EDIT di Fiume: più di un simbolo
E’ uno degli aggregatori della comunità italiana in Slovenia e Croazia. E diede dignità pubblica alla lingua italiana durante il periodo socialista. Ora la casa editrice EDIT sta subendo un drammatico ridimensionamento
Consistente riduzione del personale, taglio dei collaboratori, decisa sforbiciata del numero delle pagine del quotidiano “La voce del popolo” , diminuzione degli stipendi del 25%. Potrebbe essere questa la dura ricetta per salvare l’EDIT di Fiume.
La casa editrice pubblica un quotidiano “La voce del popolo”, un quindicinale “Panorama”, un mensile per bambini “Arcobaleno” ed un periodico culturale “La battana”. Al suo attivo ha un’intesa attività libraria che è servita soprattutto a diffondere la scrittura della minoranza italiana in Slovenia e Croazia, nonché a fornire alle scuole italiane della regione la necessaria manualistica.
Fondata negli anni cinquanta è più che un simbolo per la minoranza italiana di Slovenia e Croazia. Al suo interno confluirono i vari giornali che si stampavano in italiano nell’ex Jugoslavia. All’epoca attorno ad essa si raccolse un folto gruppo di persone, che seppur all’interno dei rigidi limiti imposti dal regime comunista, era convinto che la lingua italiana non dovesse rimanere relegata a livello familiare, ma che dovesse continuare ad avere anche dignità pubblica.
Era quello il periodo in cui gli italiani se n’erano già andati o se ne stavano andando dai territori che dopo la Seconda guerra mondiale passarono dall’Italia alla Jugoslavia. Solo pochi decisero di rimanere, molti dei quali però non avevano nessuna intenzione di farsi assimilare. Dalle pagine delle sue pubblicazioni, così, sono state lanciate dure campagne per preservare la lingua, ma anche i simboli della presenza italiana di cui il regime di Tito, nell’ottica della jugoslavizzazione del territorio, avrebbe fatto volentieri a meno.
Per gran parte degli italiani di Slovenia e Croazia l’EDIT è un baluardo di italianità, ma sta di fatto che rappresenta soprattutto quel poco che resta della florida tradizione giornalistica ed editoriale al confine orientale. La casa editrice è una delle ultime istituzioni italiane di Fiume. Oggi nel capoluogo quarnerino la presenza italiana è numericamente insignificante, ma anche grazie all’EDIT culturalmente continua a pesare. Le scuole italiane sono frequentate da numerosi studenti e i più bravi proprio nelle edizioni italiane possono sperare di trovare una valida opportunità professionale, una delle rare in italiano.
La voce del popolo, uno dei rari
“La voce del popolo” esce ininterrottamente dal 1944. Il giornale ha ripreso il titolo da una vecchia testata autonomista fiumana nata nel lontano 1889. E’ uno dei rarissimi quotidiani che si stampano in italiano al di fuori dei confini nazionali. Le sue pagine raccontano la vita della minoranza italiana, ma anche la Slovenia e la Croazia. E’ una delle poche fonti che ogni giorno in italiano narrano quest’area, uno strumento indispensabile per capire Lubiana e Zagabria, ma anche in maniera più ampia i Balcani e l’Europa dell’Est.
Negli anni Ottanta i suoi giornalisti contribuirono, al pari dei loro colleghi sloveni e croati, a democratizzare la società. I più coraggiosi affrontarono di petto temi scomodi parlando dell’Isola Calva – il gulag di Tito – o delle foibe e dell’esodo, ma anche della necessità di arrivare a quelle che sembravano all’epoca inimmaginabili aperture democratiche. Alcune redazioni, come quelle di “Panorama – giovani” o de “La battana” divennero delle vere e proprie fucine dell’attuale classe dirigente della minoranza italiana, la piccola comunità che dopo la Seconda guerra mondiale continuò a vivere prima in Jugoslavia e poi in Slovenia e Croazia, conservando la lingua ed un forte senso di identità italiana e di attaccamento all’Italia.
La crisi
La crisi dell’EDIT non è cosa di oggi. E’ dal 2013 che la nuova dirigenza sta imponendo un programma di lacrime e sangue per risanare i conti: riduzione delle spese materiali, ritocchi al ribasso del tariffario per le collaborazioni, limitazioni dei viaggi di servizio, abolizione dei premi fedeltà, delle tredicesime, delle liquidazioni ai pensionati e delle integrazioni per i figli a carico. Un piano che, cercando di mantenere inalterata la qualità del prodotto, ha fatto diminuire notevolmente i costi ed ha ridotto il deficit nonostante il sensibile calo delle sovvenzioni. Alla precedente amministrazione si imputa di aver lasciato un passivo di oltre 800.000 euro dopo aver sperperato 3.000.000 di euro di preziosi contributi per le stampa italiana all’estero. Soldi che se amministrati diversamente oggi sarebbero un balsamo per le malandate casse aziendali.
Quello che sta mettendo in ginocchio la casa editrice sono da una parte la mancata concessione, a causa di un vizio di forma, dei contributi per la stampa estera per il 2014 e soprattutto il blocco di buona parte dei finanziamenti croati che oramai non arrivano da due mesi. Il sistema di erogazione dei fondi per le minoranze è stato preso di mira dalla Corte dei conti croata, che sta facendo le opportune verifiche dopo una serie di denunce anonime che riguardano tutto il sistema delle sovvenzioni alle minoranze in Croazia. Molti sono convinti che le indagini si risolveranno in una bolla di sapone, ma intanto le casse aziendali sono vuote e i margini di manovra sembrano esauriti.
La casa editrice dal 2001 è formalmente di proprietà dell’Unione Italiana. Per averla era stata condotta una lunga battaglia. L’EDIT dopo l’indipendenza della Croazia era rimasta a lungo in una sorta di limbo. L’Unione italiana, l’associazione della minoranza italiana di Slovenia e Croazia, per quanto ha potuto, ha cercato di correre in soccorso, ma le risorse a disposizione non sembrano illimitate. L’organizzazione, del resto è alle prese con molti problemi. Da mesi è in corso una guerra a bassa frequenza che potrebbe portare ad un ridimensionamento del suo ruolo e la crisi dell’EDIT potrebbe essere solo una tessera di un gioco più ampio.
Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto