Kosovo: perché Thaçi non diverrà presidente
Secondo una sentenza della Corte costituzionale del Kosovo, tutti i deputati dell’Assemblea nazionale devono essere presenti perché l’elezione del presidente del paese sia valida. Ed è per questo che Thaçi non può farcela
(Quest’articolo è stato originariamente pubblicato sulle pagine del quotidiano kosovaro Koha Ditore il 22 gennaio 2016)
… Thaçi o qualsiasi figura divisiva come lui. Non potranno mai diventare presidente del Kosovo: una sentenza della Corte costituzionale sancisce infatti che quando il parlamento nazionale si riunisce per l’elezione del presidente del paese tutti i deputati devono essere presenti, tranne quelli la cui assenza sia stata giustificata dal presidente dell’Assemblea.
Ribadisco, tutti i membri del parlamento devono essere presenti al momento del voto. Ne consegue che anche se uno solo è assente ingiustificato, non si può procedere con la votazione. Dato che non vi è nessun modo per forzare i deputati ad entrare in parlamento, perché la loro libera scelta non può essere limitata, un solo deputato potrebbe bloccare l’elezione sino a quando si trova un candidato sostenuto da tutti.
Ci si potrebbe chiedere: si è sicuri che la Corte abbia scritto che tutti debbono essere presenti affinché il voto sia valido? La risposta è sì, è esattamente questo che la sentenza afferma.
La sentenza è quella dell’annullamento dell’elezione alla presidenza di Pacolli e l’intera discussione verte sui paragrafi dall’84 all’87. Vorrei riportarli qui, per eliminare ogni dubbio (cito dalla versione inglese della sentenza: i corsivi sono miei ed ho tagliato alcune parti ininfluenti):
84: ‘L’elezione del Presidente […] è di importanza tale che tutti i deputati, come rappresentanti dei cittadini del Kosovo, dovrebbero considerare loro dovere costituzionale, a meno non siano giustificati dal presidente dell’Assemblea, di partecipare alla procedura per l’elezione del Presidente […]”.
85: ‘A questo riguardo la Corte nota che, per quanto riguarda il numero di voti richiesto per l’elezione del Presidente della Repubblica del Kosovo, l’articolo 86-4 della Costituzione sancisce che debba essere eletto dai due terzi dei “voti di tutti i deputati” (in albanese "me dy te tretat (2/3) e votave te te gjithe deputeteve") dell’Assemblea e questo significa che tutti i 120 deputati devono votare, ad esenzione solo di chi è stato giustificato dal Presidente dell’Assemblea […]”
86: [Nel caso dell’elezione di Pacolli, durante la terza e decisiva tornata di voto] furono solo 67 i deputati ancora presenti e che parteciparono al voto, mentre gli altri deputati avevano abbandonato l’aula. Il requisito previsto dall’Articolo 86 che tutti i deputati dovessero essere presenti non è stato quindi rispettato […]”
87: ‘La Corte conclude che, dato che solo 67 deputati hanno partecipato alle procedure di voto per l’elezione del Presidente del Kosovo tenutesi durante una sessione straordinaria dell’Assemblea il 22 febbraio 2011, è stato violato l’articolo 86 della Costituzione”.
Vi sono due altre ragioni addotte per l’annullamento di quel voto (entrambe errate a mio avviso), ma la Corte si è premurata di ricordare che ciascuna delle tre motivazioni addotte è sufficiente anche da sola per rendere nulla l’elezione di Pacolli.
Quindi in Kosovo la regola è che nessun presidente può essere eletto a meno che in parlamento non siano presenti tutti i deputati, eccetto quelli giustificati dal presidente dell’Assemblea. Questa conclusione è a mio avviso sbagliata (ho scritto su questo un saggio l’anno scorso), ma questa mia opinione non cambia le cose: secondo l’articolo 116.1 della Costituzione del Kosovo le “decisioni della Corte costituzionale hanno potere vincolante sulla magistratura e su tutte le persone e le istituzioni della Repubblica del Kosovo”. Che sia corretta o sbagliata, la decisione della Corte va rispettata.
Si potrebbe argomentare: “Bene, basta che il presidente dell’Assemblea giustifichi tutti gli assenti e si proceda con il voto. Ma se quegli assenti sono 20 o 30? E se non intendono chiedere di essere giustificati o addirittura non desiderano affatto essere giustificati? E’ impossibile giustificare un numero così ingente di deputati che non hanno una buona scusa e neppure chiedono di essere giustificati.
Ne consegue che ogni singolo deputato – o in termini più realistici ogni singolo partito rappresentato in parlamento o gruppo di deputati – ha potere di veto sull’elezione del presidente: Limaj può porre il veto sull’elezione di Thaçi, che può porre il veto su quella di Mustafa, che può impedire quella di Haliti, che a sua volta può impedire venga eletto Haradinaj, che può bloccare l’elezione di Kurti e via dicendo.
