Balcani | |
Snoopy polka
"Snoopy polka. Noir balcanico", è il romanzo d’esordio della poetessa e scrittrice fiumana Laura Marchig. Un’opera che, con un’ironia al limite del sarcasmo, racconta il lato oscuro del nazionalismo che ha smembrato l’ex Jugoslavia
In evidente conflitto d’interesse (sono, con Elisa Amadori, il direttore della collana nella quale esce il libro) voglio parlare di “Snoopy Polka”, pubblicato da Oltre Edizioni che, fin dalla copertina, si qualifica come “noir balcanico”, romanzo di esordio di Laura Marchig, conosciuta essenzialmente come poetessa, appartenente alla minoranza italiana in Croazia, ma anche per essere stata per dieci anni direttrice del Dramma Italiano, lo stabile teatrale sempre della minoranza italiana, con all’attivo tanti successi, tra i quali, nel 2013, il più importante premio teatrale croato (Nagrada hrvatskog glumišta) con Kafka project di Karinna Holla. Ma appare anche chiaro che se il romanzo non fosse stato di valore non lo avremmo mai pubblicato, non ci avremmo mai "messo la faccia", come si dice.
Scoppiettante fin dal primo capitolo quando una donna – stanca della retorica e dell’ipocrisia nazionalista che aveva attraversato il suo Paese balcanico, mai nominato, e che aveva portato al sacrificio tanti giovani mentre altri s’ingrassavano dietro il traffico delle armi e spolpando il popolo – imbraccia un kalashnikov e comincia lei a sparare.
Ma sono spari metafisici, surreali, perché i proiettili hanno la consistenza del furore della donna che non ne può più, per colpire sagome astratte che però spargono sangue, tanto sangue, che colora il cielo di rosso e investe gli abitanti di quel Paese di pesanti gocce rosse ciascuna delle quali rappresenta i migliaia e migliaia di morti che la guerra interetnica nella ex Jugoslavia ha tragicamente procurato.
“La pioggia di sangue iniziò subito dopo. Goccia a goccia piombava sulle cose, sulle persone, sulla polvere dei vetri infranti del bar, con dei toc pastosi, dei suoni gravi come una minaccia che l’acqua nella sua fluidità non avrebbe mai provocato. Nessuno ebbe il tempo o la voglia di correre dentro al bar per vedere quello che era successo, tutti si misero a guardare verso il cielo, parandosi il volto con le mani. La pioggia di sangue cominciò a scrosciare sempre più fitta, più fitta, divenne un nubifragio che non cessava e non dava tregua. La meraviglia si trasformò in panico e la gente si mise a correre per cercare di ripararsi da quello strano fenomeno.”
Da qui, da questa gente in fuga, prende avvio il romanzo in uno snocciolarsi di vite e intrecci, ritratti e situazioni le più varie e politicamente scorrette – e che forse disturberanno qualcuno – la cui cifra narrativa dominante, che rende tutto il romanzo divertente, non di rado irridente, è l’ironia con tratti molto pertinenti di sarcasmo. Un mondo di gente frustrata, ipocrita, violenta, omologata alle idee più trite di un patriottismo nutrito di odio per l’altro, di razzismo, di omofobia, di rinnegamenti, mentre pare di sentire in sottofondo la musica balcanica di quella che è chiamata Snoopy Polka.
Le sue note, per volontà di un bambino, s’innalzano nel primo capitolo, accompagnando idealmente la storia, anzi le storie, senza trascurare quelle con la S maiuscola, dalla ex Jugoslavia alla Croazia di oggi, che Laura Marchig ci racconta. “Papà suona! Supplica con quella sua vocina di acquoso cristallo e papà non può non accontentarlo, è troppo grande la gioia che promette di disperdere quel suo corpicino pronto a scatenarsi come un pesciolino nella rete. La madre annuisce, la nonna solleva le braccia e si mette a battere ritmicamente le mani e a scandire ‘Snoopy polka, Snoopy polka’ con un tono che è quello di chi incita un pugile che sta per salire sul ring.”
La costruzione del libro, i cui personaggi si rincorrono a capitoli alternati, rivela, anche attraverso i dialoghi, una sapienza narrativa, figlia di tante letture, che sorprende se pensiamo che si tratta della prima opera narrativa dell’autrice, anche se sappiamo essere bravissima, se non straordinaria poetessa. Abile nel tendere il filo della trama, questa si snoda attraverso dettagli minimi che hanno la sapienza del ragno nel costruire la sua tela in cui ad essere avviluppato sarà naturalmente il lettore. Il risultato è un romanzo tanto composito, quanto compatto, che ritrova nell’ultimo capitolo la sua unità, il suo magistrale punto di sutura.