Croazia, ritorna la leva obbligatoria?
Per un paese che fa parte della Nato e che da 7 anni ha un esercito di professionisti, sembra una boutade. Invece è l’idea, già espressa in campagna elettorale, dalla neo presidente Kolinda Grabar Kitarović, nonché ex assistente del Segretario generale della Nato
La Croazia dopo sette anni potrebbe di nuovo introdurre il servizio di leva militare obbligatorio. Un’intenzione che la presidente Kolinda Grabar Kitarović aveva espresso già durante la campagna elettorale delle presidenziali dello scorso anno, e che ha ribadito in occasione della recente commemorazione dei sei anni di presenza croata tra i membri della Nato.
In Croazia la leva obbligatoria è stata tolta nel 2008, al tempo del governo dell’HDZ, partito da cui proviene l’attuale presidente. Il paese all’epoca stava per entrare nella Nato e l’eliminazione della leva obbligatoria e la creazione di un esercito di professionisti veniva spiegato con l’accoglimento di standard vigenti, in tema di difesa, nella maggior parte dei paesi membri dell’Alleanza atlantica.
Benché vi sia stato un ampio dibattito sui rischi che l’abolizione poneva alla sicurezza nazionale della Croazia, hanno prevalso due argomenti. In primo luogo che un esercito di professionisti è più economico e più efficace, in secondo luogo che con l’adesione alla Nato il paese otteneva un robusto ombrello di protezione, perché nel caso fosse attaccata, vi era la garanzia della protezione da parte dell’intera Alleanza.
Sempre più giovani hanno scelto il servizio civile
L’eliminazione del servizio militare obbligatorio in Croazia, tuttavia, è legato anche ad un altro motivo – per fortuna mai percepito come un problema – ma decisamente obiettivo: sempre più giovani, che dovevano essere reclutati nell’esercito, facevano richiesta di obiezione di coscienza e decidevano di svolgere il servizio civile. Contribuivano più volentieri a servizi dal valore sociale ed umanitario piuttosto che dedicarsi all’addestramento militare nelle caserme.
L’ultimo anno in cui era in vigore la leva obbligatoria, il 2007, furono chiamati al reclutamento 25mila giovani: rispose solo il 10 percento. Tutti gli altri fecero richiesta di obiezione di coscienza, il che dimostrò chiaramente quale fosse la posizione dei giovani riguardo al servizio militare.
Tuttavia nella campagna elettorale dell’anno scorso per le presidenziali i due candidati con maggiori prospettive – l’ex presidente Ivo Josipović e l’attuale presidente e candidata dell’HDZ Kolinda Grabar Kitarović – si sono divisi non appena il confronto pubblico ha toccato la possibile reintroduzione del servizio di leva obbligatorio. Josipović ha rigettato l’idea considerando l’attuale stato delle cose, in cui la difesa è affidata ad un esercito di professionisti e alla NATO, sufficiente per garantire la sicurezza del paese.
Kolinda Grabar Kitarović, che fino ad allora aveva ricoperto la funzione di assistente del segretario generale della Nato, quindi persona con piena conoscenza del funzionamento dell’alleanza militare più forte del mondo, aveva espresso una posizione contraria: alla Croazia a suo avviso serviva la leva militare obbligatoria: sarebbe stata più breve, tre mesi di esercitazioni, in cui i giovani avrebbero imparato le manovre di base per utilizzare le armi. Tutto ciò, a detta della futura presidentessa, non sarebbe entrato in collisione con l’esistenza di un esercito di professionisti.
Tenendo conto del fatto che questa affermazione è venuta da una persona che in campagna elettorale vi è entrata direttamente dalla Nato (Kolinda Grabar Kitarović al tempo della campagna elettorale aveva congelato la sua funzione di assistente del segretario generale della NATO, e ha dato le dimissioni sono dopo aver vinto le elezioni) alcuni in Croazia hanno ritenuto non solo che sia stata riattualizzata con competenza ma addirittura su consiglio dell’organizzazione da cui proveniva la presidente Grabar Kitarović.
C’è inoltre stato anche chi, nel periodo delle grandi alluvioni dello scorso anno nell’est del paese, ha affermato che anche la risposta ai disastri naturali implica la necessità di un numero maggiore di soldati in grado di offrire aiuto alle popolazioni colpite. Una tesi che ritorna anche oggi.
Le motivazioni economiche
L’idea dell’attuale presidente tuttavia non ha incontrato ovazioni. In particolare tra l’attuale compagine di governo, gli esperti, ma anche e soprattutto i diretti interessati: i giovani. L’argomento chiave di chi rigetta l’idea che il paese debba pagare i giovani di leva è di carattere economico. Conti grezzi dimostrano che il paese spenderebbe annualmente non meno di mezzo miliardo di kune (circa 65 milioni di euro). Questo denaro ovviamente manca, e dal ministero della Difesa avvertono che già da anni ricevono sempre meno fondi e che se si aggiungesse l’importo previsto per la leva obbligatoria, anche se di soli pochi mesi, non sarebbero in grado di fronteggiarlo.
In soli cinque anni, dal 2000 al 2005, la spesa per la difesa della Croazia è stata ridotta dal 3.13 all’1,78 percento del PIL, praticamente è stata dimezzata. Non è cresciuta nemmeno nell’ultimo decennio, è quindi chiaro che nell’attuale situazione economica la Croazia non può nemmeno pensare all’introduzione della leva obbligatoria.
Di tutto ciò è consapevole anche l’attuale presidente della Repubblica, motivo per cui ha recentemente ribadito che si tratta “di un’idea la cui realizzazione necessita del raggiungimento di molte condizioni”.
"Ne discuteremo in futuro. Per poter introdurre il servizio militare dobbiamo crearne le condizioni. Dobbiamo prima di tutto adottare alcune valutazioni strategiche e documenti, come la Strategia per la sicurezza nazionale da cui origina il piano sullo sviluppo di lungo termine delle forze armate e il piano della difesa“, ha precisato la Grabar Kitarović.
A questa dichiarazione della presidente ha subito risposto anche l’ex ministro della Difesa Pavao Miljevac il quale ha suggerito di avviare un referendum sulla questione relativa alla reintroduzione del servizio di leva obbligatorio, offrendo così la possibilità ai cittadini di esprimersi in merito. Nella lunga lista di idee varie per cui si chiede di indire un referendum potrebbe rientrare quindi anche questa. Ma visto l’orientamento della maggioranza dell’opinione pubblica è difficile credere che ciò realmente avvenga.