Kosovo: lungo le strade dell’esodo

Ogni giorno centinaia di kosovari fuggono dal loro paese e entrano illegalmente nell’Ue attraversando la frontiera tra Serbia e Ungheria. Un tragico esodo che sembra essersi accentuato nello scorso dicembre

06/02/2015, Lavdim Hamidi, Alban Selimi -

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Il lago di Palić (Dávid Sterbik/flickr)

(Pubblicato originariamente da Zeri il 5 febbraio 2015, selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e Osservatorio Balcani e Caucaso)

Non si direbbe che ha solo 16 anni, il suo viso ne dimostra di più. Ardian è originario di Batllava, presso Podujevo, ha in spalla uno zaino nero con tutte le sue cose e i vestiti che gli serviranno per il viaggio. La temperatura è sotto zero ma è difficile capire se le sue guance sono rosse per il freddo o per la tristezza del dover abbandonare i suoi genitori malati, per andare, attraversando la Serbia, in Ungheria.

Non sa ancora quale sarà la sua destinazione finale ma sa semplicemente che non vuole rimanere in Kosovo. Ardian non domanda niente più che una vita migliore per sé e per la propria famiglia. Il suo paese – che tra due settimane festeggerà il settimo anniversario dalla dichiarazione di indipendenza – non è in grado di garantirgliela.

“Ho paura per i miei genitori. Sono entrambi ammalati e senza lavoro. Non abbiamo redditi. Oggi siamo tutti tristi, loro e anch’io”, racconta il ragazzo, accigliato e con la fronte corrugata, come tutte le volte che ricorda la vita a casa sua a Batllava, sui bordi dell’omonimo lago.

Parte con due compagni di viaggio originari di Gnjilane/Gjilan, cognati di sua sorella. “Cercheremo di trovare una soluzione. Siamo in tre, sarà comunque difficile”, spiega Ardian. “L’importante è arrivare stasera in Serbia. Se ci arriviamo, siamo alle porte dell’Europa”, aggiunge uno dei suoi compagni, 24 anni. I tre sono coscienti della multa di 7500 euro annunciata dalle autorità per chi si rende colpevole di emigrazione illegale in Europa. “Multe? Ce ne freghiamo. Possono anche arrestarci ma almeno in prigione abbiamo qualcosa da mangiare”, scherza Ardian.

Un uomo magro dai capelli neri spiega sussurrando come presentarsi a Belgrado. “Vi aspetteranno. Vi spiegheranno come continuare… e concordate il prezzo”. L’autobus Erhan Trans parte. Ci si separa e si piange. Le famiglie con bambini hanno priorità sui posti in autobus. “Non c’è nulla qui, siamo obbligati a partire, senza lavoro da anni… Occorre trovare una soluzione”, spiega un’anziana mentre suo figlio tira fuori un fazzoletto dalla tasca.

Stazioni degli autobus

Alla stazione degli autobus di Gnjilane/Gjilan, i viaggiatori con destinazione Preševo e Bujanovac, in Serbia, si moltiplicano. Tanto quanto le offerte di passaggi in taxi verso la vallata di Preševo. Dietro alla stazione si negozia per un passaggio sino a Subotica. I tassisti chiedono 300 euro a persona, 1000 euro se si è in quattro. Altri prendono invece il taxi o l’autobus per Preševo/Presheva e Bujanovac, e da lì continuano il viaggio verso la Serbia centrale e poi per l’Ungheria.

Ogni giorno, alle 9 di sera, la stazione degli autobus di Bujanovac si riempie di kosovari. L’autobus per Belgrado e Subotica parte alle 10 e 15. Gli autobus della Niš Express sono strapieni. Donne e bambini seduti, uomini in piedi, per almeno 600 chilometri. Alla stazione di Bujanovac una signora bionda parla contemporaneamente con due cellulari. E’ una “privilegiata”, ha contatti con gli uffici della stazione degli autobus. Si dice abbia dei “ganci” sia qui che a Subotica. Parla bene il serbo, ignora gli altri kosovari e si siede a fianco del conducente. Il viaggio sino a Subotica costa 28 euro.

