Grecia, tutti i dubbi sulla finanziaria Tsipras
Il governo Tsipras presenta la finanziaria 2016 per ottenere i prestiti internazionali, ma forti dubbi e controversie si concentrano sul sistema previdenziale e ruolo del Fondo monetario internazionale
Nasce in Grecia la finanziaria 2016 per continuare ad ottenere i prestiti della troika previsti nel terzo pacchetto di aiuti da 280 miliardi di euro. Il premier greco Alexis Tsipras l’ha presentata in parlamento: nuovi 5,7 miliardi di euro di tagli alla spesa e 2 miliardi di aumenti di tasse, anche se di tasse non riscosse ad Atene se ne contano ben un miliardo al mese in tutto il 2014 e nei primi sei mesi del 2015.
Il via libera del parlamento è stato sul filo di lana: 153 sì e 145 no, solo due voti favorevoli più del minimo, a dimostrare una situazione politica lontana dalla stabilità e con la maggioranza Syriza-Anel non particolarmente forte. Spiccano il taglio di 1,8 miliardi alle pensioni e di 500 milioni al comparto difesa. Al contempo, però, si profila un aumento del prezzo dei carburanti e le nuove misure per il 2016, quando le tasse si pagheranno solo con carta di credito, misura imposta dal governo per stanare l’evasione fiscale.
Il nodo
Il nodo maggiore, però, su cui sta montando il dibattito nel paese e per cui ci sono stati gli ultimi scioperi, riguarda le assicurazioni e la previdenza. Mentre il ministro del Lavoro, George Katrougalos, ha detto che la copertura non verrà "da tagli alle nuove pensioni, ma da una nuova architettura del sistema", il bilancio approvato non lo certifica affatto.
Infatti prevede una riduzione di quasi 400 milioni di euro per le spese della previdenza complementare nel 2016 rispetto al 2015, e il 6,6% in meno di risorse ai contributi ai regimi pensionistici professionali (oltre 300 milioni di euro) nel "salvadanaio" del Fondo assicurativo di solidarietà generazionale. Per cui, a pochi giorni dalla fine dell’anno, quando i commercianti greci saranno chiamati anche a pagare una singolare tassa sui guadagni futuri del 2016, restano irrisolti i dubbi di merito della manovra.
Qui creditori
E’ in questo contesto, articolato e nebuloso, che si apre un altro fronte nella partita a scacchi con i creditori internazionali: la presenza del Fmi nel triumvirato che è stato da tre anni a questa parte ribattezzato troika. Assieme alla Bce e all’Ue, il Fondo Monetario Internazionale guidato da Christine Lagarde ha rappresentato il soggetto che dal 2012 ad oggi ha condotto, da oltreoceano e non senza scontri con Berlino ed Atene, le strategie applicate alla crisi greca.
Oggi non è la Grecia che ne chiede esplicitamente la fuoriuscita, ma ritornano a circolare voci su un disimpegno diretto del Fmi, che sarebbe la logica conseguenza di una divergenza di vedute con Berlino. Sin dal 2013, infatti, un preciso report del Fmi sottolineava come il memorandum imposto alla Grecia non sarebbe stato sostenibile, in prospettiva, per il sistema-paese ellenico.
La tesi è che ad un soggetto non solvibile non si possono concedere altri prestiti. E lo dimostrano, quasi tre anni dopo, da un lato i numeri ellenici degli ultimi 12 mesi, impietosi alla voce mancate entrate e soprattutto la decisione del premier Tsipras dello scorso settembre di siglare un terzo memorandum, anche se in profonda apnea, con l’ambizioso obiettivo di correggere i precedenti e che lega Atene ai creditori sino al 2052.
Qui UE
Sul punto, però, si registra la posizione europea affidata al commissario Pierre Moscovici, che proprio nelle ultime ore ha rimarcato che la presenza del Fondo nel programma greco è obbligatoria, aggiungendo che secondo le previsioni della Commissione Europea la prima valutazione del programma dovrà essere ultimata entro la fine di gennaio, in modo da aprire la discussione per alleviare il debito greco entro febbraio.
Ma lo scontro è tra Berlino e Washington, più che tra Fondo e Ue: non è un mistero infatti che il ministro delle Finanze tedesco Schauble non avrebbe voluto dare ancora fiducia alla Grecia con un nuovo piano, preferendo invece una soluzione più drastica.
Qui banche
Resta forte, al momento, la preoccupazione tra gli ambienti bancari europei, per via della tensione creatasi sul tema, che potrebbe agire negativamente sul clima in cui prosegue il processo di ricapitalizzazione delle banche non sistemiche. Tra l’altro, secondo fonti della Commissione, il confronto con il Fmi è indispensabile in un momento specifico come questo di fronte al problema dei rifugiati che è ben lontano dall’essere risolto, non solo dal punto di vista logistico ma anche finanziario.
Moscovici ha detto di non gradire "un dibattito sul ruolo del Fmi nel programma greco, perché la partecipazione è necessaria". Sulla stessa lunghezza d’onda il rappresentante del governo tedesco Steffen Seibert secondo cui la partecipazione del Fondo si ritrova come condicio sine qua non all’interno dei testi alla base del memorandum siglato a settembre. Anche se proprio in uno dei quei passaggi normativi c’è scritto che il Consiglio del Fondo stesso ha facoltà di decidere di ritirarsi.
Scenari
Al di là delle formule e delle possibili vie di fuga previste dagli accordi, sul tavolo resta non solo l’elemento delle condizioni in cui proseguire sulla strada del programma greco ma soprattutto la gestione comunicativa di questo conflitto tutto interno ai creditori. In molti, a Bruxelles, pensano che una tale discussione, sul ruolo dei creditori e finanche sulla possibile uscita del Fmi, non solo non faciliti le future valutazioni sulla riduzione del debito, così come da tempo caldeggiato proprio dal Fmi, ma se possibile porti ad una distruzione dell’approccio progressivo della Grecia a quelle condizioni basilari per riaffacciarsi sui mercati nel 2016.
Ed è sentito come estremamente importante il fatto che il graduale ritorno ai mercati, in parallelo con il procedimento di ricapitalizzazione delle banche, sia il requisito fondamentale per arrivare a discutere del vero grande vulnus ellenico: la ristrutturazione del debito. Un punto su cui, paradossalmente, sono stati d’accordo in questo anno due poli opposti come la Lagarde e l’ex ministro delle Finanze di Atene, Yanis Varoufakis.
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