Bosnia: la svolta di Bruxelles
Il Consiglio dell’UE ha accolto, nella riunione dei ministri degli Affari Esteri di lunedì 15, la proposta anglo tedesca per ridare impulso al percorso europeo della Bosnia Erzegovina. L’analisi di Osservatorio
Il seguente articolo è il primo di una serie di tre dedicata al percorso di integrazione europea della Bosnia Erzegovina
Un “no progress” report
Il progress report 2014 per la Bosnia Erzegovina1, pubblicato l’8 ottobre scorso dalla Commissione Europea nel quadro delle comunicazioni relative alla strategia di allargamento dell’Unione2, è stato giudicato come “il peggiore mai presentato”3. Le 63 pagine del rapporto contengono un’impietosa analisi dell’impasse del paese balcanico, incapace di proseguire nel percorso di integrazione europea. Tra le ragioni principali dello stallo, la Commissione individua il “complicato processo decisionale” del paese, la “mancanza di una visione condivisa” tra i suoi leader e la “scarsa cooperazione tra i diversi livelli di governo”4. L’Accordo di Associazione e Stabilizzazione (ASA o SAA), firmato da Sarajevo e Bruxelles sei anni fa, non è ancora entrato in vigore per l’inadempienza delle autorità bosniaco-erzegovesi nel dare attuazione alla sentenza “Sejdić-Finci” della Corte per i Diritti Umani di Strasburgo5. La nuova composizione della Commissione Europea, e in particolare la ridefinizione della Direzione Generale Allargamento (trasformata in Direzione Generale per la Politica di Vicinato e Negoziati per l’Allargamento), insieme alla moratoria di 5 anni annunciata dal neo presidente Juncker sui nuovi ingressi nell’Unione, sono stati interpretati come ulteriori segnali di allontanamento tra Sarajevo e Bruxelles.
L’analisi del progress report non è negativa solamente nell’area dei criteri politici. La denuncia della persistente mancanza di istituzioni funzionali, e della lentezza nell’adozione delle normative di livello europeo, si accompagna infatti alla stigmatizzazione del sistema amministrativo (“frammentato”, “impedisce la creazione di un sistema di servizi pubblici efficace”6) e giudiziario (incapace di avviare la lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione “che continua a colpire l’intero settore pubblico e rimane particolarmente acuta nelle aree dei servizi ai cittadini e nell’accesso all’impiego”7). La prospettiva, infine, è negativa anche in ambito economico, laddove si sottolinea che la Bosnia Erzegovina8 “ha fatto scarsi progressi verso la creazione di una funzionale economia di mercato”9.
L’iniziativa anglo-tedesca
Alla luce delle rilevazioni contenute in questo rapporto, e di una generale situazione socio-economica definita come “fragile”10, aggravata dalle inondazioni che hanno colpito il paese nei mesi di maggio e agosto11, l’Unione ha ripreso l’iniziativa nell’autunno discutendo la situazione della Bosnia Erzegovina nel Consiglio Europeo riunito a livello dei ministri degli Affari Esteri il 17 e 18 novembre scorsi a Bruxelles12. In quell’occasione l’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Federica Mogherini, ha aperto la strada alla possibilità di “inaugurare un processo su di una nuova base, senza toccare le condizionalità del processo di allargamento”13. Il riferimento era diretto all’iniziativa dei ministri degli Esteri di Germania e Regno Unito che, nei giorni precedenti, avevano inviato una lettera allo stesso Alto Rappresentante e al Commissario per la Politica di Vicinato e Negoziati per l’Allargamento, Johannes Hahn, sostenendo la necessità di adottare un nuovo approccio nei confronti della Bosnia Erzegovina14. I contenuti dell’iniziativa anglo-tedesca erano stati specificati nel corso di un incontro svoltosi all’Istituto Aspen di Berlino il 5 novembre, nel corso del quale era emerso un deciso orientamento da parte di Germania e Regno Unito a sostituire l’enfasi sin qui espressa da Bruxelles per ottenere riforme sul piano politico (attuazione della Sejdić-Finci) a favore di un approccio più pragmatico e focalizzato sull’economia.
In particolare, come espresso in quell’occasione dal ministro degli Esteri britannico Philip Hammond, “la questione dei diritti delle minoranze e della creazione di un meccanismo di coordinamento sono sempre importanti e rappresentano una pre-condizione per l’ingresso nell’UE. Ci sono però anche altre priorità: stabilizzare e stimolare l’economia; creare posti di lavoro, specie per i giovani; rafforzare lo stato di diritto; ridurre la burocrazia e i costi dell’amministrazione15”. In cambio di un impegno da parte dei leader bosniaci a dare il via ad una serie di “riforme istituzionali” e ad accordarsi “per una generale agenda di riforme in grado di far avanzare la Bosnia Erzegovina nel percorso europeo16”, Bruxelles dovrebbe impegnarsi a dare attuazione all’Accordo di Associazione e Stabilizzazione e progressivamente a rimuovere ogni ostacolo alla candidatura europea del paese.
