Caucaso del Nord: una guerra latente

Il centro di informazione Caucasian Knot, partner di OBC, diffonde periodicamente un rapporto sulle vittime del conflitto armato in Caucaso del Nord. Nella sola estate scorsa sono stati 77 i morti e 18 i feriti 

05/11/2014, Giovanni Bensi -

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Machačkala - Flick Bolshakov

 

L’estate scorsa, nel Caucaso del Nord, è stata particolarmente inquieta e caratterizzata da numerosi scontri a fuoco fra i silovikì, cioè le forze militari e di polizia russe, da una parte, e gli insorti del movimento armato di "resistenza" clandestina che ha molte componenti, ma tutte riferibili all’estremismo islamico. Non dimentichiamo che il Nord-Caucaso era stato scelto dal capo t[]ista Doku Umarov come il centro dell’Imarat Kavkaz (Emirato del Caucaso), la formazione "virtuale", ma non per questo priva di armi, da lui fondata con fini t[]istici. Secondo il centro di informazione Caucasian Knot , partner di OBC, nell’estate 2014 le vittime del conflitto armato nel Caucaso settentrionale hanno raggiunto la cifra di 95, dei quali 77 morti e 18 feriti. 

La difficile situazione del Daghestan

In Daghestan, la repubblica più inquieta della regione, le forze dell’ordine sostengono di avere sventato una serie di attentati di grande gravità. Lo avrebbero fatto grazie ad un’azione di polizia conclusasi con l’uccisione di un uomo. La responsabilità per questi attentati non portati a termine è stata attribuita al gruppo t[]istico di Kizilyurt . L’azione di polizia è avvenuta nel villaggio di Kirovaul, che si trova nel distretto Kiziljurtovskij, dove sono state organizzate perquisizioni casa per casa, per accertare secondo la polizia eventuali responsabilità connnesse all’“attentato di grandi proporzioni”.

Queste operazioni controtterroistiche hanno gravi ripercussioni sulla vita civile della popolazione daghestana. Le forze dell’ordine sotto il comando del capo della repubbblica del Daghestan, Ramazan Abdulatipov, seguono spesso una linea repressiva verso la popolazione, in violazione dei diritti umani, come denuncia l’associazione russa per i diritti umani Memorial

Il 18 settembre scorso una di queste operazioni antit[]istiche si è svolta nel villaggio di Vremennyj, nel distretto di Untsukul ed ha condotto all’arresto di tre sospetti t[]isti e di fatto all’evacuazione del villaggio stesso: la maggior parte dei suoi abitanti infatti è stata costretta a lasciare le proprie case e a trovare rifugio nel vicino villaggio di Gimry. Da allora non hanno ancora fatto ritorno.

L’appello

Gli abitanti di Vremennyj hanno ora fatto appello ad Abdulatipov affinchè costituisca una commissione per indagare su episodi di violazione di diritti umani avvenuti nella zona che dalle autorità russe è considerata “zona di operazione controt[]istica” (ZOC).

Citiamo dall’appello dei cittadini del villaggio daghestano: "Fra di noi vi sono bambini con disabilità, persone vecchie e malate e donne incinte. I bambini sono t[]izzati e alcuni di loro sono già stati colpiti da balbuzie o incontinenza. Il clima è già freddo e non ci viene permesso di entrare nel villaggio per prendere abiti caldi” .

I firmatari dell’appello al capo della repubblica affermano che gli agenti di polizia non hanno consentito ad attivisti membri di Ong che si occupano della difesa dei diritti umani di incontrare gli abitanti del luogo. Gli autori dell’appello inoltre affermano che i frutteti, importante fonte di sostentamento per i contadini del villaggio, sono stati distrutti durante loperazione antit[]istica.

Infine gli abitanti di Vremennyj hanno denunciato a Caucasian Knot di temere ora rappresaglie per aver denunciato pubblicamente quanto avvenuto nel loro villaggio.

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