La seconda vita di Slobodna Bosna

Slobodna Bosna, uno dei principali settimanali bosniaci, non è più in edicola. Molti ne piangono la scomparsa, ma nella redazione regna l’ottimismo. Il settimanale potrebbe infatti iniziare una fortunata seconda vita sul web

17/02/2016, Rodolfo Toè - Sarajevo

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Seduto sul divano in un salotto adiacente agli uffici della redazione, sigaretta in bocca, Asim Metiljević – l’attuale redattore in capo di uno dei settimanali storici della Bosnia Erzegovina, Slobodna Bosna – ostenta un’aria rilassata e confidente sul futuro del proprio giornale (e del settore dell’informazione nel complesso): "Non c’è niente da fare, è il futuro, e non solo per noi – ma per tutti", spiega a Osservatorio. "Certo noi apparteniamo a un passato che era stato costruito nelle stamperie, nelle rotative, con l’odore d’inchiostro e un esercito di persone che dovevano curare tutto, dall’impaginazione alla stampa, per non parlare della distribuzione. Ogni generazione porta con sé dei cambiamenti, le mie figlie per esempio non hanno mai comprato un quotidiano di carta, toccherà adattarsi. Prima o poi tutti dovranno limitarsi a fare informazione esclusivamente su internet, il processo sembra essere ineluttabile soprattutto nel caso dell’informazione nei piccoli paesi, come il nostro".

All’inizio del 2016 Slobodna Bosna, settimanale che contava un’attività ventennale e un totale di 1.000 numeri pubblicati, ha arrestato le proprie pubblicazioni, trasferendo l’intera produzione sul proprio sito . Colpa, secondo Metiljević, non soltanto dei tempi che cambiano e di un’epoca (quella della carta stampata) ormai al tramonto, ma anche di costi divenuti insostenibili e di una scarsa attenzione da parte delle autorità: "In Bosnia Erzegovina", racconta, "le case editrici che producono giornali e riviste devono pagare un’imposta sul valore aggiunto di aliquota piena, pari al 17%, e questo indipendentemente dalle vendite. Questo vuol dire che, ogni settimana, ci ritrovavamo con migliaia di copie invendute sulle quali – però – eravamo comunque tenuti a pagare le tasse. Inoltre", aggiunge, "ci sono fenomeni tipicamente bosniaci, per così dire. Il nostro è un paese povero e per tante persone anche solo 3 marchi (1,50 €, il prezzo di una copia) sono troppi. Accade piuttosto comunemente che un lettore, dopo avere acquistato la propria copia, la riporti in edicola dopo averla letta chiedendo che gli venga restituito un marco".

Sul futuro del proprio progetto, però, Metiljević sembra ottimista. Il giornale ha attualmente una decina circa di collaboratori, tra giornalisti regolarmente stipendiati e collaboratori una tantum. "Passare al digitale ci ha fatto risparmiare un sacco di soldi, non hai idea di quanto pagassimo per la distribuzione", racconta, "e in più, questo cambiamento è estremamente motivante: abbiamo la possibilità di confrontarci con un tipo di giornalismo diverso, più dinamico".

A dire il vero, il caporedattore di Slobodna Bosna glissa su una domanda delicata, ovvero sui finanziamenti. Ce la farà, un progetto come Slobodna Bosna, a sopravvivere solamente coi soldi delle inserzioni pubblicitarie? E, soprattutto, ce la farà un settimanale che si era costruito la propria reputazione principalmente grazie ai lunghi reportage d’inchiesta e agli approfondimenti, a ricostruirsi un futuro come uno dei tanti portali che riportano essenzialmente notizie quotidiane, in non più di cinquecento parole?

La fine di un’epoca

Da quando Slobodna Bosna ha consegnato agli annali il suo ultimo numero, il millesimo, e ha annunciato di volere abbandonare le edicole, in molti hanno intonato il lamento funebre per un progetto giornalistico che, realisticamente, avrà di fronte a sé una via impervia da percorrere.

L’Unione dei giornalisti di Bosnia ed Erzegovina ha rilasciato a questo proposito un comunicato in cui dichiarava il proprio dispiacere per "una perdita incommensurabile per la comunità giornalistica e per i cittadini di questo paese. Slobodna Bosna è uno dei pochi media indipendenti in Bosnia Erzegovina, che per anni è stato capace di resistere alle pressioni della politica e ha scelto di raccontare con voce critica gli eventi dell’attualità bosniaca, di esporre scandali di corruzione e di crimine organizzato, di resistere al nazionalismo, al fascismo e ad ogni altro atteggiamento non democratico difendendo il pluralismo e la libertà dei media bosniaci. La fine delle pubblicazioni di Slobodna Bosna è un attacco diretto rivolto contro la comunità giornalistica bosniaca, che negli anni è stata devastata non soltanto dal mercato, ma anche dalla gigantesca pressione politica esercitata anche attraverso le inserzioni pubblicitarie [che generalmente vengono pagate da imprese pubbliche, quindi controllate dai vari partiti, nda]".

Per altri osservatori, come ad esempio Boro Kontić, il direttore del Media Centar di Sarajevo – un’associazione che si occupa, tra le altre cose, di promuovere la qualità del giornalismo nel paese – la scelta dell’amministrazione di Slobodna Bosna però non significherà automaticamente la fine di questo progetto. "Si tratta di un’opportunità per Slobodna Bosna", ha dichiarato Kontić al giornale Lupiga , "perché per la prima volta c’è un gruppo di giornalisti rinomati che gestisce un portale in Bosnia Erzegovina, e questo è il loro unico lavoro. Finora, i siti d’informazione bosniaci erano gestiti per lo più da esperti informatici, o da persone che avevano intuito che il futuro era online. Slobodna Bosna potrebbe diventare un apripista per l’informazione bosniaca".

Uno scenario sempre meno libero

Qualunque destino attenda Slobodna Bosna, lo scenario della libertà dei media in Bosnia Erzegovina appare comunque sempre più sconfortante. Lo ha messo in luce, in un recente rapporto pubblicato sempre da Media Centar, Sabina Hodžić, che condanna soprattutto la dipendenza dei media bosniaci dallo stato, e quindi in ultima istanza dai partiti politici bosniaci.

"Attraverso il finanziamento diretto tramite i fondi pubblici [nel caso dei media pubblici come le televisioni, nda] o tramite le inserzioni pubblicitarie sponsorizzate dalle imprese pubbliche, lo stato, ovvero i partiti, sono l’attore principale nel mercato dell’informazione bosniaco […] visto che, in generale, l’esperienza ha dimostrato che piccoli mercati – come per l’appunto il nostro – non consentono ai media sufficienti risorse per diventare autosufficienti", scrive Hodžić, e racconta proprio di un caso riguardante Slobodna Bosna.

"Le due compagnie di telecomunicazioni BH Telecom e HT Mostar, di proprietà pubblica, sono le principali compagnie di pubblicità a livello nazionale e sono sotto il controllo della politica, visto che i loro manager sono nominati dai partiti politici più forti della Federacija. Slobodna Bosna cominciò a investigare su dei casi di riciclaggio di denaro che coinvolgevano queste due aziende", racconta Hodžić, "e già dopo la prima inchiesta, pubblicata nel 2010, il settimanale subì una drastica riduzione della richiesta di contratti pubblicitari proprio da parte della HT Mostar".

Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto

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