Il Commissario Hahn, intervenendo allo European Policy Centre il 3 dicembre17, ha confermato che “la Bosnia Erzegovina è sempre più al centro dell’attenzione dell’Unione Europea”, e che le idee discusse al Consiglio Europeo del 17 novembre per sbloccare il percorso europeo del paese includevano le proposte di Germania e Regno Unito18.
Sarajevo
Venerdì 5 dicembre, il Commissario Hahn e l’Alto Rappresentante Mogherini si sono recati a Sarajevo per una serie di incontri con rappresentanti istituzionali, politici e della società civile. Al termine della giornata di colloqui, Federica Mogherini ha chiarito l’appoggio, e in quali termini, dell’Unione alla proposta anglo-tedesca: “Da parte nostra non c’è intenzione di cambiare o abbassare la soglia delle condizionalità – questo non è in agenda – ma possiamo considerare un cambiamento o miglioramento della sequenza [delle cose da fare] per assicurarci che ci siano risultati concreti in termini di riforme, partendo dalle riforme economiche e sociali per arrivare a quelle che riguardano la funzionalità dello Stato19.”
La proposta anglo-tedesca che, nelle parole degli estensori, rappresenta un approccio “pragmatico e flessibile”20 alla questione bosniaca, si conferma quindi come l’elemento di novità più significativo nei rapporti tra l’UE e il paese balcanico. Si tratta di un’iniziativa che riporta la Bosnia Erzegovina al centro dell’attenzione della diplomazia europea, e che dimostra una solidarietà di prospettiva tra i diversi partner dell’Unione nei confronti di Sarajevo. Anni di ostruzionismo da parte dei politici bosniaci hanno prodotto un generale senso di frustrazione tra i negoziatori europei, che da tempo manifestano un simile orientamento verso un approccio più concreto, che metta al centro l’economia e in secondo piano le questioni politiche, passibili di facili strumentalizzazioni da parte dei politici locali21.
Il Consiglio dei ministri degli Affari Esteri dell’UE ha infine dato il proprio imprimatur all’iniziativa durante l’incontro del 15 dicembre scorso a Bruxelles. Nelle Conclusioni del Consiglio sulla Bosnia Erzegovina22 si manifesta infatti l’assenso nei confronti di “un rinnovato approccio dell’Unione nei confronti del percorso europeo della BiH, nel corso del quale tutte le condizioni, compresa l’implementazione della Sejdić-Finci, dovranno essere rispettate23”. Il Consiglio invita l’Alto Rappresentante Mogherini e il Commissario Hahn a “ottenere al più presto l’impegno scritto irrevocabile della leadership bosniaco erzegovese ad intraprendere le riforme nel quadro del percorso di integrazione europeo24”, in un testo che “conterrà anche l’impegno a elaborare in consultazione con l’UE un’iniziale agenda per le riforme, in linea con l’acquis25”. Una volta che l’impegno scritto verrà approvato dalla presidenza della BiH, dai leader politici e dal Parlamento, il Consiglio delibererà sull’entrata in vigore dell’Accordo di Associazione e Stabilizzazione26.
Il riassunto della decisione del Consiglio è stato raccolto in un tweet dal politico svedese Carl Bildt che, poco dopo la pubblicazione delle Conclusioni, ha twittato: “L’UE ha ufficialmente rimosso il blocco Sejdić-Finci dal percorso europeo della Bosnia. Focus sulle riforme politiche e sociali27.”
Bastoni e carote
Il limite del nuovo approccio di Bruxelles al mosaico bosniaco, tuttavia, come rilevato anche da un recente studio del Democratization Policy Council (DPC), è che nell’iniziativa anglo-tedesca “si vede la carota, ma non il bastone28”. Secondo i ricercatori del DPC, infatti, non saremmo in presenza di un cambio di strategia da parte delle istituzioni europee nei confronti della Bosnia Erzegovina, ma semplicemente della prosecuzione della stessa, “solo in maniera più debole e con meno cartellini rossi”. Inoltre, “la speranza di ottenere progressi in altre aree nel rimandare l’attuazione della Sejdić-Finci – secondo il DPC – è fondamentalmente sbagliata, e andrebbe abbandonata29”.
