Šarić: il libro che ha scandalizzato la Serbia
Stevan Dojčinović è caporedattore del Centro per il giornalismo investigativo in Serbia (CINS) e autore del libro Šarić, dove vengono messe in luce le sconvolgenti connessioni politiche di Darko Šarić, uno dei baroni europei della cocaina
(Pubblicato originariamente da Le Courrier des Balkans il 15 dicembre 2014)
Il vostro libro Šarić è stato oggetto di un’intensa campagna denigratoria su alcuni media serbi…
E’ così. L’ultimo esempio è dei primi giorni di dicembre. Il quotidiano montenegrino d’opposizione Vijesti ha pubblicato alcuni passaggi della mia inchiesta sulle nebulose relazioni d’affari tra la Prva Banka, istituto bancario sotto il controllo della famiglia del primo ministro del Montenegro Milo Đukanović, il controverso uomo d’affari Stanko «Cane» Subotić e il narcotrafficante Darko Šarić. Anche l’agenzia stampa Tanjug ne ha ripreso alcuni estratti.
All’indomani della pubblicazione la reazione delle autorità serbe non si è fatta attendere: l’agenzia Tanjug è stata costretta a pubblicare una lettera di scuse ai media per aver pubblicato notizie “false”.
Ora, tutto quanto è scritto nella mia inchiesta è provato nero su bianco, nei documenti che ho annesso all’inchiesta, in particolare una perizia della società di revisioni PricewaterhouseCoopers in cui si constatano le varie malversazioni finanziarie in seno alla Prva Banka.
Si tratta quindi di un esempio ulteriore della censura che viene applicata sempre più apertamente ai media in Serbia. Se si toccano gli affari sporchi di Milo Đukanović, ci si scontra con l’omertà o si subisce una campagna denigratoria. Paradossalmente invece in Montenegro vi è ancora una vera stampa d’opposizione con il quotidiano Vijesti e il settimanale Monitor.
I tabloid serbi hanno condotto una campagna intensa non solo contro di voi ma anche contro i poliziotti che hanno indagato sulle reti criminali di Darko Šarić.
Il responsabile della sezione criminale UKP, Radoljub Milović e il procuratore aggiunto del distretto di Belgrado, Saša Ivanić, sono stati entrambi vittime di una purga seguita a false accuse di corruzione lanciate da Darko Šarić. Immaginatevi la scena: un barone della droga che dal banco degli accusati, sotto gli occhi di tutti i media, fa destituire due poliziotti… mai visto!
Si può vedere dietro a queste campagne mediatiche la mano di Vladimir «Beba» Popović, responsabile della comunicazione di Milo Đukanović ma anche del primo ministro serbo Aleksandar Vučić? Questa campagna ne ricorda un’altra, abietta, condotta contro Vanja Ćalović, direttrice dell’Ong montenegrina MANS…
E’ difficile provare qualsiasi cosa contro Vladimir «Beba» Popović. Alcune foto di Vanja Ćalović nuda su una spiaggia in Montenegro sono state inizialmente pubblicate da E-Novine, un portale d’informazione finanziato da Stanko Subotić. Il tabloid Informer è poi ritornato alla carica pubblicando il frame di un video di zoopornografia che l’avrebbe mostrata mentre aveva un rapporto sessuale con un cane. Nei fatti è stata arruolata a questo scopo un’attrice che le assomigliava. Il frame è stato inviato ai media con un link che permetteva di scaricare il video, nel quale si poteva rintracciare l’indirizzo mail di Vladimir «Beba» Popović. E’ il solo caso di bufala mediatica dove l’intervento di questo spin doctor è stata provata.
Vladimir «Beba» Popović è ritenuto molto vicino a Stanko Subotić… Che rapporti hanno?
In un lungo articolo pubblicato a fine ottobre E-Novine mi ha accusato di aver scritto il mio libro sotto dettatura da parte di Milorad «Miki» Rakić, in passato a capo dell’Ufficio di coordinamento dei servizi segreti ed ex capo di gabinetto di presidenza di Boris Tadić e di Dragan Dudić, uomo d’affari vicino a Darko Šarić. Un’informazione impossibile da confermare o smentire, perché entrambi sono morti.
Milorad Rakić, ha giocato un ruolo chiave nell’operazione “Balkan Warrior” in cui sono state sequestrate tre tonnellate di cocaina su una barca al largo delle coste uruguaiane nel 2009, è deceduto nel maggio scorso. Per quanto riguarda Dragan Dudić, è stato ucciso nel 2010 a Kotor, in Montenegro. Come dice un vecchio adagio della mafia: “I morti non parlano”… Sempre secondo E-Novine, Rodoljub Milović avrebbe inoltre indirizzato le mie investigazioni a vantaggio del Partito democratico (DS) di Boris Tadić. Da sottolineare che l’articolo di E-Novine è stato poi ripreso integralmente dal tabloid serbo Afera.
Chi dirige il giornale?
