Giro di vite sui diritti umani in Azerbaijan

Da quando presiede il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, l’organizzazione che guida la difesa dei diritti umani nel continente, l’Azerbaijan ha intensificato gli arresti di attivisti e oppositori. Uno stridente contrasto che nessuno sembra notare

18/08/2014, Arzu Geybullayeva -

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(foto Darron Birgenheier/flickr )

Erano molte le aspettative lo scorso 14 maggio quando l’Azerbaijan ha assunto la presidenza del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa. Al Consiglio d’Europa, un’istituzione comunemente descritta come uno dei massimi organismi in difesa dei diritti umani, si ritiene che l’assunzione della presidenza spinge i paesi membri verso le riforme e la democrazia. Poco ha però fatto il Consiglio per sapere cosa sarebbe successo nei mesi successivi all’assunzione della presidenza da parte dell’Azerbaijan. Sicuramente non è stato in grado di prevedere la portata della stretta repressiva in corso, gli arresti e le intimidazioni ai danni della società civile locale.

Attivisti e difensori dei diritti umani, giornalisti, blogger, giovani attivisti e responsabili di ONG sono diventati bersaglio delle autorità azere in quella che molti osservatori nel paese come all’estero descrivono come una caccia alle streghe. L’episodio più recente è l’arresto del noto avvocato per i diritti umani Intigam Aliyev. L’8 agosto Aliyev è stato condannato a tre mesi di custodia cautelare.  E’ stato incriminato per evasione fiscale, attività illecite e abuso d’autorità. Ma il suo vero crimine, come lo stesso Aliyev ha dichiarato il 10 agosto, è il suo impegno in difesa dei diritti umani. Aliyev è il leader della Legal Education Society, un’organizzazione non governativa indipendente impegnata nella difesa dei diritti umani, preparazione di casi di contenziosi legali, formazione per avvocati e corsi di educazione ai diritti umani. Sempre l’8 agosto, a Emin Huseynov, ex direttore dell’Istitute of Reporters’ Freedom and Safety (IRFS) è stato impedito di lasciare il paese presso l’aeroporto internazionale di Baku. Huseynov era in viaggio per ricevere trattamenti medici. Il suo conto bancario è stato congelato e l’ufficio dell’IRFS è stato perquisito a fondo, documenti e materiali d’ufficio sono stati sequestrati.

Soltanto qualche giorno prima un altro attivista per i diritti umani e la libertà di espressione, Rasul Jafarov, è stato condannato a tre mesi di custodia cautelare per crimini simili a quelli contestati ad Aliyev. Attualmente si trova in carcere. Jafarov è stato il bersaglio successivo all’arresto di Leyla e Arif Ynus – la famiglia di avvocati per i diritti umani diventata famosa per aver rivolto al governo l’appello contro la repressione e la violazione dei diritti umani in Azerbaijan. L’arresto di Jafarov è avvenuto il 2 agosto, pochi giorni dopo essere stato ascoltato dagli inquirenti. Jafarov è il fondatore dell’Human Rights Club in Azerbaijan e uno dei coordinatori delle campagne “Sing for Democracy” e “Art for Democracy”. Vale la pena anche notare che Leyla Yunus e Rasul Jafarov erano parte di un gruppo di lavoro impegnato nella stesura della lista dei prigionieri politici in Azerbaijan.

In una sola settimana di agosto, sono stati avviati procedimenti giudiziari ai danni di 21 organizzazioni non governative. Il 30 luglio, Leyla e Arif Yunus sono stati entrambi arrestati. Oltre ad accuse simili a quelle avanzate contro Intigam, Aliyev e Rasul Jafarov, Leyla Yunus è stata accusata anche di alto tradimento. A fine luglio, due fratelli, Farac e Sarac Karimovs, sono stati arrestati a distanza di una settimana l’uno dall’altro per possesso illecito e vendita di stupefacenti. Farac Karimov era amministratore della pagina Facebook “Dimettiti” (Istefa), nata durante la campagna per le elezioni presidenziali. Si trova attualmente a scontare la pena di tre mesi in custodia cautelare.

