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Rotta balcanica: arrivo al Pireo
Rifugiati e migranti attraversano ogni giorno la penisola balcanica per poter raggiungere l’Unione europea. Le tappe di un viaggio difficile e faticoso nel diario del nostro inviato. Dalla Grecia, la prima puntata
Alle otto di mattina il porto del Pireo è già affollato. Due traghetti, in arrivo da Kos e Lesbo, hanno appena attraccato al molo, rilasciando sulla banchina di cemento centinaia di rifugiati. In viaggio da settimane, dalla Siria, dall’Iraq o dall’Afghanistan, si guardano attorno, spaesati e stanchi, aspettando l’arrivo dell’autobus che fa la spola tra la stazione ferroviaria e i vari terminal del porto.
“Abbiamo lasciato Damasco due settimane fa”, mi racconta Mohamed (54 anni), che nella capitale siriana lavorava come barista. ”Non è stato facile raggiungere un’isola greca. Eravamo in 59 su una barca piccolissima, nonostante avessimo pagato 1.200 dollari a testa”.
Un viaggio di quattro ore, di notte e in mare aperto. “I trafficanti avevano messo alla guida uno di noi e per fortuna lui rallentava quando le onde era troppo alte. Ma ho comunque avuto paura, c’erano quindici bambini a bordo!”.
Alla fine, per fortuna, i giubbotti di salvataggio comprati in Turchia non sono serviti. Il pericolo scampato e l’arrivo sulla Grecia continentale lo mettono quasi di buon umore. “Siamo partiti in undici, tutti della stessa famiglia. Questa è mia figlia Reem, ha 22 anni e si è appena sposata! Per lei e Rayd, questa è un po’ la luna di miele!”, scherza Mohamed guardando la coppia. Loro sorridono, un po’ imbarazzati.
Tra ieri e oggi, le autorità greche prevedono oltre 10.000 arrivi al Pireo, conseguenza di un’accelerazione nel trattamento dei dossier sulle isole dell’Egeo e del Dodecanneso, che versano in una situazione critica da diverse settimane.
La maggior parte di chi sbarca al porto di Atene, ha infatti passato una buona settimana bloccato a Mitilene, capoluogo dell’isola di Lesbo. “Abbiamo perso parecchio tempo, perciò non penso ci fermeremo ad Atene stanotte”, spiega Mohamed. Ma prima di ripartire, si fa comunque una sosta al negozio di telefonia per comprare una carta sim greca. Si deve avvertire a casa che si è arrivati sani e salvi. Il venditore ha già il pacchetto pronto: 15 euro con un forfait internet mensile incluso. “Mia moglie e i miei altri tre figli sono rimasti a Damasco – riprende l’ex barista, con la maglia degli Scorpions – spero che potranno raggiungermi in Germania tra 7–8 mesi, ma in aereo, mica così”.
Alle sue spalle, un’altra nipote filma lo zio con il telefonino, a casa si potrà seguire l’intervista quasi in diretta. Una volta chiuso Whatsapp e rimesso in tasca il cellulare, si pensa alla strada che rimane da fare. “Penso che prenderemo un van privato fino alla frontiera macedone”, immagina Mohamed. Il costo, questa volta, non è proibitivo: 45 euro a testa, praticamente come il diretto Atene-Salonicco.
“Sai, in questo viaggio spendiamo tutti i nostri risparmi. Io ho lavorato per trent’anni e ora investirò tutto per arrivare in Germania o in Danimarca”, conclude Mohamed. A Damasco, racconta, la corrente elettrica salta ogni due ore, tanto che ormai ha dovuto vendere il congelatore. “Assad avrebbe dovuto sciogliere le camere anni fa, i siriani lo avrebbero anche rieletto, ma ora… E lo Stato islamico, quelli stanno distruggendo tutto”.
Mohamed si risistema lo zaino sulla spalla, poi riparte con tutta la sua famiglia. Nel giro di poche ore, spera, saranno già in Macedonia.