Il dibattito non è nuovo, e riguarda il primato della politica su ogni altra questione (economia, amministrazione, stato di diritto, ecc.) nella soluzione della crisi bosniaca. Diversi autori sostengono che, fino a quando il paese non avrà un nuovo assetto costituzionale, che garantisca il rispetto dei diritti di tutti i suoi cittadini indipendentemente dalla loro etnia, non sarà possibile riportare la Bosnia Erzegovina su di uno stabile percorso di integrazione europea. Fino a quando i problemi lasciati in eredità dai negoziatori di Dayton non saranno affrontati, in altre parole, armonizzando la Costituzione del 1995 con la Convenzione Europea per i Diritti Umani e più in generale riformando lo Stato secondo criteri di maggiore funzionalità, ogni progresso è impossibile. Su questa linea ad esempio il professor Adam Fagan, della Queen’s Mary University che, intervenendo recentemente a margine di un seminario sull’integrazione europea a Sarajevo30, ha dichiarato che “i problemi della Bosnia sono fondamentalmente politici. Certo, bisogna affrontare il problema della disoccupazione, della mancanza di crescita […] ma nessun livello di crescita economica potrà risolvere il problema di élite corrotte e non sottoposte al controllo degli elettori, trincerate all’interno delle istituzioni politiche e statali31”.
Analogamente anche Francisco de Borja Lasheras in un recente intervento pubblicato dallo European Council for Foreign Relations32, nel quale si argomenta contro l’ipotesi di ridefinire le priorità stabilite per il percorso europeo della Bosnia. Secondo de Borja Lasheras, “l’esperienza dimostra che in regimi illiberali, cleptocratici, le riforme economiche non portano a riforme politiche”, e non è realistico attendersi che “gli stessi leader che traggono beneficio dal sistema bosniaco definiscano un’agenda di riforme che porrebbe fine a questo sistema (e ai suoi vantaggi), facendo dei compromessi per il bene comune33”.
Secondo un’altra scuola di pensiero, invece, qualsiasi tentativo di affrontare direttamente le questioni politiche, e in particolare di riformare Dayton, è destinato al fallimento e a rinfocolare le divisioni nel paese. Le questioni politiche dovrebbero essere quindi mantenute sullo sfondo, mentre gli sforzi di riforma andrebbero diretti alla soluzione dei problemi più urgenti, in particolare al risanamento della disastrosa situazione economica. Questo, in definitiva, è l’indirizzo che sempre di più si sta affermando, soprattutto in casa europea. L’ultimo serio tentativo di riforma costituzionale sostenuto direttamente da USA e UE, infatti, è avvenuto nell’ottobre 2009 con i cosiddetti colloqui di Butmir, che non hanno prodotto alcun risultato. Da allora, ogni opzione relativa ad un possibile nuovo round negoziale, ad una possibile Dayton 2, è stata di fatto tolta dal tavolo34.
Le recenti aperture annunciate dall’UE a seguito dell’iniziativa anglo-tedesca, e il prevedibile accantonamento nel breve e medio periodo della soluzione della Sejdić-Finci, sembrano dunque ufficializzare un orientamento già consolidato. Allo stesso tempo, però, il beneficio del disimpegno viene ora esteso in qualche modo anche ai politici locali, ai quali viene promessa la carota dell’implementazione dell’ASA senza in cambio definire (almeno fino ad ora) contropartite concrete, al di fuori della firma di un indeterminato pacchetto di ‘sostanziali riforme’.
(1 – continua)
1Bosnia and Herzegovina Progress Report , European Commission, October 2014.
Brussels, 8.10.2014 SWD (2014) 305 final.
2V. l’Enlargement Package 2014 .
3V. ad es. il dibattito ospitato dalla Delegazione dell’UE in Bosnia Erzegovina , o il commento pubblicato dall’Ambasciatore dei Paesi Bassi, Jurriaan Kraak , il 20 ottobre 2014.
4Bosnia and Herzegovina Progress Report, European Commission, October 2014, pag. 7.
5La sentenza, del dicembre 2009, ha stabilito che alcune norme della Costituzione della Bosnia Erzegovina sono in contrasto con la Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo e le Libertà Fondamentali, di cui la Bosnia è paese firmatario. In particolare, secondo quanto stabilito dai giudici di Strasburgo, la capacità giuridica di essere eletti alla Presidenza collettiva e alla Camera dei Popoli (elettorato passivo) non può essere limitata a bosgnacchi, croati e serbi, ma deve essere aperta a tutti i cittadini della Bosnia Erzegovina senza discriminazioni su base etnica. L’attuazione della sentenza richiede una modifica della Costituzione e della legge elettorale del paese.
6Bosnia and Herzegovina Progress Report, European Commission, October 2014, pag. 2.