Ne consegue che l’unico candidato possibile è una persona che raccolga il consenso di tutti e su cui nessuno oserebbe porre il veto. Dovrebbe essere una sorta di eroe civile, ammirato da destra e sinistra, da ricchi e poveri, da giovani e anziani, da serbi e albanesi, da uomini e donne, colto ed ignorante. E deve essere una persona super partes: non solo formalmente, come l’attuale presidente, ma qualcuno con una spina dorsale e con una statura morale che le o gli permetta di essere indipendente. Ma solo una persona così può essere eletta (ed una persona così sarebbe ciò di cui ha bisogno il Kosovo nella situazione in cui si trova).
Ritengo di essere il candidato ideale a questo ruolo ma, dopo adeguate riflessioni, ho deciso di tirarmi fuori dalla partita: se mi fossi proposto come un candidato consensuale avreste pensato o che quest’articolo era uno scherzo o (se siete ad esempio Petrit Selimi) mi avreste accusato di conflitto di interessi. Quindi, assodato questo, vediamo cosa potrebbe accadere.
E’ chiaro che l’attuale coalizione di governo PDK-LDK-Sprska ha due e non più di due opzioni. Può scegliere tra perdere la presidenza o perdere il controllo della Corte costituzionale, lo strumento attraverso il quale l’élite politica kosovara ha risolto i suoi problemi politici più complessi. Non può controllare entrambe queste istituzioni.
Perché? Perché l’unico modo di evitare di perdere la presidenza è di dire che nella sua sentenza la Corte costituzionale si è sbagliata e che, di conseguenza, non deve essere rispettata. Ed in questo caso il potere di veto sparisce.
Ma nel caso PDK-LDK scegliessero questa strada si affermerebbe che la Corte si è sbagliata e di conseguenza implicitamente si afferma che può sbagliarsi anche in futuro e che quando le sue sentenze sono sbagliate si può non rispettarle: quindi va in fumo la possibilità di utilizzarla come strumento politico.
Questo rappresenterebbe una grave perdita per la coalizione PDK-LDK e per l’élite politica kosovara nel suo complesso, e forse anche per qualche diplomatico straniero a Pristina (quelli che interferiscono di più). Con sentenze che erano tutte sbagliate, ognuna delle quali andava a diretto vantaggio del PDK, la Corte ha garantito il controllo del governo sulla RTK, ha spedito Limaj in prigione, ha deposto Sejdiu, ha annullato l’elezione di Pacolli e impedito ad una coalizione AAK-Limaj-Vetevendosje di andare al potere dopo le elezioni del 2014. Può permettersi il PDK di perdere uno strumento così portentoso? Ne dubito. Senza quelle sentenze il Kosovo sarebbe un paese molto diverso oggi.
Quindi mi auguro che rinuncino alla Presidenza e accettino che un eroe civile vada ad occupare quello scranno. Questo non risolverebbe certo i problemi del Kosovo. Perché questo avvenga serve un movimento ampio, dal basso, plurale e inclusivo, determinato ad incidere su tutti i bisogni del Kosovo: stato di diritto, responsabilità politica, libertà di stampa, un vero dibattito pubblico, veri partiti politici e via dicendo.
Ma avere per presidente un eroe civile, con il rispetto di tutti – e che per fortuna non ha alcun ruolo direttamente esecutivo e quindi questo le o gli permetterebbe di essere la voce e la coscienza del paese – aiuterebbe molto, anche alla formazione di questi movimenti dal basso.
Quindi, in entrambi i casi, il PDK-LDK, l’élite e tutto ciò che rappresentano – incompetenza, clientelismo e via dicendo – sono condannati. Possono scegliere se affondare lentamente e in modo ordinato, sotto il monitoraggio di un buon presidente, o velocemente e in modo disordinato, in una sorta di Far West dove nessuno ubbidisce più a nessun altro. Se fossero tentati dalla seconda ipotesi ricorderei loro che in una Pristina disordinata non potrebbero avere il tempo di prendere il volo per le Bahamas, con abbastanza denaro per godersi una serena pensione sulla spiaggia.
(Se ritenete vi sia una terza opzione, che consisterebbe nel chiedere alla Corte di emettere una nuova sentenza prima del voto, con la quale si affermi che la sentenza precedente era errata, ripensateci: una sentenza di questo tipo sarebbe una tale barzelletta da essere peggiore della seconda opzione).
Mi rendo conto di aver utilizzato un tono che può sembrare giocoso. Ma questo non deve fuorviare: la sentenza della Corte è molto chiara, e semplicemente implica che ogni deputato può porre il veto sul prossimo presidente. Quindi, che la ricerca di un eroe civile per il Kosovo abbia inizio.