Albania: le europee fuori dall’Europa

Anche l’Albania ha seguito con attenzione le elezioni europee: dividendosi politicamente alla stregua di un paese membro, ma europeisticamente unita contro il fronte euroscettico

04/06/2014, Nicola Pedrazzi -

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(Flickr/Patrick Machado)

Dal punto di vista europeo – un’angolazione da cui raramente si osserva la realtà – le elezioni europee del 2014 rappresentano un successo: l’affluenza era in calo dal 1979, una tendenza invertita nonostante la difficile contingenza economica del continente (dal 43% del 2009 si sale timidamente al 43.09% degli aventi diritto), mentre nel nuovo Parlamento il ruolo dei cosiddetti "euroscettici" sarà numericamente marginale (attendiamo di sapere come si organizzeranno i 101 deputati "non iscritti").

Scendendo a livello nazionale, la lettura del risultato cambia notevolmente: non solo l’affluenza è calata in 17 paesi su 28, ma sono proprio i nuovi cittadini europei a disertare maggiormente le urne. Si tratta di un fenomeno già riscontrato in svariati paesi di recente integrazione, neomembri il cui europeismo si è affievolito nel corso dell’avvicinamento all’Unione.

Prendendo in considerazione l’Europa post-"grande allargamento", ci si rende conto delle proporzioni della disaffezione: rispetto al già allarmante 2009, il numero dei votanti è calato in Bulgaria (-3,49%), Repubblica Ceca (-8,72%), Ungheria (-7,39), Polonia (-1,83), Slovacchia (-6,64%), Cipro (-15,43%), Malta (-3,98%), Slovenia (-7,41%), Estonia (-7,46%), Lettonia (-23,66%); ed è cresciuto solamente in Lituania, Romania e Croazia, paesi in cui era difficile fare peggio di cinque anni fa: in nessuno dei tre si raggiunse il 30%.

Al contempo, fermo restando il carattere europeo del voto, alcuni assetti politici nazionali hanno subito un mutamento radicale: è il caso della Francia e del Regno Unito. È su questo secondo esito politico, di livello strettamente nazionale, che si concentrano le preoccupazioni del governo albanese: in questo contesto, il Consiglio europeo di giugno rischia di candidare l’Albania all’ennesima delusione.

L’Albania, "il paese più europeista d’Europa"

La teoria del "più lontani dall’Europa, più europeisti" risulta pienamente verificata nel Paese delle Aquile. L’Albania ha effettuato domanda di adesione nell’aprile 2009, e assieme a Bosnia e Kosovo attende ancora il riconoscimento della propria candidatura per poter avviare i negoziati di adesione. Per due anni consecutivi (novembre 2012 e ottobre 2013) la Commissione europea si è espressa favorevolmente, ma per ottenere lo status di paese candidato è necessario il voto unanime dei ventotto ministri degli Esteri riuniti nel Consiglio Affari Generali: verso fine giugno, a seguito del prossimo vertice europeo, sapremo se i governi saranno disponibili a sbloccare la situazione.

Noncurante del ritardo del suo paese nei confronti di altri partner balcanici – candidati "di fatto" e "di nome", come Macedonia, Montenegro e Serbia – il primo ministro Rama è solito ripetere con orgoglio che "l’Albania è il paese più europeista d’Europa": un’affermazione retorica che ha il pregio della verità, poiché in Albania l’integrazione è davvero una priorità politica trasversale, un "destino" che non viene messo in discussione nemmeno da Aleanca Kuq e Zi (Alleanza Rossonera), un partito programmaticamente nazionalista.

Europeisti all’italiana

Quando, nella primavera 2013, Kreshnik Spahiu, il giovane leader dell’Alleanza Rossonera, si candidò alle elezioni contro la compromessa "casta democratico-socialista", diversi commentatori albanesi lo avevano descritto come una sorta di "Grillo d’oltremare" – si tenga presente che la campagna elettorale albanese prendeva avvio negli stessi mesi dell’exploit elettorale del M5S.

Che il paragone fosse forzato lo si era già intuito un anno fa – oggi sappiamo che il partito di Spahiu è addirittura rimasto fuori dal parlamento – ma il parallelo giornalistico è interessante perché emblematico di un fenomeno più ampio e profondo, ovvero dell’attenzione dei giornalisti e dei commentatori albanesi per la politica italiana. Il mezzo milione di albanesi residenti in Italia, la diffusione della lingua italiana e, non va trascurato, la sempre più nutrita comunità di italiani presenti nel paese, portano molto spesso i cittadini albanesi a vivere l’Europa attraverso l’Italia: una tendenza accentuatasi in occasione di queste elezioni europee.

