Slow Food Turchia. Al mercato dei colori

A Foça, sulla costa egea della Turchia, c’è un mercato dove si incontrano magicamente colori, odori e sapori. E tra i tesori esposti sulle bancarelle, c’è anche la "tarhana", distillato dell’abbondanza generosa dell’estate

05/01/2015, Francesco Martino - Foça

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Mercato della terra di Foca - Ivo Danchev

Bianco. Mattoncini profumati del sapone fatto in casa; sacchetti panciuti da cui traboccano fagioli smaltati, cavolfiori turgidi e polposi, pinoli che sprigionano odore di resina e di mare. Rosso. Alti vasi che traboccano di sensuale pasta di peperoni; rape succose dalle sfumature terrognole, melograni dai grani serrati. Arancione. Zucche di polpa densa; vasetti di confettura d’arancio brillanti come caleidoscopi. Giallo. Ambra del miele di lavanda, olio d’oliva denso come oro, aspra freschezza di limoni. Ma soprattutto Verde: un’intera sinfonia vegetale della primavera mediterranea, raccolta con sapere e dedizione: dall’acre acetosa (kuzukulagi) alla ruvida cardogna (sevketi bostan), passando per il tarassaco, le fave e l’umile bietola selvatica (deli pazi).

Colori, dentro colori, dentro colori. Il “Mercato della Terra” di Foça (Turchia), l’antica Focea greca, apre i suoi petali nella frescura del mattino, riempiendo a poco a poco la piazzetta quadrata, lastricata di selciato bruno. Con gesti misurati, i banconi vengono riempiti e sistemati. Si fanno gli ultimi ritocchi, compaiono fiori e palloncini, qualcuno sorseggia lentamente un tè. I clienti arriveranno, per ora non c’è fretta. Ad un passo, oltre le basse case di pietra scolpita e infissi color pastello, brillano i riflessi argentati dell’Egeo, reso mansueto dalla profonda insenatura che protegge il porto.

“Quando abbiamo cominciato, due anni fa, c’erano non più di due bancarelle o tre, sistemate in una piazzetta periferica. Col tempo il “Mercato della Terra” di Foca è cresciuto. Ed è cambiato”. Gul Girismen, racconta della sua evoluzione mentre le sue mani affastellano con cura vasetti di confettura di limone e mela cotogna. Trasferitasi a Foça per sfuggire ai ritmi di Istanbul, megalopoli che non conosce riposo, è stata Gul ad accendere la scintilla che nel 2012 ha portato alla creazione del mercato.

“L’idea è semplice: dare una possibilità ai piccoli produttori di vendere in modo diretto, senza intermediari”. In breve, il mercato è diventato un’occasione unica per ricreare il rapporto di conoscenza e fiducia tra chi produce e chi vuole consumare “localmente e stagionalmente”, come recita il motto del mercato. E ora, compiuto il suo secondo compleanno, aspira a diventare aggregatore di nuove dinamiche economiche culturali ed educative, con un progetto di conservazione e coltivazione di semenze autoctone lanciato insieme ad alcune scuole elementari e al locale istituto penitenziario.

Forse non è un caso che il mercato della terra abbia attecchito con tanto successo proprio a Foça, patria primigenia del commercio. Nell’antichità, racconta Erodoto, furono proprio gli abitanti di questa antichissima colonia greca i primi a sfidare il Mediterraneo in cerca di affari ed avventure, che li portarono fino a Marsiglia e alla lontana Spagna.

Il viaggio di chi partecipa al Mercato della Terra è forse meno epico, ma a suo modo non meno avventuroso. Come quello che ogni domenica, tenacemente, porta Gulseren Sen dal villaggio di Helvaci alla piazzetta di pietra del mercato. Venti chilometri da fare prima a piedi e poi in autobus, partendo alle prime ore dell’alba e rientrando al tramonto, carica all’inverosimile di prodotti ed armata solo della sua energia contagiosa.

Tra i piccoli tesori che Gulseren porta con se a Foca, uno è quello di cui va più fiera: la sua “tarhana”. Difficile raccontarla a chi non l’ha mai vista: la tarhana è un vero distillato dell’abbondanza generosa dell’estate, essiccato e riposto per i mesi freddi. In quella di Gulseren si fondono farina di frumento, latte e yoghurt di pecora, pomodori e cipolle, menta piperita e prezzemolo: il tutto ridotto ad un impasto che si mescola per giorni, prima di essere asciugato al sole e sbriciolato in un granulato irregolare e rossastro.

“La tarhana è un piatto veloce, ma saporito. Basta scioglierla in acqua, o in un brodo di pollo, ed aggiungerla alla salca (una salsa densa di peperoni e pomodori). Si gira a fuoco lento, ed è pronta in un baleno”, sorride sorniona Gulseren. In realtà la tarhana è un inno alla diversità: non solo in Turchia preparazione e consumo cambiano di regione in regione, di villaggio in villaggio, ma ogni famiglia la prepara in modo diverso e irripetibile, conservando ricette tramandate per generazioni.

Gulseren, però, sembra fermamente convinta che non esista al mondo tarhana migliore della sua. “Vieni al mercato di Foca, prendi la mia tarhana e mangiala a colazione ‘all’egea’, con olive e sottaceti”, dice facendo rimbalzare la sua voce allegra sul selciato della piazza. “Puoi girare l’intera Turchia: non ne troverai una uguale”.

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