Armenia: tutto cambia affinché nulla cambi

Dal 6 dicembre l’Armenia ha una nuova Costituzione. La riforma è stata ribattezzata “progetto Sargsyan” perché il passaggio da un sistema semi-presidenziale a repubblica parlamentare consente al presidente uscente di mantenere il potere

17/12/2015, Marilisa Lorusso -

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Yerevan, Piazza della Repubblica - Foto R.Bertoldi

Dal 6 dicembre l’Armenia ha una nuova Costituzione. Il testo entrerà in vigore nel 2016, dopo che il recente referendum popolare ne ha sancito l’approvazione, portando a termine un processo iniziato nel 2013 dal presidente Serzh Sargsyan e che per questo viene definito il “progetto Sargsyan”. Come e perché si è rimessa mano alla Legge Fondamentale a 10 anni dal suo ultimo emendamento? Intorno a questi due punti si è concentrato il dibattito politico nella fase pre-referendaria, e nei prossimi mesi si potrà verificare se gli scenari ipotizzati si realizzeranno.

L’iter

Il 4 settembre 2013, il giorno dopo aver annunciato a Mosca che l’Armenia sarebbe divenuta membro dell’Unione Doganale, il presidente Sargsyan lancia l’iniziativa di emendare la costituzione. La Costituzione armena attualmente in vigore è stata adottata nel 1995 ed emendata nel 2005. E’ articolata in 9 capitoli e prevede un sistema politico semi-presidenziale, con forti elementi di presidenzialismo. Su questo testo viene chiamata a lavorare una commissione ad hoc, la Commissione Costituzionale, una costituente ristretta, prevalentemente, a rappresentanti del governo e del Partito Repubblicano, e presieduta dal Presidente della Corte Costituzionale.

Nel giro di pochi mesi (marzo 2014) viene presentata una prima bozza perché venga discussa con forze politiche e sociali nazionali, e perché venga valutata dalla Venice Commission of Democracy Through Law , organo del Consiglio d’Europa di cui l’Armenia è membro. Raccolte varie osservazioni, non sempre poi accolte nella nuova bozza, la versione definitiva viene ripresentata nel luglio 2015, e il 21 agosto raggiunge i banchi dell’Assemblea Nazionale, il Parlamento armeno.

Il testo presentato – e che passa il vaglio parlamentare il 5 ottobre – si discosta significativamente dal testo precedente. La nuova Costituzione è più estesa, composta di 16 capitoli che includono disposizioni specifiche sulla Banca Centrale, la Corte dei Conti, il servizio pubblico di informazione, la Commissione elettorale centrale, l’Ufficio del difensore civico nazionale. Ma la questione che solleva più dibattito riguarda l’ordinamento politico: secondo la nuova costituzione l’Armenia diventa una repubblica parlamentare, con un presidente con poteri cerimoniali. Intorno a questo punto si crea il “fronte del no” al progetto Sargsyan, verso cui convergono varie forze di opposizione accomunate dalla tesi che il cambiamento sia stato voluto per garantire continuità di potere al presidente uscente, al secondo mandato, che potrebbe ora mantenere la guida del paese nelle vesti di Primo ministro.

Stando ai dati della Commissione Elettorale Centrale il referendum popolare del 6 dicembre ha dato esito positivo al progetto costituzionale: si sarebbero recati ai seggi il 50.74% degli aventi diritto e si sarebbero espressi a favore del progetto costituzionale il 63.37% dei votanti. Numeri che non hanno convinto il “fronte del no”, che ha contestato i risultati, sia sull’affluenza e sia sul numero delle preferenze.

Ingegneria costituzionale e legittimità

Diversi sono i motivi per cui si mette mano a una costituzione: il testo può essere disfunzionale sotto il profilo istituzionale, non più conforme a nuovi impegni internazionali o datato rispetto agli sviluppi del paese, alcune disposizioni non più applicabili in un nuovo contesto, possono essere insorte nuove considerazioni di natura politica, situazionale o tattica. Nel passato recente, questi scenari si sono palesati in varie vicende costituzionali, fra i paesi ex URSS come altrove. Si è dimostrata disfunzionale la costituzione ucraina come emendata nel 2004, mentre gli emendamenti alla costituzione armena nel 2005 riflettevano la necessità di includere le richieste provenienti dal Consiglio d’Europa , cui il paese era stato ammesso. E’ ricco il dibattito intorno alla costituzione anche in Italia, per considerazioni legate allo svecchiamento del testo e per valutazioni di natura politica relative alla stabilità e alla questione della rappresentanza, anche regionale.

