La Grecia del ‘no’ orfana di Varoufakis
Dopo il "no" della Grecia nel referendum sull’austerità, arrivano le dimissioni del ministro delle Finanze Yanis Varoufakis. Una personalità forte, che divide, narcisista e complessa
Il voto netto di una piazza per legittimare le trattative future. Una perdita secca nella squadra di governo (si dice subìta, più che decisa). E la consapevolezza che un nuovo inizio è possibile per la crisi del secolo. In pochi giorni Alexis Tsipras e la Grecia hanno attraversato una di quelle mareggiate che lascia sul campo rottami e uomini in mare.
Neanche il tempo di festeggiare il risultato del referendum, con il “no” alle misure di Bruxelles che supera il 60%, che ecco la prima conseguenza piombare nel “Megaro Maximos” ateniese, sede del governo: il passo indietro dell’estroso Yanis Varoufakis, quell’allievo di James Galbright che ha fatto discutere (e quanto) nei primi duecento giorni di governo, dimessosi e sostituito dal capo negoziatore Euclid Tsakalotos, più diplomatico e gradito dai creditori internazionali.
Una figura che non passa inosservata
A gennaio Varoufakis fu il deputato più votato delle elezioni greche, con 130mila preferenze ed estese personalmente il programma di Syriza in quanto considerato uno dei fedelissimi di Tsipras. Le sue prime parole furono “fiscal waterboarding”, con riferimento all’austerità imposta alla Grecia da Bruxelles e Berlino da lui paragonata alle tecniche di tortura della Cia. Teorie che pubblicò in una serie di volumi come "Dare un senso al mondo post-2008", con Joseph Halevi e Nicholas Theocarakis (2011), "Teoria dei giochi" con Shaun Hargreaves-Heap (2004), "Il Minotauro globale: l’America, le vere cause della crisi finanziaria e il futuro del mondo dell’economia" (2011), e il pamphlet "Una modesta proposta per uscire dalla crisi dell’euro", scritto a quattro mani con James Galbraith, figlio di John (guru economico del presidente Kennedy) in cui si scaglia contro l’austerity.
I rumors, nonostante dietro ogni mossa economica di Tsipras ci fosse il suo zampino, danno come “naturale” questa sostituzione. Era nell’aria il cambio alle finanze, da quando due mesi fa il premier decise di affiancargli due vice: il vicepremier Iannis Dragasakis e appunto Tsakalotos, volto economico di Syriza e dai modi più temperati. Il dilemma al quale si è assistito in questi mesi è stato proprio sul profilo di Varoufakis: genio o spregiudicato pokerista?
I tanti volti di Varoufakis
Paul Krugman, professore di Economia e di Relazioni Internazionali all’Università di Princeton e Nobel per l’economia nel 2008, dalle colonne del New York Times non ha mai nascosto la sua antipatia per gli integralisti dell’austerità. Ha parlato addirittura di "vergogna per l’Europa l’aver voluto avviare una campagna di intimidazione dei Greci", t[]izzando i cittadini con la chiusura delle banche e seminando il caos. "I tecnocrati egoisti europei – ha osservato – sono come i dottori del Medioevo che hanno insistito per lasciare i loro pazienti sanguinare, causando più emorragie". E di fatto sposando la teoria tanto cara a Varoufakis secondo cui, in un Paese azzoppato da debiti e crisi, insistere su un ulteriore regime di austerità equivale a spremere l’economia più velocemente di quanto si riduca il debito. Per cui la vittoria del "no" al referendum in tutto il Paese, secondo Krugman, offre “almeno una possibilità di fuga da questa trappola”.
Chi non ha gradito le posizioni di Varoufakis sin dall’inizio del suo mandato è l’economista italiano Giacomo Vaciago, ex sindaco di Piacenza, secondo cui fino ad oggi – ha detto recentemente in un’intervista televisiva – si è avuto “un ‘abuso’ di informazioni "su cosa pensano Tsipras e Varoufakis, che hanno molte idee ma le cambiano nell’arco della giornata, magari come gli aperitivi con le olive e il formaggio".
Secondo Vaciago, Tsipras e Varoufakis da cinque mesi hanno fatto i "protagonisti sulla scena internazionale e fanno trattative sul palcoscenico del mondo divulgando documenti segreti o colloqui privati con altri leader: cose mai viste".
Giudizi polarizzati
Diplomazia goffa, buone maniere invisibili, rispetto delle regole piuttosto difficile: è il dipinto dell’ormai ex ministro fatto da Claudio Seidl sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, che mette l’accento, come fatto da gennaio ad oggi, sugli svarioni caratteriali di Varoufakis. "Il governo greco invece di pagare finalmente i propri debiti, – verga graffiante – è impersonificato da Alexis Tsipras e Yanis Varoufakis, i due peggiori cattivi politici di tutto il continente. Maniere miserabili, una discutibile morale, un modo di esprimersi a cui sono costretti politici europei che oggi non tollerano più l’insolenza di greci".
A stemperare le critiche contro l’economista dal doppio passaporto greco e australiano, ci pensa ancora Krugman secondo cui ad oggi la strada praticabile “potrebbe essere quella di ripristinare l’accesso al credito per le banche greche" un credito "bloccato dalla BCE alla vigilia del referendum, decisione che ha contribuito al panico ed alla decisione del governo di chiudere le banche e imporre il controllo sui capitali". "In quel modo però", aggiunge Krugman, "la BCE ammetterebbe che il congelamento era solo un atto politico. Allo stesso tempo, senza ripristinare le linee di credito, costringerebbero la Grecia a introdurre una nuova moneta”. Il ragionamento di Krugman, quindi, procede in parallelo con la strada indicata da Varoufakis.
Due mesi fa anche Joseph Stiglitz, economista e saggista statunitense, Nobel per l’economia nel 2001, in occasione della conferenza dell’Institute of Economic Thinking a Parigi, aveva appoggiato le tesi di Varoufakis, intervistandolo pubblicamente ed esprimendo la sua personale ammirazione, al pari degli italiani Giuseppe Guarino e Antonio Maria Rinaldi.
Ma la palma dei giudizi negativi va di diritto all’Eurogruppo dello scorso 24 aprile. A Riga infatti fu tacciato di essere "un perditempo, un giocatore d’azzardo, un dilettante", decretando la rottura completa tra le parti. In quell’occasione anziché una svolta nelle trattative tra la Grecia e i creditori, si ampliò il solco. E l’Eurogruppo definì il suo comportamento "irresponsabile e dilettantesco".
L’impressione che si ricava dell’ex ministro è quella di una personalità che divide, narcisista e complessa. Non ci sono mezze misure, se si chiede un giro un giudizio su di lui: amore o odio, anche tra i suoi colleghi di partito che, da domani, non lo vedranno più arrivare al Consiglio dei Ministri in sella alla sua moto e senza scorta. E non è detto che sia un bene.