Turchia: se internet libero è ancora una sfida

A inizio settembre la Turchia, paese che conosce crescenti limitazioni in rete, è stata protagonista del dibattito sulla libertà di internet. Un tema di importanza globale, ma troppo spesso definito esclusivamente da una cerchia ristretta di esperti

19/09/2014, Fazıla Mat - Istanbul

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Internet - Duncan Hull/flickr

La stretta su internet sta diventando sempre più soffocante in Turchia. Lo scorso 10 settembre il parlamento ha approvato – all’interno di una legge omnibus – due articoli che attribuiscono al Direttorato per le telecomunicazioni e le comunicazioni (TİB, un ente governativo) il diritto di limitare siti web che pubblichino contenuti ritenuti rischiosi per la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico, ma non solo.

Lo stesso ente, alla cui guida si trova un ex dirigente dell’intelligence turca, potrà ottenere senza l’autorizzazione del tribunale i dati sul traffico dei navigatori della rete. Ciò significa che il TİB avrà accesso alla cronologia dei siti web visitati dagli internauti, potendo oltretutto conservare i metadata come gli indirizzi di posta elettronica degli utenti. “Informazioni che sono in grado di esporre dei dettagli estremamente personali relativi alle attività online, portandoli ad essere politicamente etichettati”, come afferma l’Human Rights Watch.

Internet (un)Governance Forum

Proprio qualche giorno prima dell’approvazione della legge, si tenevano a Istanbul due importanti appuntamenti internazionali riguardanti la rete. Il primo, l’Internet Governance Forum (IGF), svolto tra il 2 e il 5 settembre, è un evento che si realizza da nove anni sotto l’egida dell’ONU e ha come obiettivo quello di procurare un terreno di incontro tra governi, società private e ONG sulle politiche relative a internet. Ma la scelta della Turchia – dove sono in atto misure restrittive su internet – quale paese ospitante dell’evento, è stata duramente criticata tra i sostenitori della libertà della rete.

Proprio per discutere della censura dei contenuti che circolano su internet, con particolare riferimento al caso della Turchia, dove nei mesi scorsi Youtube e Twitter sono rimasti bloccati per diverse settimane (così come restano attualmente inaccessibili circa 50mila siti), l’Associazione di informatica alternativa, che riunisce attivisti, giuristi e accademici turchi del settore, ha presentato al Governance Forum la proposta di realizzare quattro workshop che sono però stati respinti. La motivazione ufficiale fornita dall’organizzazione del forum è stata la necessità di trattare temi di più ampia portata, che non restino legati al contesto di un unico paese, anche se, a dirla tutta, il tema della censura è stato proprio tra i meno dibattuti del Governance Forum.

L’Associazione di informatica alternativa non ha comunque boicottato il forum ufficiale, cui ha partecipato con uno stand e gli interventi dei suoi relatori a diversi dibattiti, ma ha organizzato il 4-5 settembre un evento parallelo ad esso, chiamato per reazione Internet Ungovernance Forum (IUF), inteso a trattare questioni rimaste escluse dal primo, a partire proprio dalla messa in discussione del concetto di “governance”.

Mentre infatti la società civile che aderisce all’IGF sostiene la struttura “compartecipativa” (governi, società private, ong) del forum, gli altri ritengono che il processo che deriva da una tale struttura, date le evidenti differenze di mezzi economici e di interessi in questione degli attori coinvolti, non può essere realmente paritaria, prospettando un inevitabile risvolto contro gli interessi e le libertà degli internatuti. Da qui la necessità espressa dalla IUF di produrre alternative ai processi dell’IGF su come intendere e gestire internet.

Internet libero: un dibattito aperto

All’IUF – realizzato con poche migliaia di lire turche ma con una nutrita partecipazione di attivisti arrivati da diverse parti del mondo, incluse anche numerose persone aderenti all’IGF – il dibattito si è incentrato essenzialmente su tre temi: il concetto di “governance” – appunto, da rivedere e proseguire negli anni a venire, con l’obiettivo di dare più voce in capitolo alle ONG, rinforzando i legami tra i partecipanti e senza ricadere in strutture gerarchiche; le censure e i controlli messi in atto nella rete dai governi con la collaborazione delle grandi società attive nel settore; le precauzioni e gli accorgimenti da adottare per preservare la privacy contro questi meccanismi mirati a violarla.