La lista si allunga

A distanza di poco più di una settimana dall’inaugurazione della presidenza azera del Consiglio d’Europa, il 26 maggio Anar Mammadli e Bashir Suleymanli, dell’Election Monitoring and Democracy Studies Center, sono stati processati a 5 anni e 6 mesi e a tre anni e sei mesi rispettivamente, per accuse simili a quelle imputate a Rasul Jafarov: evasione fiscale, affari illeciti e abuso di autorità. Il 27 maggio, il giovane blogger Abdul Adilov è stato condannato a 5 anni e sei mesi di reclusione per possesso di droga. Sempre il 27 maggio, un giorno dopo l’assunzione di nuove responsabilità da parte dell’Azerbaijan al Consiglio d’Europa, una corte azera ha emesso una sentenza di condanna ai danni del giornalista Parviz Hashimli, chiamato a scontare 8 anni di carcere per traffico illecito di armi. Il 13 maggio, una corte della regione di Salyan ha condannato un noto attivista della società civile locale, Emil Mammadov, a tre mesi di custodia per accuse di estorsione. Mammadov gestisce una ONG locale chiamata Promoting Democracy.

A giugno, l’avvocato e direttore di uno studio legale, Aliabbas Rustamov, conosciuto per la sua critica al governo, è stato accusato di estorsione. Il 21 luglio Husan Huseynli, leader di una rispettata ONG azera con sede a Ganja, è stato arrestato e duramente condannato a sei anni per un crimine che non ha commesso – aver pugnalato un uomo. L’organizzazione di Huseynli  si occupava dei giovani e li aiutava a cercare opportunità educative all’estero. Secondo gli avvocati difensori, l’accusa contro Huseynli non è altro che un tentativo di soffocare un’organizzazione indipendente. Il 4 luglio, il giovane attivista e blogger Omar Mammadov è stato condannato a 5 anni di prigione per possesso e vendita illegale di stupefacenti.

Il perché di un’emergenza

La repressione si è manifestata in molti modi: congelamento di conti bancari, rifiuto di registrare le ONG e i finanziamenti ricevuti, intimidazione, ricatto, estorsione e infine detenzione e arresto. Le accuse criminali contro le voci critiche in Azerbaijan sono cresciute in varietà, passando dal “semplice” vandalismo ad accuse per possesso di droga, o addirittura a crimini più pesanti come possesso di armi, contrabbando, tradimento, evasione fiscale e così via. Sembra anche esserci una fattore età, con i dissidenti più anziani chiamati a scontare accuse e pene più pesanti. Mentre la vecchia generazione è accusata di evasione fiscale e affari illeciti, gli attivisti più giovani, in genere membri di movimenti giovanili o blogger, sono accusati di possesso illegale di stupefacenti insieme ad una delle accuse più comuni in Azerbaijan, il vandalismo.

Non ci sono dubbi che la stretta sui diritti umani in corso in Azerbaijan è un tentativo del governo di ridurre al silenzio le poche voci rimaste libere nel paese e possibilmente liberarsi di ogni oppositore capace di ottenere consensi e sfidare le autorità dentro o fuori il processo elettorale. Questo spiega anche gli arresti mirati e le accuse contro membri di movimenti giovanili come NIDA, che lo scorso maggio sono stati condannati a scontare dai 6 agli 8 anni di carcere, proprio pochi giorni prima dell’avvio della presidenza azera del Consiglio d’Europa.

Con una strategia del “no man left behind”, le autorità azere stanno preparando la strada verso una leadership totalitaria nascosta dietro la vuota formula del “fascino europeo dell’Oriente”. In definitiva, nell’arco di tre mesi dal momento in cui l’Azerbaijan ha assunto la guida del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, 14 persone sono finite in carcere, per non citare il numero di attivisti e individui processati prima della presidenza azera. La lista dei prigionieri politici si allunga in Azerbaijan, e finora non ci sono state né risposte né sanzioni da parte dei paesi democratici. Probabilmente il cosiddetto fascino dell’Oriente sta compiendo la sua magia.

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