Beslan: nessun indagato

Ella Kesaeva, presidente dell’Associazione dei parenti delle vittime di Beslan, racconta in un libro quella terribile strage di innocenti. E’ una testimonianza puntuale e toccante della lotta da lei condotta per cercare la verità

10/03/2016, Maria Elena Murdaca -

Beslan-nessun-indagato

Beslan foto Sara Di Pede

Questo sarà anche il futuro delle vittime di Beslan: la versione ufficiale della tragedia sarà diversa da quella ufficiosa. Poche lacrime. Niente verità. Nessuno che ascolti quel che ha da dire la gente. Nessuna iniziativa personale. Come ai vecchi tempi sovietici. Questa è l’ideologia del dopo Beslan: niente e nessuno deve dimostrare che le autorità sono incompetenti (e lo sono state): le lacrime sono ammesse ma non a fiumi (non c’è ragione, è tutto sotto controllo), la tragedia va ricordata ma senza un eccessivo dispendio di emozioni: insinuerebbe uno sconforto che non può esistere nel Paese dei Soviet, in quanto sulla Russia veglia Putin che si prende cura di noi e meglio di noi sa com’è bene comportarsi. E poi c’è sempre una luce alla fine del tunnel, stiamo lottando contro il “t[]ismo internazionale”, “siamo uniti come non mai” …

(Anna Politkovskaya, La Russia di Putin)

Così profetizzava Anna Politkovskaya nel 2004, qualche settimana dopo l’attacco alla scuola di Beslan. In poche righe ha condensato quello che Ella Kesaeva ha dettagliato meticolosamente nelle 162 pagine di “Beslan: nessun indagato”, edito in Italia da Carabba per la collana TransExPress, diretta da Carlo Spera, le cui fotografie e testimonianza corredano l’opera.

Il volume nasce come regalo chiesto da Massimo Bonfatti, Presidente dell’Organizzazione di Volontariato “Mondo in Cammino ” a Ella Kesaeva, dell’Associazione “Voci di Beslan” (Golos Beslana, www.golosbeslana.ru) per celebrare un doppio decennale: quello dell’attacco alla scuola di Beslan e quello di Mondo in Cammino, che vede la luce all’indomani dei fatti di Beslan.

Nel 2005, a seguito della tragedia avvenuta l’anno prima, alcuni volontari italiani, fra cui Massimo Bonfatti, colpiti dagli eventi, avevano deciso di mettere a disposizione della comunità osseta le competenze dell’accoglienza di minori acquisite nel corso degli anni successivi a Chernobyl. All’attività in favore delle vittime del fallout radioattivo, Massimo Bonfatti affianca quindi quella ancora più ambiziosa della riconciliazione interetnica sul Caucaso del Nord, concentrando la sua azione fra Ossezia e Inguscezia, senza trascurare la Cecenia, sfigurata da un lungo conflitto. Nel corso dei suoi 10 anni di attività caucasica, Massimo Bonfatti conosce Ella Kesaeva. In occasione della manifestazione “Guerra e Pace”, organizzata da Mondo in Cammino nel 2011, Ella Kesaeva, annoverata nel numero dei relatori, visita l’Italia e anche OBC la incontra.

Racconta Bonfatti, nell’introduzione: "Mi venne così, spontaneo, pensare di celebrare i due decennali con un libro dedicato a Beslan […] e sempre spontaneamente chiesi a Ella se poteva regalare a me e all’associazione la sua testimonianza su Beslan. Non ebbi nemmeno tempo di aspettare la risposta, perché era già nei suoi occhi".

Nell’attacco alla scuola n.1 di Beslan, Ella ha perso i nipoti e il cognato. La figlia è sopravvissuta.

Perché leggerlo?

Al di là del valore affettivo, è lecito domandarsi se sia sensato leggere un libro sulla strage di Beslan, un evento accaduto oltre 10 anni fa, o se non sia più opportuno dedicare tempo e attenzione a temi di più scottante attualità, dalla crisi ucraina a quella siriana.

Per quanto vivide siano rimaste nella memoria le immagini di quei bambini, assetati, feriti, sporchi, traumatizzati, così come quelle delle candele accese di fronte alla finestra a testimonianza della solidarietà ai sopravvissuti e per dire ai parenti delle vittime che quanto successo a Beslan aveva toccato e scosso profondamente la comunità internazionale, le priorità dell’informazione oggi sembrano altre: in cima alla lista lo spauracchio del t[]ismo islamico e l’ISIS che avanza.

Ma è soprattutto in un clima di t[]e crescente che diventa necessario mantenere il cervello lucido e la capacità di valutazioni obiettive. La testimonianza di chi ha sperimentato il t[]ismo sulla propria pelle, in seno alla propria famiglia, trascende il valore intrinseco della memoria e si rivela indispensabile per valutare correttamente gli avvenimenti del presente.

T[]ismo islamico o t[]ismo di Stato?

Non si può pregare per il re Erode. La Madonna non vuole

(A.S. Puškin, Boris Godunov)

Spiazzando completamente qualsiasi versione ufficiale dei fatti, Ella Kesaeva racconta una strage degli innocenti e non esita a puntare il dito contro l’FSB, l’erede russo del famigerato KGB sovietico. Un gesto raro e coraggioso che nella Russia di Putin si paga troppo spesso con la vita. L’accusa è chiara: Beslan è stata una strage degli innocenti premeditata e orchestrata, abbondantemente condita con un ingrediente che per consuetudine i potenti considerano indispensabile per mantenersi tali, la menzogna.