Poco prima della partenza fa capolino una pattuglia di polizia serba. Sale sull’autobus per un controllo dei documenti. Tutti i passeggeri mostrano la loro “carta bianca”, che prova che sono kosovari e che hanno diritto a rimanere una settimana in Serbia.

Controllati uno ad uno dai poliziotti, i passeggeri simulano di andare a trovare dei parenti. Un anziano, originario di un villaggio del sud della Serbia, Ternoc, spiega che alcuni sono entrati in Serbia illegalmente, dai villaggi di frontiera di Breznica e Dobrosin, ma sono riusciti ad ottenere la “carta bianca” dalla polizia dopo aver pagato 50 euro ad alcuni intermediari. A Bujanovac gli hotel sono pieni, ma tutti restano una sola notte. Lo scopo è quello di arrivare il prima possibile in Vojvodina e al confine con l’Ungheria.

Dopo 10 ore di viaggio e qualche fermata alle autostazioni, eccoci a Subotica. E’ qui che inizia il vero dramma.

Palić

I gruppi di trafficanti del Kosovo, della Vallata di Preševo e della Serbia si sono dati appuntamento a Palić, all’ingresso di Subotica. Secondo la gente del posto, fanno i loro affari senza alcun disturbo da parte della polizia, che rimane indifferente perché i kosovari continuano la loro strada verso l’Europa e non si fermano in Serbia.

“Non so se è rimasto qualcuno in Kosovo oltre ai politici. Sembrano essere venuti tutti a Palić. A causa della miseria non hanno senz’altro alternative”, scherza amaro un cittadino di Palić, della minoranza ungherese.

Questi trafficanti “multietnici” utilizzano pensioni lungo le rive del lago di Palić. E’ la che i kosovari dormono per una notte, prima di passare all’alba, a piedi, la frontiera tra Serbia e Ungheria. Case che hanno un nome Verona, Nikolas, Lira. Le prime due erano strapiene. L’ultima aveva ancora due camere libere.

All’ingresso di Villa Lira gli “organizzatori” chiedono innanzitutto se si vuole soggiornare una notte e poi preparano il passaggio della frontiera. Le camere sono sporche, le condizioni di igiene minime. La notte costa 15 euro. Si sentono solo le voci dei bambini, perché agli adulti è stato detto di non fare rumore.

Dietro la pensione sono parcheggiate alcune auto con targhe locali, due immatricolate in altre zone della Serbia ed una Mercedes nera con targa kosovara, che apparterrebbe al padrino del traffico.

Nella serata i passeur incontrano i loro clienti al ristorante della pensione e spiegano loro la strategia per il passaggio della frontiera, da fare prima che sorga il sole. Ciascuno deve pagare 250 euro in anticipo, per passare sul versante ungherese. La via dura meno di un’ora. Stasera presso la pensione albergano più di 90 persone ma per passare la frontiera verranno divisi in gruppi di 20-30 persone.

I passeur sono convinti che non ci saranno problemi con la polizia serba, di cui però i kosovari hanno paura. Sanno però che se sono scoperti dalla polizia ungherese, saranno piazzati in detenzione provvisoria per un massimo di 72 ore con un’ingiunzione a lasciare immediatamente l’Ungheria o di presentarsi presso un centro per i richiedenti asilo.

“Se la polizia ungherese vi scopre, cosa che non credo avvenga, perché conosciamo bene la strada, possono solo tenervi dentro per 72 ore e poi vi rilasceranno. Dovete allora salire subito sul treno per Vienna piuttosto che presentarvi ad un centro per richiedenti asilo. Ma siete voi che dovete decidere” spiega uno dei passeur.

Nel 2014 vi sarebbero state 35.000 domande d’asilo in Ungheria. Di queste 12.500 nel solo mese di dicembre, delle quali metà fatte da kosovari. A causa di questo numero in crescita esponenziale di richiedenti asilo il governo kosovaro ha deciso di creare una task force di alto livello per controllare questi “spostamenti illegali di cittadini del Kosovo”. Secondo i responsabili governativi “la crescita dell’immigrazione illegale deve interrompersi perché rischia di mettere in pericolo l’importante processo di liberalizzazione dei visti”.

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