7Ibidem.
8In seguito anche “Bosnia” o “BiH”.
9Ibidem, pag. 3.
10Ibidem, pag.1.
11Secondo il Bosnia and Herzegovina Recovery Needs Assessment della Commissione Europea, relativo al solo periodo 14 – 19 maggio, “l’impatto economico totale del disastro è stimato a 3,98 miliardi di marchi convertibili [circa 2 miliardi di euro] […] Le alluvioni hanno causato l’equivalente di circa il 15% del PIL del 2014 in Bosnia Erzegovina in termini di danni […] Come risultato, ci si attende una contrazione dell’economia del paese dello 0,7% nel 2014. Le inondazioni graveranno inoltre ulteriormente sulle finanze pubbliche, elevando il deficit di bilancio dal 2 al 4,5% del PIL per il 2014”, Bosnia and Herzegovina Recovery Needs Assessment , pag. 2.
12Council of the European Union, Foreign Affairs, Brussels, 17 and 18 November 2014, Press Release , pag. 15.
13Ibidem.
14Leggi il testo integrale della lettera .
15Il testo integrale dell’intervento con il quale il ministro Hammond illustra l’iniziativa anglo-tedesca è disponibile sul portale del governo britannico .
16Il riferimento è al “Compact for Growth and Jobs”, un’agenda presentata dalla Delegazione dell’UE in BiH nel maggio di quest’anno per stimolare la ripresa economica del paese.
17Il commissario Hahn è intervenuto nel seminario “Bosnia-Herzegovina after the protests and elections – How to break the vicious circle?” (v. il programma ).
18Johannes Hahn, European Policy Centre, Bruxelles, 3 dicembre 2014. V. il testo integrale dell’intervento .
19V. la trascrizione integrale della conferenza stampa dell’Alto Rappresentante Mogherini e del Commissario Hahn sul portale della Delegazione dell’Unione Europea in Bosnia Erzegovina.
20https://www.gov.uk/government/speeches/bosnia-herzegovina-a-new-strategic-approach.
21V. anche il nostro recente colloquio con Renzo Daviddi, Vice capo della Delegazione Europea a Sarajevo, in La Bosnia Erzegovina, un paese ricco , di Andrea Oskari Rossini, OBC, 6 ottobre 2014: “Il problema principale della Bosnia Erzegovina è che la sua leadership politica non ha dimostrato negli ultimi 4 anni, ma in generale dopo la firma dell’Accordo di Associazione e Stabilizzazione del 2008, di essere seriamente intenzionata a far progredire questo paese verso l’UE. Tutta una serie di impegni assunti sulla carta non sono stati rispettati. Questo atteggiamento certamente ha provocato un senso di irritazione nella precedente leadership politica europea”.
22V. http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/EN/foraff/146259.pdf
23Ibidem, pag. 1
24Ibidem
25Ibidem
26Ibidem, pag.2
27v. https://twitter.com/carlbildt/status/544770727975870464?s=03
28Retreat for Progress in BiH? – The German-British Initiative , by Kurt Bassuener/ Valery Perry/ Toby Vogel/ Bodo Weber, DPC policy paper, Sarajevo, Berlin, Brussels, Nov 2014, pag.7.
29Ibidem, pag.8.
30Seminario: “EU Integration and Minority Protection in the Western Balkans: mapping the way ahead”.
31Interview: Europe is the Only Hope for Bosnia , di Nidžara Ahmetašević, «BIRN», Sarajevo, 19.11.2014.
32Can Steinmeier and Hammond reset Bosnia? , di Francisco de Borja Lasheras, ECFR, 4 dicembre 2014.
33Ibidem.
34Cfr. ad esempio le dichiarazioni fatte l’anno dopo Butmir dalla responsabile dell’Unità per la Bosnia Erzegovina della Direzione Allargamento della Commissione Europea, Paola Pampaloni: “Da parte dell’Unione Europea non c’è alcuna intenzione di ripetere il processo di Butmir. Quei colloqui hanno prodotto un testo che rimane sul tavolo dei politici locali, un testo di Costituzione, che secondo noi e secondo gli americani poteva essere un ottimo compromesso per tutte le forze politiche. La nostra richiesta è quella di continuare il dialogo anche – ma non necessariamente – partendo da questo testo. Ma si tratta di un dialogo che a questo punto deve avere i connotati di un processo domestico, svolto attraverso le istituzioni locali. Noi continuiamo a dare i nostri consigli e a sostenere il processo dall’esterno, ma il ruolo è lasciato alle autorità locali.”, in Un’Europa più forte a Sarajevo , «Osservatorio Balcani e Caucaso», 20 aprile 2011.