà, oppure di spostarsi più a ovest. Ma molti vedono l’Armenia come loro patria e non hanno intenzione di andare da nessuna parte.
Vrezh, 23 anni, che lavora come cuoco in un piccolo ristorante di famiglia, dice che qualunque cosa accada ha in programma di restare in Armenia. "Certo, mi manca la Siria e sono preoccupato per come andranno le cose là", aggiunge, "ma il nostro futuro è qui, in Armenia".