Serbia: i fumetti e il nazismo
Durante la Seconda guerra mondiale alcuni illustratori serbi collaborarono con l’occupante tedesco. Un aspetto poco conosciuto della macchina di propaganda nazista
(Pubblicato originariamente da Vreme, l’8 gennaio 2015. Selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e OBC)
Nell’aprile del 1941, immediatamente dopo l’invasione della Serbia da parte delle forze dell’Asse, il comando tedesco fondò il Dipartimento di propaganda per il sud est Europa (Propagand Abteilung Sudost), un organismo direttamente subordinato al ministero dell’Educazione del popolo e della Propaganda del Reich (Reichsministerium für Volksaufklärung und Propaganda).
Nel mese d’agosto dello stesso anno, il nuovo governo di salvezza nazionale, diretto dal generale Milan Nedić istituì il Dipartimento governativo della propaganda, in stretta collaborazione con il Propagand Abteilung Sudost .
La propaganda nazista è riuscita a mettere rapidamente radici sul suolo serbo, malgrado l’instabilità che regnava in quel momento nell’intera regione. La resistenza all’occupazione si sviluppò infatti molto in fretta e i resistenti divennero vittime di feroci rappresaglie. Per la popolazione civile, si trattava soprattutto di sopravvivere, nonostante la durezza della situazione e l’orrore della scoperta dei campi di concentramento. L’occupante aveva molte ragioni per tentare di convincere i refrattari al nuovo regime e lo fece attraverso una propaganda sistematica.
In mostra a Trieste
Fino al 31 gennaio, la Risiera di San Sabba a Trieste ospita la mostra “Attenzione stanno arrivando… La mostra dei manifesti antimassonici, Belgrado 1941-42”, a cura del Comune di Trieste e dell’Associazione culturale “Cizerouno”. 17 dei 20 manifesti originali sono visibili in Risiera, e provengono dalla collezione di Mirko Ilić. Eccone alcuni in una nostra galleria.
La Propagand Abteilung Sudost doveva scegliere i temi della propaganda tedesca, immaginare gli strumenti attraverso i quali attuarla e scegliere i luoghi per le affissioni (uffici amministrativi, cinema, negozi, mercati…). Un’organizzazione divisa in più sezioni: la pianificazione, la propaganda attiva, la stampa, la fotografia, la radio, il cinema. Sorvegliava inoltre l’edizione, in particolare, di periodici illustrati e quotidiani.
La forza dei disegni
Uno degli strumenti preferiti da tutti i regimi repressivi è la caricatura. Una caricatura di qualità è una delle forme migliori di satira e permette di portare lo sguardo e ragionare su questioni rilevanti nella società. Una cattiva caricatura, d’altro canto, può essere un formidabile strumento di manipolazione al servizio dell’odio, del razzismo e dell’oscenità.
Negli anni ’30 e ’40 il regime nazista diffuse un gran numero di caricature tramite la stampa, le affissioni, i cartoni animati. La loro realizzazione spesso vedeva coinvolti artisti ed illustratori di spessore, eredi di una ricca tradizione che si rifaceva al XIX secolo e che non era legata alla propaganda, al nazionalismo e all’antisemitismo poi glorificati dai nazisti.
Meno conosciuti sono invece (inquietante?) gli illustratori che – sotto il patronato tedesco e le indicazioni di autori serbi – presero parte a questa propaganda producendo illustrazioni e fumetti che trattavano a volte temi locali (Tito, Draža Mihailović, gli abitanti intenti ad ascoltare Radio Londra di nascosto…) e temi classici del repertorio nazista (antisemitismo, denuncia di anglo-americani e sovietici, la vittoria finale dell’esercito tedesco).
Secondo Kosta Nikolić, che ha pubblicato un libro sui manifesti tedeschi di guerra in Serbia (Nemački ratni plakat u Srbiji 1941–1944), gli illustratori serbi lavoravano – almeno per quando riguardava la realizzazione di manifesti – sotto le direttive dei tedeschi.
