Un’economia del gusto: il caso di Uber in Bulgaria
Uber – servizio di prenotazione taxi – è stato bloccato in Bulgaria. La sentenza mette a nudo il pesante deterioramento dei diritti dei lavoratori dietro il paravento della scelta estetica
(Questo articolo è apparso originariamente su "LeftEast" col titolo "An Economy of Taste: the case of Uber in Bulgaria")
L’arrivo di Uber ha generato polemiche quasi ovunque. Ad esempio, in Francia, i tassisti hanno protestato in massa chiedendo l’interruzione del servizio. Al contrario, quando la Commissione bulgara per la tutela della concorrenza (CPC) ha multato Uber, ordinando lo stop alle operazioni nel paese, sono stati i cittadini a protestare in difesa del servizio. La petizione sul sito ufficiale di Uber ha raccolto oltre 20mila firme in tre giorni. Su Facebook si sprecavano i messaggi dal tono rabbioso, così come gli articoli a denuncia del restringimento del "diritto di scelta". Nel frattempo, lo stop a Uber ha generato malcontento non solo tra i consumatori in difficoltà, ma anche fra le tradizionali compagnie di taxi: non perché credano veramente nei benefici del mercato competitivo e liberalizzato, ma perché il divieto e la nuova legislazione colpiscono direttamente al cuore dell’attuale organizzazione del trasporto in taxi nel paese.
Questo articolo ha un duplice obiettivo: quello di analizzare e collegare le questioni di gusto nella cosiddetta "economia dell’informazione/condivisione" e l’analisi del mutare dello sfruttamento nella condizione post-industriale. Questi problemi sono apparentemente scollegati, ma spero di dimostrare il crescente ruolo del gusto in un contesto in cui "il diritto di scegliere" diventa sempre più un diritto di scelta tra opzioni identiche.
I motivi della sentenza
Per chiarire questo punto, diamo un’occhiata da vicino alla decisione della CPC di vietare Uber. L’attenzione della Commissione si è focalizzata sulle accuse da parte di due importanti soggetti: una delle principali compagnie di taxi bulgare e il comune di Sofia, che sostengono che Uber faccia concorrenza sleale perché i suoi autisti non sono soggetti alle stesse procedure di autorizzazione e di regolamentazione delle normali compagnie di taxi. Uber rifiuta naturalmente ogni responsabilità perché (correttamente) sostiene di non offrire alcun servizio di taxi, ma solo una app che mette in contatto persone con auto e persone senza.
Quando l’Alta corte d’appello ha confermato la decisione della Commissione e il parlamento ha seguito l’esempio introducendo le nuove normative, il panico si è scatenato nelle tradizionali compagnie di taxi, perché una delle accuse mosse a Uber riguarda la mancanza di contratti di lavoro per gli autisti. Nel tentativo di regolamentazione, il parlamento ha deciso che le compagnie di taxi dovrebbero comportarsi come altre aziende, offrendo contratti di lavoro e versando i contributi: ergo, la nuova normativa prevede che tutti i tassisti debbano avere regolari contratti di lavoro. Il fatto è che pochissime compagnie di taxi fanno regolari assunzioni. A dispetto della retorica dell’innovazione di Uber (e altri servizi simili, come Airbnb) circa l’importanza delle nuove tecnologie per la fornitura di servizi, le compagnie di taxi avevano anticipato i tempi.
Ad esempio, il tipico tassista bulgaro non ha un contratto di lavoro, ma deve registrare la propria ditta, per poi acquistare il veicolo (o pagare rate mensili alla banca). Di solito la società che vende l’auto è la stessa che impiega il tassista. In questo senso, le compagnie di taxi agiscono come concessionarie ed enti creditizi (perché una nuova vettura è oltre i mezzi di qualsiasi aspirante tassista, quindi le auto sono spesso affittate) che dietro pagamento concedono logo e brevetto agli autisti, proprio come un franchising. A carico dei tassisti sono anche tassametro, GPS, tablet – e qualsiasi altro gadget considerato necessario – e assicurazione, manutenzione, trovare clienti e mercati, e così via.
Tecnologia e sfruttamento
Non è una novità. Da tempo, pratiche commerciali quali franchising, outsourcing e subappalto hanno trasferito il rischio d’impresa dalle multinazionali ai subappaltatori, complicando i "tradizionali" rapporti di produzione e di sfruttamento del capitale sul lavoro.
Un tassista è un imprenditore che si assume i rischi e le responsabilità per il proprio capitale (l’auto). In qualità di "imprenditori", i tassisti sono liberi di determinare il proprio orario di lavoro, perché non esistono contratti che li impongano. Eppure, il fatto che il lavoro venga sempre più accomunato al capitale (ad esempio, siamo costantemente incoraggiati a trattare noi stessi come imprenditori; ogni scelta di vita è presentata come "investimento", come "investire nella nostra formazione") non elimina lo sfruttamento. E nessuna ideologia dell’auto-imprenditorialità può cancellare il fatto che lo sfruttamento è aggravato dal trasferimento del rischio d’impresa al lavoratore-imprenditore.