Riguardo a quest’ultimo punto sono stati organizzati dei “cripto-party” per discutere i metodi da utilizzare per criptare i computer e le comunicazioni. L’Associazione di informatica alternativa e la Electronic Frontiers Foundation hanno presentato a tal proposito alcuni siti come KemGozlereSis.org.tr e Prism-Break.org, come pure sono stati segnalati https://help.riseup.net/ o https://securityinabox.org/ da altri attivisti.

Anche al Governance Forum sono stati realizzati numerosi laboratori, incontri e dibattiti su vari temi tra cui la cyber-security, sulla possibilità di portare la banda larga ai paesi in via di sviluppo e sulla libertà d’espressione. Tra gli elementi centrali delle discussioni anche il rischio di perdita della “neutralità” della rete, che consentirebbe ai providers di privilegiare la velocità di connessione dei siti web delle aziende (paganti) a scapito di quelli che non pagano, creando una rete meno sicura e meno libera. Un altro motivo di preoccupazione dibattuto al forum è la frammentazione della rete in giurisdizioni nazionali e network, processo che comporta per ciascuno requisiti legali e limitazioni di contenuti differenti.

Ma al centro delle discussioni all’IGF c’erano anche gli organi decisionali di Internet, primo fra tutti la ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), ente privato e non profit gestito dal Dipartimento del commercio statunitense che dal 1998 si occupa dell’assegnazione dei domini e della gestione degli indirizzi IP. Dopo lo scandalo di spionaggio della National Security Authority degli USA rivelato un anno fa dall’ex dipendente della CIA Edward Snowden, che ha messo in luce come Internet sia stato trasformato in un’area di spionaggio globale per il tramite di grandi società come Google, Facebook e Microsoft, la predominanza degli Stati Uniti sull’ICANN è messa in seria discussione, e anche al forum si sono dibattute proposte sul trasferimento della sua gestione alla comunità internazionale.

Laboratorio Turchia

Sebbene la “governance” di internet riguardi circa 3 miliardi di utenti al mondo, la questione viene dibattuta solo da qualche migliaio di esperti. E la mancanza di esiti concreti dopo nove anni di riunioni IGF, fa sì che la funzione di quest’ultima sia sempre più spesso messa in discussione. Il fatto che un forum alternativo, che voglia unire le voci che credono nella libertà della rete, sia nato quest’anno in Turchia dove internet e i social media hanno avuto un ruolo di prima importanza a partire dalle manifestazioni di Gezi dell’anno scorso per arrivare alle accuse di corruzione contro il governo, è significativo. Non a caso le misure di controllo delle autorità turche su internet già in atto con la legge 5651 si sono inasprite proprio dopo questi eventi.

“Centinaia di account Twitter sono stati chiusi, la riforma di legge è stata giustificata con la difesa della privacy, ma ricordiamo che una legge sulla privacy in Turchia non viene formulata da dieci anni”, afferma İlden Dirini dell’Associazione di informatica alternativa. Secondo quanto affermano gli attivisti dell’associazione l’esecutivo turco avrebbe acquistato dalla NetClean e dalla Procera Networks, società che producono “prodotti di intelligence per la rete”, dei programmi che forniscono un servizio di filtro per internet, che serve per la profilazione degli utenti e a bloccarli quando necessario. “Potranno rallentare e controllare i servizi https o i VPN e lo stato potrà etichettare gli utenti che li utilizzano” prosegue Dirini.

Mentre gli attivisti si stanno già mobilitando per consolidare l’esperienza dell’Ungovernance Forum l’anno prossimo in Brasile, in occasione del prossimo IGF, un contributo al dibattito sulla censura in internet è arrivato anche da Julian Assange, che ha partecipato in video conferenza all’Ungovernance Forum dall’Ambasciata dell’Equador, dove si trova rifugiato da due anni.

Il fondatore di Wikilieaks ha ricordato che le pratiche di controllo su internet non sono altro che un serpente che si morde la coda. “Se installate un sistema per ascoltare il vostro popolo gli USA e gli altri paesi la utilizzeranno per ascoltare voi. (…) La tecnologia cambia continuamente a partire dalla Rivoluzione industriale e influenza la nostra vita. La lotta che va fatta oggi è quella di riuscire utilizzare queste tecnologie a favore dell’umanità”.

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