Afera è un quotidiano a buon prezzo. Costa solo 50 dinari. Ma è stampato a colori, su carta di buona qualità e senza alcuna pubblicità… Il suo redattore capo, Gradiša Katić, è l’ex portavoce del clan di Zemun. E’ stato anche proprietario di un altro tabloid, Identiteit, chiuso nel 2003 dopo l’assassinio del Primo ministro Zoran Đinđić. Nel quadro dell’operazione “Sciabola” Gradiša Katić si è ritrovato in prigione e poi, dopo il rilascio, ha lanciato altri giornali dallo stesso taglio, come Kontra.
Tutti questi media, Informer, E-Novine, Afera o la televisione Pink, sono a disposizione del governo e non hanno altro scopo se non proteggere l’immagine di Milo Đukanović, Aleksandar Vučić e di Stanko Subotić.
Non è un segreto che il primo ministro serbo Vučić controlli attualmente la quasi-totalità dei media in Serbia…
Aleksandar Vučić si è lanciato in una campagna permanente. Prendete ad esempio la vicenda che ha visto coinvolto Dragoslav Kosmajac. Quest’ultimo è l’antico fornitore di cocaina al clan di Zemun e di Surčin, ritiratosi dagli affari da una ventina d’anni. E’ stato arrestato, agli inizi di novembre, nel suo domicilio a Belgrado.
La polizia lo ha fotografato in camera sua mentre stava mettendosi un paio di pantaloni. Sul letto c’era il mio libro, ed il che mi è valso una pubblicità inattesa… Aleksandar Vučić l’ha presentato come il “più grande trafficante di droga di tutti i tempi”. Ha costruito una leggenda di un barone ancora più importante di Darko Šarić, che alla fine ha capitolato per evasione fiscale “come Al Capone”, mentre si trattava chiaramente di uno che aveva lasciato il giro da tempo.
Come se fosse un caso, il suo arresto è avvenuto tre giorni prima del ritorno di Vojislav Šešelj in Serbia. Un colpo mediatico che ha permesso al primo ministro momentaneamente di distogliere l’attenzione del pubblico. E stiamo ancora aspettando la formalizzazione delle accuse nei confronti di Kosmajac.
E’ il metodo Vučić: molti arresti, poche condanne, annunci carichi di aspettative ma nessun risultato…. Si guardi ad esempio all’oligarca Miroslav Mišković, arrestato in modo spettacolare nel dicembre del 2012 o a centinaia di arresti di personalità politiche appartenenti ai DS. Dopo qualche mese di prigione, sono stati tutti rilasciati. Il primo ministro Vučić punta sulla propensione a dimenticare degli elettori.
Cosa pensate dell’attentato contro l’oligarca Milan Beko?
Anche in questo caso, questo accadimento difficile da spiegare è avvenuto proprio all’indomani del ritorno di Vojislav Šešelj a Belgrado. Occorre sapere che Milan Beko abita in un quartiere molto chic dove hanno sede numerose ambasciate. La sua via è piena di telecamere di sorveglianza, ovunque poliziotti a montare la guardia. Malgrado tutto, un misterioso attentatore ha avuto il tempo di fumarsi, nel suo nascondiglio, venti sigarette.
All’inizio i media l’hanno presentato come un principiante. Poi, abbiamo saputo che si trattava di un uomo “dal bell’aspetto”…. Infine, che era una donna. Si sarebbe trovato il suo Dna su un proiettile che avrebbe tenuto in mano e sul quale avrebbe lasciato del rossetto. Sia quel che sia, lei o lui è sparito nel nulla. Incompetenza della polizia o messinscena? In ogni caso, una storia rocambolesca.
Avete indagato sulle reti di Darko Šarić. Quest’ultimo si è consegnato alle autorità serbe due giorni dopo la vittoria di Aleksandar Vučić alle legislative anticipate del marzo scorso. Come avete reagito alla notizia?
Il timing è stato troppo bello! Aleksandar Vučić aveva annunciato l’arresto prima della sua elezione ed ha dimostrato di essere lui a condurre il gioco. Certo, si è trattato di una messa in scena. Sappiamo solo che durante la campagna elettorale Darko Šarić stava negoziando un eventuale status di testimone sotto protezione. Ad un certo punto ha interrotto le negoziazioni e si è messo in contatto con il Partito progressista serbo (SNS) di Aleksandar Vučić. Durante il processo a suo carico ha affermato pubblicamente che si rifiutava di testimoniare contro “il Montenegro”, fuori parentesi contro Milo Đukanović.
Detto questo noi ancora non sappiamo dove si trovava Darko Šarić prima della resa. Quando vi è stato il sequestro di cocaina durante l’operazione «Balkan Warrior», era a Ginevra, presso il suo amico Stanko Subotić. L’ultima volta che sarebbe stato visto prima di apparire ammanettato all’aeroporto di Belgrado è stato a Parigi. Ogni volta che si sentiva in pericolo andava a Parigi. Secondo un’informazione pubblicata dal quotidiano Blic, sarebbe stato in possesso di un passaporto francese con il quale sarebbe andato anche a Barcellona, Bogotà e New York. Il passaporto sarebbe stato emesso col suo nome ma data e luogo di nascita sarebbero falsi. Come l’ha ottenuto? E’ una pista da seguire….