A suo avviso la strage di Beslan ha avuto una finalità ben precisa: l’instaurazione della verticale del potere, l’accentramento del potere politico nella volontà di un’unica persona: Vladimir Putin, definito senza mezzi termini da Ella Kesaeva un t[]ista. È stato dopo l’attentato di Beslan che i capi delle repubbliche e degli altri soggetti federati russi hanno cessato di essere eletti e hanno cominciato ad essere direttamente nominati dal Presidente della Federazione Russa. Mutatis mutandis, è come se il Presidente francese Hollande avesse deciso, all’indomani degli attentati a Parigi, che i presidenti delle regioni e il sindaco di Parigi non sarebbero più stati eletti dai cittadini francesi, ma nominati da lui direttamente.

Riportiamo poi alcune informazioni fondamentali riportate nel volume: le autorità hanno parlato di 354 ostaggi. A Beslan tutti sapevano che erano oltre 1200; la conta dei morti: 334 cadaveri, di cui 186 bambini, una decina i morti per mano dei t[]isti, il resto durante l’assalto delle truppe russe; molti ostaggi che avrebbero potuto essere salvati da un pronto intervento dei vigili del fuoco morirono bruciati vivi. L’ordine di domare le fiamme fu dato soltanto dopo due ore e 15 minuti. Non fu negligenza: per la Kesaeva fu espressamente intimato loro di attendere; l’esame autoptico del cadavere del nipote della Kesaeva riconduce la causa della morte prevalentemente a ustioni e lesioni da esplosione. Alla madre del ragazzo il corpo all’obitorio era stato consegnato illeso.

Nel libro si ricorda inoltre che ai giornalisti Anna Politkovskaya e Andrey Babitski fu impedito di giungere a Beslan, dove avevano intenzione di intervenire come mediatori. Ipotizzare un coinvolgimento dei “t[]isti islamici” nelle azioni che li hanno bloccati implicherebbe ammettere falle enormi nel sistema di sicurezza del ministero degli Interni russo, ipotesi, per chi scrive, alquanto improbabile, dal momento che la Politkovskaya è stata avvelenata in volo per Beslan e Andrey Babitski aggredito in aeroporto da ignoti e poi incarcerato per vandalismo.

Forte come la verità

Quello stesso t[]ismo di Stato che non ha esitato a sacrificare dei bambini alle istanze del potere non si è risparmiato nella persecuzione di Ella Kesaeva e dell’Associazione Golos Beslana. Persecuzione che si è esplicitata in innumerevoli vicende giudiziarie e situazioni surreali nelle aule dei tribunali, che hanno fugato ogni possibile dubbio sul mandante delle angherie processuali che hanno tentato di trasformarla da vittima a pericolosa estremista: lo stato russo.

Per la sua tenacia, il suo intuito favoloso, l’istinto acuto, illuminato, il discernimento quasi profetico che l’ha sorretta sin dalla prima menzogna sul numero degli ostaggi, Ella Kesaeva fa pensare a Erin Brockovich, l’attivista a cui Julia Roberts ha dato una voce e un volto. E invero le due donne hanno in comune alcuni tratti.

Né l’una né l’altra sono avvocati o hanno avuto una formazione giuridica. Ella si è fatta le ossa sul campo, dal giorno in cui sua figlia è stata presa in ostaggio. Ha dovuto affinare le sue capacità, conoscenze e sensi, per schivare le trappole, resistere alle innumerevoli minacce e pressioni, distinguere i veri dai falsi amici:

Ho presentato diverse domande di citazione in giudizio nei confronti di testimoni. Prima di ogni udienza raccoglievo le firme necessarie e ne davo lettura di fronte alla corte. Per sei mesi consecutivi tutti i nostri procedimenti giudiziari si sono aperti in questo modo. Eppure tutte le nostre istanze sono state respinte. Del resto non avevamo né esperienza né assistenza legale. Siamo stati costretti a imparare persino il linguaggio giuridico".

(Ella Kesaeva, Beslan: nessun indagato)

Come Erin Brockovich , ha passato notti insonni fra incartamenti, stesure di istanze, letture di perizie indipendenti, che hanno portato come risultato sette chilogrammi di documentazione inviata alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo (che si deve ancora pronunciare), lei che aveva studiato chimica e biologia.

Dopo anni di costanti verifiche da parte del ministero della Giustizia ero diventata un’esperta in termini di tenuta e archiviazione documentale. E mai, nonostante le numerose ispezioni, i funzionari governativi avevano trovato il minimo difetto. Così, per revocare il nostro status di associazione, decisero di avvalersi di un metodo ben più sofisticato: l’apertura di un procedimento giudiziario.

(Ella Kesaeva, Beslan: nessun indagato)

L’opera della Kesaeva riveste un’importanza, difficile stabilire se premeditata o no, che va al di là della memoria degli eventi contingenti, per quanto tragici, ai quali si riferisce. Illumina sui metodi utilizzati dal governo russo, le finalità preposte e l’efficacia dei risultati. “Beslan: nessun indagato” solleva un quesito cruciale per la strategia da adottare nella lotta al t[]ismo islamico internazionale: in opposizione a quest’ultimo, il t[]ismo di stato può diventare lecito? E’ una valida alternativa? In altri termini, un solo tipo di t[]ismo è sufficiente, o se ne vuole nutrire e foraggiare un secondo?

Ella Kesaeva è una voce che grida. Determinare se sarà “voce di uno che grida nel deserto” è una scelta che spetta al lettore.

Acquistando “Beslan: nessun indagato” direttamente da Mondo in Cammino , il 50% del costo va a sostenere per metà i progetti di Mondo in Cammino in Caucaso, e per metà a finanziare l’associazione Golos Beslana di Ella Kesaeva.

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