Croazia: la questione Gorski Kotar
Zagabria è oggi sul punto di chiedere aiuto all’UE per far fronte alle alluvioni che hanno colpito il paese. Tuttavia, a Gorski Kotar, tra Fiume e Zagabria, i cittadini aspettano ancora i fondi per coprire i danni provocati dalla disastrosa ondata di gelo del febbraio scorso, che è costata lo 0,7% del PIL all’economia croata
Il colpo di cannone che segna mezzogiorno ha appena rimbombato nella città alta di Zagabria. I turisti stanno ancora scattando qualche foto del fumo bianco che esce dalla torre di Lotrščak, mentre pian piano una piccola folla si dirige verso il parlamento croato.
È una scena insolita a Gradec. Nella parte antica della capitale croata le manifestazioni di protesta sono rare, nonostante la crisi economica. Tra queste stradine, dove la sera i lampioni sono ancora alimentati a gas, una cinquantina di persone sfila senza fare troppo rumore. Sono per lo più anziani, accompagnati da un ragazzo che suona la fisarmonica e guidati da un ecologista. Chiedono di "salvare Gorski Kotar" e minacciano di bloccare l’autostrada da Zagabria e Fiume.
La "regione montuosa" (letteralmente, "Gorski Kotar") si trova tra Zagabria e Fiume e oggi conta poco più di 20.000 abitanti. A inizio febbraio, un’ondata di gelo anomala si è abbattuta su questa parte del paese, causando enormi danni.
"La metà delle centrali elettriche è andata distrutta", racconta Josip Lončarić, originario della regione, "per due, tre settimane non c’è stata né elettricità, né acqua". Inoltre i boschi della regione sono stati gravemente danneggiati: "Un milione e 800.000 metri cubi di legname sono andati persi", continua Josip Lončarić. "E’ più di tre volte quello che Gorski Kotar produce in un anno". Una catastrofe per una comunità che vive solo del suo legname, esportato anche in Italia.
All’indomani della gelata il presidente della regione, Zlatko Komadina, ha proclamato lo stato di calamità naturale e chiesto aiuto al governo. L’esecutivo ha a sua volta annunciato, il 12 febbraio, di voler fare appello al Fondo di solidarietà dell’UE per ristabilire la situazione nella regione.
"Ci vorranno 300 milioni di euro per riparare tutti i danni", spiega l’eurodeputato croato Nikola Vuljanić (GUE). "Tutto deve essere svolto al più presto. Quest’estate bisogna pulire e ripiantare, perché sul lungo periodo le conseguenze economiche potrebbero essere ancora più gravi". Vuljanić ha presentato una domanda scritta alla Commissione europea per chiedere un aiuto rapido per Gorski Kotar. "Il Parlamento sta anche lavorando su una modifica delle regole del Fondo di solidarietà, affinché i suoi interventi siano più veloci, ma non credo ci saranno novità fino a dopo le elezioni europee", conclude Vuljanić.
Per gli abitanti di Gorski Kotar, però, l’aiuto europeo sarebbe solo una soluzione a medio termine. "I problemi di questa regione hanno radici molto lunghe", commenta Aljoša Babić, presidente del partito ecologista Zelena Stranka e leader della protesta del 28 marzo. "Il governo si limita a parlare della catastrofe naturale, gravissima, certo, ma non si esprime sul vero dramma di Gorski Kotar: lo spopolamento".
In trent’anni la regione ha perso 10.000 abitanti, passando da 31.000 nel 1981 a circa 20.000 oggi, mentre il tasso di mortalità resta superiore a quello di natalità e il saldo migratorio è negativo. "Ho guidato la protesta a Zagabria, perché sono convinto che la legge sullo sviluppo regionale debba essere cambiata", prosegue Babić, che siede nel consiglio regionale a Fiume. "Il governo deve prendere in considerazione i problemi delle aree montuose della Croazia".
Le aree montane non sono mai state una priorità per la Croazia, sostengono gli abitanti di Gorski Kotar. Zagabria investirebbe di più sulla costa e sul turismo, lasciando che le sue montagne si spopolino.
"La legge che regola lo statuto delle aree montuose e collinari non sarà più in vigore a partire dall’anno prossimo", spiega Aljoša Babić. "Al suo posto, il parlamento croato ha introdotto una ‘legge sullo sviluppo regionale’, che non prevede alcuna forma di autonomia per le aree montuose, come Gorski Kotar". Inutile dire che le richieste della popolazione locale vanno nella direzione opposta.
"Solo due riforme potrebbero garantire un futuro agli abitanti di Gorski Kotar", afferma Josip Lončarić, che passa almeno sei mesi l’anno tra le montagne a nord di Fiume. "Innanzitutto, i boschi dovrebbero essere di proprietà degli abitanti di Gorski Kotar: oggi più della metà della foreste appartiene allo Stato. In secondo luogo, le autorità locali dovrebbero unirsi per gestire assieme questo patrimonio e magari usarlo come garanzia per ottenere dei finanziamenti presso le banche", immagina Lončarić.
Per il momento, il governo croato sembra volersi limitare alla richiesta di assistenza al Fondo di solidarietà dell’UE. Secondo le aspettative di Zagabria, l’Unione dovrebbe fornire circa la metà dei 300 milioni necessari per coprire i danni a Gorski Kotar. Se la richiesta dovesse essere accettata da Bruxelles, il Fondo – creato nel 2002 – interverrà per la prima volta in Croazia.
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