L’ombra del patriarcato nei media bosniaci
Le donne bosniache sono condannate ad essere "casalinghe disperate", il cui unico spazio è la casa? E’ quanto emergerebbe da un’analisi dei media bosniaci e dello spazio che dedicano all’universo femminile
(Pubblicato originariamente dal portale Bilten il 3 dicembre 2015, selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e OBC)
Anche se un buon numero di donne sono riuscite ad integrarsi nella classe politica e a ricoprire ruoli importanti nella società, l’immagine delle donne in Bosnia Erzegovina è ancora dominato dallo stereotipo del "gentil sesso”, dal loro ruolo domestico. Nei rari casi in cui sono presenti nei media, sono sempre relegate ad un ruolo di decoro. E qualora partecipino ad un talk show, di solito devono rispondere a questa domanda: "Come riuscite a conciliare famiglia e lavoro"?
Come sappiamo, i media riflettono la realtà sociale che però contribuiscono anche a forgiare attraverso la pubblicità. Nei nostri media le donne sono spesso belle e giovani e sembra che il loro ruolo sia solo quello di rendere più attraente un prodotto. In Bosnia Erzegovina la sessualizzazione e oggettivazione del corpo femminile esiste anche all’interno della classe politica, che rappresenta una classe sociale privilegiata e particolare, la sola dove si potrebbe veramente parlare di uguaglianza dei sessi.
L’Agenzia per la parità di genere della Bosnia ha recentemente denunciato il Forum femminile del Partito Socialdemocratico (Sdp) dopo aver aperto un dossier sul concorso "Donna più sexy del partito", un’iniziativa del portale Centralni.ba nel contesto delle elezioni che designeranno il prossimo presidente dell’Sdp. I lettori e le lettrici sono stati invitati a scegliere tra sei giovani politiche. Secondo l’Agenzia per la parità di genere quest’iniziativa rivela bene il sessismo che opera nella società balcanica. "L’immagine della donna nei media è sempre collegata all’idea di sesso debole, la donna è pressoché considerata come un oggetto, anche quando occupa più di una funzione nella vita", denuncia l’Agenzia.
Fallocrazia dominante
Secondo un’inchiesta sulle riviste on-line realizzata dell’ONG Novi Put di Mostar, appena il 16% degli articoli sono dedicati a donne. Nella maggior parte di questi si discute di violenze domestiche, di procreazione o si tratta di rubriche di stile e di moda. Solo raramente le donne sono presentate all’interno di articoli che hanno come tema l’economia o la politica. E se le donne sono intervistate si tratta per lo più di casalinghe.
Inoltre le stesse domande poste alle donne non verrebbero mai rivolte a degli uomini. "Non si chiede quasi mai a degli uomini della loro vita privata, fatte eccezione di quando l’intervista viene svolta da un magazine femminile, ma anche in questo caso i quesiti sono posti con molta cautela", osserva Masha Durkalić, un’attivista di Sarajevo. "Si domanda sempre alle donne se hanno figli, e se sì, come riescono a gestire tutto. Nel caso non li avessero, si chiede se li vorrebbero in futuro. Le si interpella rispetto alla relazione che hanno con il loro partner. Questo vale principalmente per le donne che svolgono un ruolo nella vita pubblica e si esige da loro un aspetto fisico sempre impeccabile". "Le donne che ricoprono un ruolo di responsabilità vengono interrogate sia sulla loro carriera, sia sulla vita privata", prosegue Masha Drukalić evidenziando anche come i temi più "seri" sono d’abitudine riservate agli uomini. Quelli che riguardano i diritti umani, l’arte o la cultura sono, invece, spesso riservati alle donne.
Un’altra tendenza discriminatoria dei media bosniaci è quella di ignorare le donne che ricoprono ruoli chiave. Per esempio, se si deve organizzare un’intervista ad un’azienda diretta da una donna, i giornalisti preferiscono porre le domande ad un uomo che si trova in una posizione gerarchica inferiore.
Altro esempio: Dunja Mijatović ha recentemente vinto il premio per la promozione della libertà dei media e dei diritti umani. Lei è la prima donna del sud-est Europa ad ottenere tale riconoscimento. Tuttavia non è mai stata intervistata dai nostri media, che hanno deciso piuttosto di parlare con il presidente del comitato che assegna il premio o con il sindaco di Aix la Chapelle, in Germania, dove la cerimonia ha avuto luogo.
Questo esempio illustra una volta di più come, anche se le donne hanno forte impatto sull’economia del paese e anche se le leggi sono state migliorate per proteggere la loro indipendenza, la società è rimasta decisamente patriarcale. La lotta per l’uguaglianza dei generi si deve spostare ad un livello inferiore, quello della vita quotidiana dei bosniaci.
Discriminazione senza frontiere
In questi ultimi anni, i media bosniaci hanno seguito la tendenza generale di un ritorno verso le tradizioni, aderendo ad una visione stereotipata della società. Impossibile ignorare il ruolo che ha svolto la guerra in Jugoslavia perché questa ha contribuito ad una polarizzazione delle identità di genere, dove gli uomini sono rappresentati come soldati e le donne vittime delle violenze o madri dei combattenti caduti.
I media bosniaci che si definiscono sulla base della loro appartenenza etnica, non presentano nessuna differenza tra loro quando parlano di donne o di genere: i tre popoli costitutivi della Bosnia Erzegovina rispettano la tradizione patriarcale. Se si tratta di affermare la parità dei sessi, i media contribuiscono a definire questi stereotipi e addirittura a rinforzarli: sono parte integrante di una logica patriarcale che avrebbero potuto contribuire a smantellare.
Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto