Albania: lettera a Babbo Natale
Una lettera, rivolta a Babbo Natale e ritrovata 25 anni dopo essere stata scritta: le riflessioni sull’Albania di allora e sull’Albania di oggi
(Pubblicato originariamente da Balkanweb.com il 4 gennaio 2016, traduzione a cura di Manjola Shehu)
Da piccolo non ho mai scritto una lettera a Babbo Natale. Ci sono cose che se non impari da piccolo, non le impari mai più, ha detto Kadaré. Non ci veniva insegnato a scrivere lettere e nemmeno ad esprimere desideri. I desideri e i sogni dovevano essere espressi dal Partito.
La prima volta che tentai di scrivere a Babbo Natale fu nel dicembre 1990. 25 anni fa. Era una lettera non tanto indirizzata alla figura astratta di un vecchino, ma a tutti coloro che sognavano quel giorno. Ho trovato la lettera questo fine settimana, nascosta tra le lezioni di lessicologia, i primi articoli di RD (Rilindja Demokratike, il primo quotidiano pubblicato nell’Albania post-regime, ndt) e i due o tre quotidiani stranieri di allora che un giornalista mi portò da Roma.
L’ho letta più volte senza ridere della mia ingenuità, senza offendere la speranza e rivivendo quei tempi: un tempo magico in cui credi che il domani sarà fantastico e che i problemi finiranno all’istante.
Raccontavo a Babbo Natale che avevo 20 anni, ero guidato da uomini senza istruzione e senza intelligenza che in quei giorni occupavano i posti più alti delle istituzioni. Anziani ammuffiti e fuori dal tempo. In effetti più che una richiesta, scrivevo al vecchio una lunga lezione su quello che sarebbe diventato il mio paese, molto presto, forse entro quell’anno. Gli ricordavo che quando sarebbe tornato l’anno successivo avremo verificato insieme i fatti.
È probabile che lui sia tornato nel dicembre del 1991 ma a quel tempo era caduto il governo di stabilità ed ero così impegnato che non me ne sono accorto. Non mi sono reso conto della sua presenza nemmeno nel 1992 e neanche nei successivi 25 anni, sino ad oggi, quando fra i vecchi incartamenti del 1991 ho ritrovato la lettera che gli avevo scritto.
Mi sono chiesto: posso scrivere un’altra lettera a Babbo Natale? Sarà ancora arrabbiato con me che non mi sono fatto vivo per 25 anni? Sicuramente avevo tanto da raccontare. Gli direi che senz’altro stiamo bene, molto meglio che in quel dicembre del 1990, gli direi che siamo liberi e che la libertà è una dimensione molto grande per tutti.
Gli direi che oggi abbiamo un paese nuovo, completamente diverso da quello di quei tempi. Più moderno, più normale, più aperto. Con tanti problemi, ma non siamo più cavie, come lo siamo stati per 45 anni: vittime di un esperimento di isolamento.
Ma gli devo dire anche altre cose. Per esempio che la nostra Albania di oggi è molto lontana da come immaginata in quell’inverno pieno di speranza. Oggi come 25 anni fa siamo ancora gli ultimi.
Gli ultimi nel percorso di integrazione nell’Unione europea. Tutti gli altri paesi dell’est ne sono entrati a far parte già dal 2004 al 2007, noi no, siamo rimasti con i paesi dell’ex Jugoslavia, in guerra per tutti gli anni ’90, anche se noi non c’entriamo niente con loro.
Siamo gli ultimi nelle statistiche del reddito pro-capite. Meno della Bosnia coinvolta in 10 anni di disgregazione violenta jugoslava, meno della Macedonia e del Montenegro. Gli ultimi a livello economico. Siamo rimasti il paese più povero d’Europa, il paese con meno investimenti stranieri. Gli ultimi nel desiderio di costruire con le nostre mani la nostra patria: siamo infatti il paese con il tasso di emigrazione più alto in Europa. Un terzo della popolazione risiede fuori dai nostri confini e circa 300.000 tentano di andarsene, partecipando alla Lotteria americana oppure chiedendo asilo nei paesi Ue.
Gli ultimi per livello di istruzione in Europa, persino gli ultimi per livello di istruzione dei politici. Per non parlare dei nostri parlamentari che la scuola hanno preferito sostituirla con la "scuola della vita": quella della strada, delle bande di gangster attive in tutta Europa, quella della prostituzione e della droga. No, meglio non parlare di loro.
Normalmente le cose si misurano con gli obbiettivi che ci si era prefissati, e non semplicemente paragonandosi a quello che si era una volta. Stiamo certo meglio di come eravamo ieri, ma stiamo molto peggio se pensiamo a quello che aspiravamo a diventare in questi anni.
Leggevo la lettera e pensavo: cosa posso raccontare al vecchio dopo 25 anni?
Gli direi che in questi anni non c’è certo più la politica atrofizzata del passato e non si può nemmeno dire che chi è al potere abbia scarsi curricula di studio: gli potrei dire per esempio che in questi anni ha governato l’Albania Sali Berisha, famoso cardiologo, scrittore di articoli ribelli già nel 1991?! Ha governato Fatos Nano, professore universitario, economista liberale che nel 1990 spiccava per le sue battute e la mente aperta?! Ha governato Ilir Meta, quel ragazzo che sognava di diventare commentatore calcistico e che ha partecipato all’incontro con Ramiz Aliaj nel dicembre 1990?! Che lo governa Edi Rama, giocatore di basket della nazionale, professore universitario che ha sempre parlato di cambiamento?! Oppure potrei dirgli di Lulzim Basha quel liceale di Sami Frasheri, diplomatosi con il massimo dei voti e successivamente formatosi in Olanda.
A chi posso dare la colpa della nostra situazione e cosa posso dire oggi dopo 25 anni a Babbo Natale? Gli posso dire che ho mentito oppure che mi hanno mentito? Gli posso dire che questo sapevamo allora e che in realtà si trattava di speranze.
Alla fine non gli ho scritto nulla. Mi sono limitato a rileggere quella lettera con i sogni di quell’anno. Mi sono ripetuto una vecchia frase della mia infanzia: i sogni sono sogni! È per questo che sono belli! Perché rimangono tali.