Srebrenica: i diritti dei sopravvissuti

L’editoriale del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, a pochi giorni dal ventennale di Srebrenica. Le esigenze delle vittime del genocidio devono trovare risposte

08/07/2015, Nils Muižnieks - Strasburgo

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Srebrenica (Béatrice BDM/flickr)

Questo articolo è pubblicato contemporaneamente anche sul sarajevese Oslobodjenje e su OpenDemocracy

Il genocidio di Srebrenica è uno degli episodi più vili della storia contemporanea d’Europa. Nel giro di pochi giorni nel luglio del 1995, circa 8.300 ragazzi e uomini sono stati giustiziati, mentre 30.000 donne, bambini e anziani sono stati sfollati con la forza. Vent’anni dopo, le vittime del genocidio sono ancora perseguitate dai fallimenti dei politici che ne ignorano le esigenze.

Alcuni progressi sono stati compiuti nello stabilire le responsabilità e nel processare criminali di guerra. Il lavoro del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia è stato decisivo in questo senso, nonostante forti resistenze iniziali. Questo processo deve continuare, perché ottenere giustizia costituisce un elemento cruciale per fare i conti con il passato. Tuttavia, mentre commemoriamo le vittime del genocidio di Srebrenica, non dobbiamo dimenticare le altre esigenze.

Quando sono andato a Srebrenica due anni fa per una commemorazione delle vittime del genocidio, ho potuto osservare la chiara mancanza di pieno accesso ai diritti sociali ed economici da parte dei sopravvissuti e dei parenti delle vittime del genocidio, nonché la mancanza del necessario riconoscimento indispensabile per cominciare a ricostruire le loro vite. Tale situazione le aveva rese più vulnerabili e aveva approfondito il loro senso d’insicurezza e disperazione. Purtroppo, poco è migliorato d’allora, con una situazione di stallo che non ha fatto altro che prolungare e acuire la sofferenza delle vittime. Ancor peggio: il discorso politico in Serbia e nella Republika Srpska, che svilisce o nega palesemente il genocidio di Srebrenica rigira il coltello nella piaga e ostacola il processo di riconciliazione tanto necessario in Bosnia Erzegovina e nei Balcani in generale.

Questa situazione inaccettabile oltraggia i diritti umani e la dignità delle vittime e dev’essere cambiata. I leader politici in Bosnia Erzegovina e in Serbia dovrebbero abbracciare la causa delle vittime una volta per tutte e fare maggiori progressi. Vi sono in particolare tre aree in cui la Bosnia Erzegovina e la Serbia devono migliorare la loro risposta alle esigenze delle vittime.

Prima di tutto, si deve continuare a cercare d’ottenere giustizia. Sappiamo tutti che ci vuole tempo per identificare, processare e punire i criminali di guerra. Tuttavia, ciò non può essere usato come pretesto per sottrarsi all’obbligo di stabilire le responsabilità e affrontare il passato. Esistono buoni esempi e devono essere utilizzati come catalizzatori di nuovi passi in avanti. Lo scorso marzo, per esempio, la polizia serba ha arrestato otto uomini sospettati di essere coinvolti nell’uccisione di oltre 1.000 musulmani alla periferia di Srebrenica. Ciò è avvenuto a seguito di una cooperazione tra i pubblici ministeri bosniaci e serbi, il cui lavoro rappresenta uno dei pochi spiragli di speranza per le vittime, e come tale deve essere sostenuto e protetto da interferenze politiche.

In secondo luogo, le vittime devono essere aiutate. La Bosnia Erzegovina deve fornire alle vittime civili del genocidio di Srebrenica adeguata protezione sociale, eliminando le disparità di trattamento tra le vittime di guerra civili e militari. Una migliore assistenza legale deve essere anche fornita, in modo da garantire che le vittime possano far valere i propri diritti e ottenere rimedi e risarcimenti.

Per alleviare la sofferenza prolungata delle famiglie delle vittime, è inoltre fondamentale accelerare l’identificazione di tutte le vittime del genocidio e chiarire la sorte dei dispersi. Molte fosse comuni contenenti i cadaveri di persone giustiziate a Srebrenica non sono ancora state esumate, in parte perché si trovano in zone costellate da mine. Ci deve essere un maggiore impegno per risolvere questi problemi. La Serbia, in particolare, dovrebbe aprire i suoi archivi militari e di polizia per fornire le informazioni necessarie a individuare le fosse comuni, e dovrebbe svolgere un ruolo più positivo nel facilitare gli sforzi di sminamento e nel sostenere le attività per individuare e identificare i resti dei corpi delle persone giustiziate a Srebrenica e dintorni.

Infine, il sistema educativo deve essere più inclusivo. Le scuole monoetniche e il sistema di "due scuole sotto un tetto" che caratterizzano l’educazione bosniaca costituiscono un approccio anacronistico che serve solo a perpetrare le divisioni etniche che sono alla radice delle tensioni attuali e passate e che affievoliscono profondamente le speranze di riconciliazione e pace. Il sistema educativo deve promuovere una conoscenza imparziale della storia, al fine di facilitare la comprensione, la tolleranza e la fiducia tra le persone, specialmente tra le giovani generazioni. A tal fine, i libri scolastici in Serbia e Bosnia Erzegovina devono includere una testimonianza oggettiva del genocidio di Srebrenica, scevra da connotazioni politiche o etniche. Tale insegnamento imparziale della storia fornisce un potente antidoto contro tensioni future e rappresenta un elemento fondamentale di qualsiasi società coesa.

Il genocidio di Srebrenica è diventato un simbolo delle gravi violazioni dei diritti umani che si sono verificate durante le guerre che dissolsero l’ex Jugoslavia negli anni ’90. Purtroppo, il progresso nell’affrontare l’eredità del genocidio è andato troppo a rilento, ostacolato da tensioni politiche. La Bosnia Erzegovina e la Serbia devono superare questa politicizzazione del genocidio, fare un passo indietro e riorientare le loro energie sulle esigenze delle vittime d’ottenere giustizia, condizioni di vita dignitose, e riconoscimento.

*Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa

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