E’ interessante sottolineare come alcuni di questi manifesti, e alcune della pagine poi andate in stampa, sono state articolate in forma di fumetti. In questo lavoro sono stati impiegati disegnatori di fumetti belgradesi, sia alcuni che si erano già affermati nel periodo precedente alla guerra – periodo nel quale si è sviluppata una scena artistica legata ai fumetti di tutto rispetto ed al livello di molti paesi sviluppati – sia alcuni giovani autori.
L’utilizzo ripetuto dei fumetti è particolare per l’epoca dato che questo mezzo espressivo era poco presente durante il Terzo Reich in quanto considerato “troppo americano”.
Annuncio
Nel settembre 1941 sul quotidiano “Novo Vreme” venne pubblicato un invito che chiedeva a illustratori e disegnatori di inviare i propri lavori alla redazione di "Dom i svet". Presto sui giornali d’occupazione si iniziarono a pubblicare fumetti, la maggior parte dei quali aveva contenuti leggeri, forse perché qualcuno nell’amministrazione tedesca riteneva che era ancora necessario fornire ai lettori uno sfogo, un passatempo e questo veniva fornito dai fumetti.
Dal quotidiano serbo Vreme
Una selezione fatta dal quotidiano serbo Vreme di manifesti e fumetti affissi e pubblicati a Belgrado durante l’occupazione tedesca nella Seconda guerra mondiale. Visita la galleria fotografica
Gli autori di questi fumetti – tra i quali Đorđe Lobačev, Slobodan Bogojević, Vladimir Žedrinski, Milorad Dobrić, Dragan Savić, Radomir Perica e molti altri – riuscirono quindi a pubblicare anche in questi tempi difficili. Tra questi anche Bruno Mascarelli, che in qualche modo riuscì a nascondere le sue origini ebraiche (da parte di padre) e che pubblicò le storie sul suo eroe Janaćak – un tipo confuso che cercò di sfangarla durante l’occupazione. La striscia è uscita all’interno del giornale (satirico) "Bodljikavo prase" (Il porcospino).
Al servizio
Ciononostante tra gli illustratori vi sono stati quelli che hanno messo a servizio dell’occupante nazista il loro lavoro o che esplicitamente hanno fatto propria la propaganda nazista.
Il più coinvolto nella collaborazione con gli occupanti fu senza dubbio Konstantin Kuznjecov, uno dei più grandi rappresentanti della scena del fumetto a Belgrado dell’epoca. Come molti altri emigranti russi arrivati a Belgrado dopo la Rivoluzione d’Ottobre, Kuznjecov provava un profondo odio nei confronti dei comunisti, che in Russia gli avevano ucciso il padre. Le sue opere, di cui non si può negare la qualità del tratto, sono rimaste esempio emblematico della propaganda sotto l’occupazione. Nel 1944 Kuznjecov lasciò Belgrado assieme alle truppe tedesche, rimase un po’ di tempo in un campo rifugiati in Germania dove disegnò fumetti, questa volta su temi anti-nazisti sotto il patronato americano, e alla fine emigrò negli Stati uniti.
Dopo la liberazione divenne chiaro che il nuovo potere non sarebbe stato morbido con gli artisti che avevano collaborato con gli occupanti e nemmeno con coloro i quali avevano continuato a pubblicare i loro lavori anche durante la guerra. Alcuni di questi autori emigrarono ma vi fu un buon numero tra loro che continuò a pubblicare sulle riviste del dopoguerra, entrando così a far parte della nuova società.
Nel periodo convulso che seguì alla liberazione, alcuni vennero puniti in modo estremamente violento, spesso senza alcun processo. È il caso di Veljko Kockar, fucilato a 24 anni, e che aveva pubblicato sulle riviste durante l’occupazione, anche se nessuno dei suoi disegni poteva essere additato come di propaganda. Il tragico destino di Veljko Kockar sarà il filo conduttore di un lungometraggio che dovrebbe debuttare quest’anno e che mescola immagini d’epoca, fiction e animazione.