Ci sono anche implicazioni per il bilancio dello stato: le aziende non dichiarano alcun profitto (perché, proprio come Uber, formalmente non forniscono servizio taxi) e quindi non pagano tasse. Inoltre, non controllano che i tassisti versino i propri contributi, né li versano esse stesse, perché non assumono nessuno. Questo si traduce in milioni di perdite per il bilancio.
Se Uber non ha introdotto questa forma di relazioni economiche, come possiamo spiegare l’ondata di sostegno fra gli utenti?
Il sostegno degli utenti: una questione di gusto
La mia spiegazione è che il fattore determinante è puramente estetico. Per parafrasare Marx, tra due cose uguali, è la forza simbolica del gusto a decidere. Ad esempio, un manifestante pro-Uber spiega così la differenza tra un taxi tradizionale e Uber: "Su Uber non c’è chalga [turbo-folk bulgaro] o maane [variante nomade di turbo-folk]". In Bulgaria il chalga è il frequente bersaglio di critiche da parte dell’élite culturale, sinonimo di tutto ciò che è basso, poco dignitoso e rivoltante. Di fronte alla popolarità di questo genere di musica, gli intellettuali hanno concluso che gli elettori bulgari non sono in grado di governarsi, prigionieri immaturi di una mentalità fondamentalmente non-europea che vanifica gli sforzi di costruire una democrazia funzionante e ha fatto deragliare la transizione verso un’economia di mercato. Un musicista ha definito la chalga "il comunismo contemporaneo". Naturalmente, ogni membro della classe creativa che si rispetti disprezza questo genere.
Inoltre, gli utenti orfani di Uber rimproverano ai tassisti tradizionali la presunta mancanza di buone maniere, la scortesia, l’ascolto di turbo-folk, il fumo in auto, la sporcizia, le mance obbligatorie. Al contrario, Uber è un meccanismo snello che non comporta alcun trasferimento fisico di denaro contante. Inoltre, Uber impone l’uso di vetture relativamente nuove che, a differenza dei taxi tradizionali, non sono identificate con il colore giallo obbligatorio. Questo soddisfa il bisogno dell’utente di sentirsi a bordo dell’automobile personale di qualcuno; eppure anche il taxi è un’auto personale, anche se apparentemente più inautentica e standardizzata a causa della vernice gialla e della targa. Questo si collega bene con l’emergere dei mercati di nicchia che soddisfano il bisogno di "autenticità".
Prendiamo un altro esempio, Airbnb. In questo servizio, i turisti possono soddisfare il loro desiderio di turismo senza turismo. Non sono turisti, ma "ospiti" in una sistemazione che non è il tipico hotel, ma "casa" di qualcuno. Nella "sharing economy" non sei turista, ma "ospite" in "casa" dei tuoi "ospiti". In Uber si "condividere" un tratto di strada, con la mancanza di trasferimento fisico di denaro contante a rafforzare l’apparenza non commerciale di questa relazione. Inoltre, è più divertente usare lo smartphone per chiamare un’auto che i mezzi tradizionali di chiamare un taxi, con il rischio che il centralino chieda ulteriori chiarimenti circa la posizione dell’utente.
Non a caso, il partito membro della coalizione di governo filo-europea del Blocco riformista (RB), che sostiene di rappresentare proprio la "classe creativa" e che fino ad oggi non era mai stato attivo nella legislazione sui trasporti, è sorto in difesa di Uber e si è impegnato a formare un gruppo di lavoro per formulare escamotage legali che consentano a Uber di continuare ad operare in Bulgaria. Da bravo sostenitore del business, RB ha sostenuto che la Corte non avrebbe dovuto vietare Uber, ma penalizzare solo gli autisti.
Corsa al ribasso
Il pantano legale aspetta una risoluzione. Lo stato ha vietato Uber spinto dalle compagnie di taxi preoccupato della concorrenza sleale, ma nel processo vuole applicare una legislazione che costringerà le compagnie di taxi a interrompere le pratiche di subappalto e assumere i conducenti. Le compagnie stanno sfidando esplicitamente la legge, dichiarando apertamente che non assumeranno gli autisti e orchestrando proteste il cui successo favorirebbe anche l’odiato concorrente. Tutto questo mostra i limiti di determinazioni puramente estetiche sulla governance aziendale.
Se prima di Uber potevano esistere le compagnie di taxi chalga (il brutto), lo stato deve trovare il modo per legalizzare Uber (il bello) e offrire parità di condizioni per tutti. L’unico problema è che così facendo, dato il curriculum della folle corsa neoliberista al ribasso, il denominatore comune potrebbe essere lo standard inferiore; vale a dire, addio ai contratti di lavoro e piena legittimazione della pratica dei lavoratori-imprenditori.