E’ – invece – di natura chiaramente situazionale la riforma costituzionale siriana del 2012, adottata sotto la spinta di una forte crisi politica e di sovranità. Sono invece riforme considerate tattiche quelle della costituzione georgiana, dell’ultimo governo Saakashvili, che pure vedeva uno slittamento di competenze e potere dal Presidente al Primo Ministro, o quella russa della presidenza Medvedev che avrebbe potuto facilitare un rientro anticipato dell’allora Primo Ministro Putin alla presidenza.

L’ipotesi dell’opposizione e di molti osservatori è che l’attuale riforma armena rientri in questa ultima casistica e che si scivoli verso una stagnazione politica incardinata nella leadership parlamentare del Partito Repubblicano, del presidente, e nella figura dello stesso Sargsyan, saldamente alle redini del paese dal 2008 e che potrebbe così restarvi a tempo indeterminato, appunto come primo ministro, o come Presidente dell’Assemblea Nazionale, o anche semplicemente come Segretario del Partito Repubblicano, eminenza grigia della politica fra i banchi di un parlamento di rinvigoriti poteri.

Il sistema parlamentare adottato inoltre non solo rafforza necessariamente il ruolo dell’Assemblea Nazionale e di conseguenza quello dei partiti, ma prevede una clausola elettorale secondo la quale in caso non emergesse una maggioranza solida dalle urne, si ricorrerebbe al ballottaggio fra i due principali partiti. Una disposizione che, certo, incoraggia il voto utile, se non il voto coatto, e che favorisce enormemente i grandi partiti, soprattutto in assenza di un previsto sistema di preferenze esprimibili. E’ da vedere come la legge elettorale sarà emendata una volta entrata in vigore la costituzione, nel momento in cui a pioggia tutto il quadro giuridico nazionale dovrà conformarvisi.

Il processo nell’insieme crea dei problemi di legittimità della riforma: lo scarso coinvolgimento dell’opinione pubblica, peraltro poco mobilitata poiché una riforma costituzionale non era percepita come una necessità impellente; la partecipazione diretta di figure istituzionali di primo piano, come il presidente della Corte Costituzionale che pur avendo sicuramente portato un importante contributo di competenze, ha compromesso la neutralità della Corte verso il progetto politico e il referendum; i dubbi sulle cause che hanno portato ad emendare la costituzione e gli altrettanti forti dubbi sulle modalità dello svolgimento del voto e sulla fondatezza dei risultati referendari enunciati dal Comitato Elettorale Centrale. Insomma, la nuova Costituzione potrebbe essere percepita come assai poco nazionale, e più espressione di interessi di parte.

In un paese con una diffusa percezione di illegalità , minare la fiducia popolare anche nella Legge Fondamentale che, come indica la parola stessa, costituisce l’identità politica e civica della collettività, può avere ripercussioni molto negative. Questo riguarda non solo chi ha apertamente osteggiato questo progetto costituzionale, ma anche la “maggioranza silente”, tutti quei cittadini la cui attività politica si riduce di anno in anno, sempre più spinti verso l’apatia da un sistema che non riesce né a rappresentarli né a integrarli nelle sue evoluzioni.

Il che forse rende anche tante macchinazioni superflue, circostanza che si potrà scoprire nel momento in cui la nuova costituzione entrerà in vigore. Nel 2017 si andrà a votare per la prima volta per un governo parlamentare. Nell’ipotetico (e allo stato attuale alquanto improbabile) scenario di un ballottaggio, cosa potrebbe mai riuscire a trascinare l’elettore armeno medio, alienato e disilluso, a votare non già una sola volta, ma addirittura due, per il parlamento?

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