Una sorta di italian perspective è emersa dai talk show dedicati alle elezioni – Tonight Ilva Tare, la più nota trasmissione di approfondimento politico di Ora News, ha ospitato diversi italiani alla vigilia del voto – ma anche dall’approccio e dalle dichiarazioni di attori politici di primo piano i quali, conformemente alla propria appartenenza politica, non hanno mancato di schierarsi con le rispettive famiglie europee.

Proiettandosi nel futuro e immaginandosi leader di un’Albania eurointegrata, Edi Rama ha reso pubblico il sostegno del Partito Socialista albanese alla candidatura di Martin Schulz, e lo ha fatto a partire da posizioni che potremmo definire "renziane". Il tweet del 26 maggio cui il premier albanese ha affidato la propria lettura dei risultati elettorali, sintetizza in grammatica social (un linguaggio padroneggiato da entrambi i leader) l’italianità della percezione albanese dell’Europa: "Europa tra passato e futuro come mai prima d’ora. L’esempio di Renzi dimostra che c’è una sola strada contro gli estremisti: faccia a faccia!".

Nella lettura di Rama, il passato e il futuro sono ciò che Renzi ha chiamato "rabbia" e "speranza". Da una parte il Front National di Marine Le Pen, l’UKIP di Nigel Farage e Alba Dorata di Nikólaos Michaloliákos – gli "estremisti", quelle forze che spingono per la chiusura delle frontiere e il ritorno all’elemento nazionale – dall’altra la sinistra europea di Matteo Renzi, una "speranza" politica perché è l’unica sinistra di governo ad avere vinto, ma soprattutto una speranza albanese, poiché alla vigilia del Consiglio europeo di giugno gli alleati europei scarseggiano: per ottenere l’agognato status servono i voti di Danimarca e Olanda, i cui governi si erano esplicitamente opposti nel dicembre 2013, ma anche di Regno Unito e Francia: paesi in cui, a seguito delle elezioni europee, UKIP e Front National sono i primi partiti nazionali. Se, per ragioni storiche, l’Italia è da sempre "avvocato della causa europea dell’Albania" – parole, queste, pronunciate dallo stesso Giorgio Napolitano durante la sua recente visita ufficiale – il governo Renzi è ora, per ragioni politiche e alla luce dell’imminente Presidenza italiana, il vero alleato europeo del governo Rama di fronte all’euroscetticismo anti-allargamento.

Italiani fuori dall’Europa

Se "il paese più europeista d’Europa", l’Albania, rimane uno dei più lontani dall’Unione, questa stessa lontananza contribuisce all’europeismo dei cittadini europei che vi risiedono. Non vi è alcun dubbio: il miglior modo per conoscere il diritto europeo è viverne al di fuori.

Tra i diritti che sostanziano l’imperfetta (e a volte irrisa) cittadinanza europea, vi è quello di poter votare, per le europee e per le comunali, nel luogo di residenza, indipendentemente dalla nazionalità. Lo scorso 25 maggio, i cittadini italiani residenti in un altro paese membro hanno infatti potuto scegliere: votare in ambasciata come italiano all’estero, o al seggio di residenza al pari di un tedesco, di un francese, di un polacco?

Al di là dei confini (del diritto) dell’Unione, nella vicina lontana Albania un dilemma di ben altro tenore ha tormentato le coscienze dei cittadini europei: tornare o non tornare in patria per votare? Nella "colonia" italiana, gli astensionisti forzati non sono stati pochi; ma se in molti si sono accontentati di vivere il voto europeo da spettatori, altrettanti hanno cercato di nutrire il proprio civismo con altre forme di partecipazione.

In questo senso, un’iniziativa italo-albanese degna di nota è quella del primo circolo albanese del Partito Democratico (italiano). Ospitato a Tirana, in Piazza Austria, presso la sede del Partito Socialista (albanese), si tratta di una realtà nascente e ancora tutta da costruire, ma che ha già saputo dare buona prova di sé nel dicembre scorso, quando permise agli italiani d’Albania di partecipare alle primarie per il Segretario nazionale. In occasione del semestre italiano di presidenza, alla luce degli attuali assetti interni e internazionali, c’è da scommettere che quest’angolo d’Italia politica costituirà, anche, un angolo d’Europa.

 

Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea, nel quadro dei programmi di comunicazione del Parlamento Europeo. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto BeEU – 8 Media outlets for 1 Parliament

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