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Atene, sui rifugiati dialogo con la Turchia
I paesi europei chiudono i confini, interrompendo la cosiddetta rotta balcanica, e Atene si trova in piena emergenza. Secondo il ministro ellenico per gli Affari Europei Nikos Xydakis il punto di partenza è il dialogo con Ankara
Ora che la rotta balcanica è definitivamente sigillata, come si muoverà il governo di Atene nella gestione dei circa 45mila profughi ancora presenti in territorio greco? Qualche risposta arriva dalle mosse diplomatiche del governo Tsipras, e sono emerse anche dopo la giornata romana del ministro ellenico per gli Affari Europei Nikos Xydakis, ricevuto la scorsa settimana a Roma dai sottosegretari Sandro Gozi ed Enzo Amendola e dal vice-ministro Filippo Bubbico.
Punto di partenza il dialogo obbligato con la Turchia. Xydakis definisce infatti Ankara "la chiave" per aprire il dossier migranti e consentire alla Grecia di non restare sola nel suo status di “inizio del corridoio balcanico”. Per cui – ed è la posizione greca ribadita da più voci – andrà fatto ogni sforzo possibile per giungere ad un accordo che impegni la Turchia a svolgere il compito che tutti si aspettano.
Le parole di Xydakis corroborano la tesi che vuole Atene bussare con insistenza alla porta del governo Davutoğlu. “L’UE ha bisogno della Turchia e la Turchia ha bisogno dell’UE – ha dichiarato il ministro – la Turchia ha le chiavi della porta, mentre la Grecia è l’inizio del corridoio. Alcuni paesi europei hanno chiuso i confini, così noi dobbiamo parlare e fidarci del nostro vicino”.
Da parte greca emerge la chiara volontà di accettare le condizioni poste da Ankara, che tanto hanno fatto storcere il naso ad altri paesi membri, perché la posta in gioco è troppo alta per poter mettere a rischio l’intera operazione. Ad alzare il prezzo è però stata Ankara, che ha chiesto sei miliardi anziché i tre concordati in prima battuta, aggiungendo poi la “postilla” annunciata dal ministro turco degli Affari Europei Volkan Bozkir, secondo cui gli accordi di riammissione non includono “i rifugiati che già si trovano sul territorio greco”. Lo stesso Bozkir ha poi previsto che “il numero di migranti che la Turchia dovrà riammettere probabilmente non si conterà in milioni” ma al massimo “in decine di migliaia”.
Rotta albanese
Sullo sfondo dei riverberi della chiusura balcanica, la prima conseguenza è l’intensificazione dei controlli alla frontiera greco-albanese dato che, come ha precisato Xydakis, “i disperati vanno dove trovano la strada”, e da più parti si preannuncia l’apertura di una nuova rotta sull’asse Grecia-Albania dopo la chiusura del confine greco-macedone. E’ la ragione che ha spinto anche Roma a riconsiderare l’aspetto della prevenzione, come dimostra la notizia di un contingente dei Carabinieri che si appresterebbe ad aiutare a presidiare proprio la frontiera greco-albanese.
La posizione del governo greco è che “i muri eretti dai Balcani sono la risposta sbagliata”, agli antipodi quindi dei tweet del Presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk che alcuni giorni fa ha cinguettato un “grazie” ai paesi dei Balcani che hanno sigillato la “rotta balcanica” portando “alla fine del flusso irregolare di migranti”. Parole “inaccettabili", ha affermato Xydakis aggiungendo che "le azioni unilaterali sono da condannare. Noi difendiamo Schengen e i principi dell’Unione europea. Nessun leader europeo vuole tornare ai tempi della guerra fredda. Erigere muri con il filo spinato non è il nostro modo di fare le cose".
Nel frattempo un sostegno alla Grecia arriva dal Commissario UE per gli aiuti umanitari e la gestione delle crisi Christos Stylianides, che ad Atene ha incontrato Tsipras. Su twitter scrive che il vertice è servito a "riaffermare pienamente la partnership e la solidarietà con la Grecia".
Raddoppia la dose anche il portavoce della Commissione UE Margaritis Schinas secondo cui il bilaterale Stylianides-Tsipras ha avuto il merito di analizzare un nuovo strumento economico di assistenza umanitaria all’interno dell’UE. Si parla soprattutto di 700 milioni promessi dalla Commissione alla Grecia, per affrontare l’emergenza. Al momento il porto del Pireo è al collasso, e drammatica è la situazione nel villaggio di Idomeni, dove pochi giorni fa un bimbo – immortalato da una foto che è diventata virale sui social – è nato in una tenda ed è stato lavato con l’acqua di alcune bottiglie di plastica. L’Associazione dei Medici Infettivi greci da giorni ha lanciato l’allarme tubercolosi all’interno del campo.
Il premier ellenico ha garantito che il governo, nonostante le note difficoltà finanziarie, è riuscito ad aumentare la sua capacità di ricezione con 10mila posti in più. Tsipras ha chiesto però che il prossimo passo sia quello di un sostegno concreto di Bruxelles e degli stati membri ad Atene con riferimento alla logistica e al personale da impiegare in loco, nella consapevolezza che "la crisi umanitaria che stiamo affrontando in questo momento non è un affare greco ma una questione europea e dobbiamo affrontarla insieme".
La sponda atlantica
Anche al di là dell’Atlantico l’emergenza migranti non passa inosservata. Lo dimostra la visita a Idomeni dell’Assistente del Segretario di Stato USA, Victoria Nuland, che ha anche incontrato il ministro di Stato greco Nikos Pappas, principale collaboratore di Tsipras. La Nuland ha incontrato anche il Segretario Generale del ministero degli Esteri Paraskevopoulos e rispondendo alla domanda sul perché non abbia avuto contatti a un livello più alto, ha detto che il viaggio è stato programmato all’ultimo minuto, e che "il ministro competente aveva un altro appuntamento oggi".
Al di là del protocollo, la notizia sta nel focus puntato da Washington su Idomeni e Atene, anche perché, come ha sottolineato la Nuland, con la visita al campo di fango al confine tra Grecia e Macedonia (FYROM per Atene) si vuole "mostrare la solidarietà americana alla Grecia al fine di comprendere meglio come possiamo essere più utili".
La Nuland ha mostrato apprezzamento per la situazione a Diavata, definita un campo modello anche per altri centri di accoglienza in Grecia, e ha ribadito più volte che i greci sono sì molto generosi nell’aiutare i rifugiati, ma si dovrebbe procedere in modo più veloce, visti i numeri degli arrivi. Un altro passaggio significativo è stato poi rappresentato dall’incontro bilaterale tra Nancy Jackson, sottosegretario di Stato all’immigrazione USA, e la vice ministro della Difesa greco Demetris Vitsa. La questione migranti da molti viene interpretata infatti soprattutto in termini di sicurezza, più che di emergenza umanitaria. E in molti, sia in Grecia che in Europa, criticano Tsipras sostenendo che il suo governo non abbia fatto abbastanza per presidiare i confini nazionali nell’Egeo orientale.