Sofia: sulle tracce del regime comunista
La blogger di viaggio Giulia Blocal visita Sofia, città che afferma avere un suo speciale Balkan twist. Anche nella riscoperta del suo passato comunista
La Bulgaria fu una repubblica socialista tra il 1946 e il 1990, ufficialmente denominata Repubblica Popolare di Bulgaria e governata dal Partito Comunista Bulgaro. Nel ruolo di primo ministro si succedettero Georgi Dimitrov (fino al 1950) e Todor Zhivkov. Ho trovato che il passato socialista della Bulgaria potesse essere un “fil-rouge” perfetto per immergersi nell’architettura, nell’arte e nei monumenti di Sofia, dal centro storico fino al Museo d’Arte Socialista e alle numerose aree di periferia costruite secondo i criteri dell’architettura socialista, che puntavano a dare una sistemazione alla moltitudine di persone che era arrivata dalle campagne per lavorare nelle nuove fabbriche volute dal Partito.
Il tour della Sofia comunista
Come ben sapete, solitamente, quando viaggio, non seguo le visite guidate. Questa volta, però, siccome mi è stato detto da tutti che le visite organizzate da “365: Free Sofia Tour” sono istruttive e piacevoli, ho deciso di dare loro una chance. Così, mi sono ritrovata a partecipare al “tour comunista”, che dura 3 ore e mezzo, copre quasi tutto il centro città e 45 anni della storia della Bulgaria.
Durante la visita della città abbiamo avuto modo di affrontare vari aspetti del regime comunista in Bulgaria. Di fronte alla chiesetta di San Nicholas Mirlikiysky (una cappella di famiglia risalente al XIII secolo situata in via Kaloyan) ci è stato spiegato che, diversamente da quanto pensassi, durante il comunismo la religione non era proibita: le persone potevano andare in chiesa normalmente, anche se ciò non escludeva che potessero avere dei problemi con i servizi segreti, in seguito.
I servizi segreti avevano come compiti quello di creare un’immagine adeguata della Bulgaria per i media stranieri e quello di filtrare la trasmissione delle informazioni all’interno dello stato; erano un gruppo potente e cospicuo di spie che lavoravano come occhi del partito. Bastava uno scherzo per essere sospettato, venire interrogato dietro a una piccola porta in un vicolo nascosto (ulitsa Malko Tarnovo) e, infine, picchiato a morte o spedito in un campo di lavoro. Il quartier generale della polizia segreta era collegato a una rete di tunnel e bunker sotterranei la cui mappa è ancora oggi top-secret, nonostante si dica che alcuni di questi tunnel siano stati riconvertiti e facciano parte della metropolitana di Sofia (ho trovato un video di un gruppo di coraggiosi esploratori urbani che si addentrano in questi tunnel).
Nella piazza dedicata al principe Alexander di Battenberg siamo stati invitati a immaginare il Mausoleo di Georgi Dimitrov, costruito nel 1949 nel tempo record di 6 giorni per ospitare la salma del leader comunista, e distrutto poi nel 1999, poiché ritenuto il simbolo del passato repressivo della Bulgaria. In questa piazza, inoltre, si tenevano le celebrazioni nazionali e passavano le parate militari. Il vicino Krystal Park ha dato l’occasione per parlare dell’opposizione al regime: è il luogo in cui ci fu la prima protesta democratica nel 1989, una dimostrazione nata come corteo per l’ambiente e presto diventata la manifestazione politica che viene considerata la scintilla che innescò il processo culminato nella deposizione di Zhivkov e portò, l’anno successivo, alla fine del regime comunista.
Sorprendentemente, alcuni edifici sono stati il pretesto per delle considerazioni di alcuni aspetti positivi del periodo comunista in Bulgaria: l’istruzione gratuita, ad esempio, abbassò il livello di analfabetismo dell’80%, e l’importanza data allo sport portò ad avere una generazione di atleti formidabili i cui record, in alcuni casi, sono tutt’ora imbattuti.
Abbiamo visto anche due dei monumenti più strani di Sofia, in cui mi ero imbattuta il giorno prima e mi avevano lasciata perplessa. Il primo celebra i “1300 anni di Bulgaria” (a detta dell’opinione pubblica, il monumento più brutto in tutto il paese) che rappresenta passato, presente e futuro della nazione. Il secondo è il Monumento all’Armata Sovietica, creato come segno di riconoscenza all’Armata Rossa per l’aiuto dato alla Bulgaria durante la Seconda guerra mondiale. Sulla sua sommità, insieme a un operaio e a un soldato, avanza una donna lavoratrice: nel periodo comunista, infatti, per la prima volta le donne bulgare ebbero la possibilità di lavorare, ricevendo oltretutto lo stesso salario degli uomini. In varie occasioni, la facciata laterale è stata utilizzata per dichiarazioni anonime di carattere politico: nel giugno 2011 i soldati dell’Armata Sovietica sono stati trasformati in famosi supereroi americani e personaggi dei fumetti; nell’agosto 2013 il monumento è stato colorato di rosa in occasione dell’anniversario della Primavera di Praga, mentre nel febbraio 2014 è stato dipinto con i colori dell’Ucraina a sostegno della rivoluzione ucraina.
Il Palazzo Nazionale della Cultura (un enorme complesso voluto dalla figlia di Zhivkov, Lyudmila, che è tutt’ora in funzione come centro culturale) ha offerto uno spunto per parlare del ruolo delle arti durante il regime, che ovviamente era quello di servire agli scopi della propaganda comunista.
L’ultima tappa del tour non avrebbe potuto essere più azzeccata: di fronte a un frammento del Muro di Berlino, la cui caduta è diventata simbolo della fine del comunismo in tutta Europa.
Il museo d’arte socialista
Quella stessa mattina ero stata sulle tracce del Comunismo per conto mio attraverso la periferia di Sofia, partendo dal Museo d’Arte Socialista. Sfortunatamente, proprio quel giorno stavano allestendo la nuova esibizione, però almeno ho potuto vedere le sculture della galleria esterna. Nel parco ho visto sia la grande statua di Lenin che prima era situata al centro di piazza Nozavisimost, dove ora si trova la statua di Santa Sofia, sia la stella rossa che stava sulla sommità del quartier generale del partito socialista, nella stessa piazza.
Il museo ospita opere d’arte risalenti al periodo tra gli anni ’50 e gli anni ’80 del ‘900: ritratti e sculture dei leader socialisti del tempo, non solo bulgari, ma di tutto il blocco orientale.
Il distretto di Mladost
Dopo aver visitato il Museo d’Arte Socialista mi sono diretta verso Mladost, un distretto della periferia meridionale di Sofia. È una di quelle aree che furono edificate durante il regime socialista per poter dare una sistemazione alla grande quantità di persone che si era trasferita dalle campagne per lavorare nel settore industriale nascente.
Mentre alcune di queste persone furono sistemate nel centro di Sofia, dove gli abitanti furono forzati a spartirsi gli alloggi con i nuovi arrivati dividendo gli appartamenti in unità abitative più piccole, molta altra gente si trasferì in quelle enormi costruzioni di cemento caratteristiche delle periferie sovietiche di tutta l’Europa dell’Est, i cosiddetti “grattacieli orizzontali”.
La passeggiata attraverso questa giungla di cemento è stata una delle esperienze più forti del mio viaggio. Ma, ad essere onesti, la periferia sovietica di Sofia mi aveva già colpito dall’oblò dell’aereo: blocchi su blocchi di edifici di cemento che si stendono su tutta l’area della città, e che non vedevo l’ora di esplorare.
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