La polifonia della Georgia

Ne era affascinato Stravinsky, è protetta dall’Unesco e la Nasa l’ha mandata nello spazio. Un’escursione nella musica polifonica georgiana

16/06/2016, Gianluca Grossi -

La-polifonia-della-Georgia

Il trio Mandili

"L’ascolto della polifonia georgiana mi ha donato un’emozione che va al di là di qualsiasi opera di musica moderna. E’ una musica tra le più raffinate e difficili che io abbia mai ascoltato". Sono le parole di uno dei più grandi compositori di tutti i tempi, Igor Stravinsky. E sono anche le più adatte per introdurre una musica antica, in grado ancora oggi di suscitare grande emozione e interesse; al punto che l’Unesco ha deciso di proteggerla e preservarla e la Nasa, nel 1977, di spedirla nello spazio per farci conoscere da ipotetici extraterrestri.

E’ un esempio di musica folk tradizionale, qualcosa che ha strettamente a che fare con l’evoluzione antropologica di un popolo, e nulla con il discorso legato al business, che spesso circonda il mondo delle sette note. Un genere che s’è sviluppato prima dell’arrivo del cristianesimo in Georgia, nel quarto secolo a.C., e che probabilmente ha contribuito alla nascita di molte altre culture musicali, a partire dal canto gregoriano.

Documenti assirobabilonesi attestano la presenza del canto polifonico nel Caucaso quasi mille anni prima della venuta di Gesù. Ne parla Senofonte nel quarto secolo a.C.. Ma le vere origini si perdono nella notte dei tempi. Sappiamo, infatti, che questa terra è abitata con continuità fin dall’età della Pietra e che proprio in questo punto del globo s’è maggiormente differenziata la nostra specie, arrivando in anticipo, rispetto ad altri territori euroasiatici, a valorizzare e formalizzare le prime forme d’arte; e probabilmente i primi contesti sociali per allietare le giornate o le cerimonie a suon di note.

Sono state trovate anche tracce di Homo erectus, a testimoniare una realtà climatica e geografica particolarmente congeniale al genere umano. La stirpe dei proto georgiani risale a oltre tremila anni fa, ma in Imeretia e in Abkhazia sono state scoperte tracce del Paleolitico medio, che arrivano a 200mila anni fa.

Cosa si intende per canto polifonico?

E’ il canto realizzato in coro, da due o più voci, seguendo uno schema musicale ricco e complesso. Una proposta musicale difficile per le orecchie di un occidentale, dove spesso si hanno repentini cambi di tonalità e modulazioni, parametri ben lontani dalle tipiche canzoni che siamo abituati ad ascoltare alla radio.

Sono brani che rappresentano momenti diversissimi della vita quotidiana. Ci sono i canti da tavola, i "supruli", il più famoso si intitola "Mravalzhamier", e si può ascoltare anche su Youtube; quelli da lavoro, i "satrfialo", gli epici, i "sagmiro", di chiesa, i "sagalobelli". Questi ultimi sono in voga da 1500 anni e conferiscono grande fascino alle celebrazioni religiose che si tengono usualmente la domenica mattina dalle 9.00 alle 12.00 nelle basiliche di tutta la Georgia, osservando i dettami della chiesa apostolica autocefala ortodossa. I canti polifonici sono peraltro legati anche alle danze, affrontando, in questo caso, temi più leggeri.

Le performance a una voce possono essere accompagnate da strumenti come il salamuri o il larchermi. Il primo è una specie di flauto lungo una trentina di centimetri, con otto fori corrispondenti ad altrettante note. Nella "tomba del piccolo pastore", risalente a oltre tremila anni fa, è stato trovato un salamuri in ottime condizioni, attestando l’arcaicità dello strumento e ancora una volta l’ancestralità del canto polifonico. Il secondo appartiene alla famiglia dei flauti di pan, sei tubi legati fra loro e suonati soffiandovi all’interno. A due voci l’esibizione diviene più complessa. E può essere sostenuta dal panduri e dal choghur. Il panduri è uno strumento cordofono, concettualmente assimilabile alla chitarra. Si suona, infatti, con un plettro che sfrega su tre corde. L’accordatura è varia. Può essere Sol-La-Do, ma anche La-Do-Mi; simile il choghur, nato nel dodicesimo secolo e riferito anche alla cultura dei dervisci turchi.

Ci sono poi il coro a tre voci e quello a quattro voci; e anche in questo caso ci possono essere gli strumenti d’accompagnamento citati o addirittura un coro a sostenere il canto dei principali performer.

Regioni polifoniche

La classificazione della polifonia georgiana varia anche in base al contesto geografico. La Georgia è, infatti, suddivisa in nove grandi regioni, con tradizioni a volte molto diverse: a sud ovest c’è la Guria, a est la Cachezia (Kakheti), al centro Imereti e Shida Kartli. Ogni regione ha il suo stile di canto polifonico che viene difeso con orgoglio e passione. Ancora oggi, benché il rischio di "contaminazione" sia tutt’altro che inesistente. "C’è ancora un interesse molto forte per la tradizione canora, anche tra i giovani, con moltissimi gruppi e cori composti da adulti o da bambini", rivela  Beka Sebiskveradze, membro di vari gruppi polifonici della Georgia. "Ovviamente c’è sempre il rischio di un’influenza negativa dovuta all’occidentalizzazione; non mancano, per esempio, gruppi che mischiano il folklore con altri generi".

L’etnomusicologo Edisher Garaqanidze parla di dialetti musicali, proponendo la suddivisione in due macrogruppi pentagrammati: est e ovest.

Il primo si riferisce a due storiche regioni georgiane, Kvemo Kartli e Kakheti. Cui si aggiungono piccole località montagnose che sorgono nelle vicinanze. Due solisti si muovono su una base armonica monofonica: un brano nel quale voci e strumenti eseguono la stessa partitura, all’unisono o un’ottava sopra. La canzone più conosciuta è "Chakrulo", il brano lanciato nello spazio nel 1977 a bordo della navicella Voyager. La monofonia non è comunque una prerogativa della Georgia, essendo appannaggio anche dell’antica Roma e della Grecia precristiana.

A oriente c’è la provincia Khevsureti. Ospita il dialetto musicale "khevsuretian". Si basa su canti a due voci. Spesso le voci maschili si alternano. Canzoni di questo repertorio sono per esempio "Mtibluri" e "Tseliburi". Nella provincia del Tusheti sussiste il dialetto "tushetian", con antichissimi brani musicali ("Deda Mogikvedea" e "Metskhavaris Simghera"), cantati dolcemente e con particolari vibrati vocali. Nelle pianure al confine con l’Azerbaijan gli uomini sono sovente affiancati dalle donne che cantano a più voci "Lazare" e "Alilo", pezzi tipici della tradizione. Al centro, nella regione Javakheti, il canto polifonico risente della dominazione ottomana, che caratterizzò in più occasioni la storia georgiana. 

A occidente cambia tutto, e frequentemente la danza accompagna i canti polifonici. Nella Guria, sulle rive del Mar Nero, esistono fraseggi peculiari. In alcuni brani si utilizza un particolare falsetto che rimanda allo yodel alpino. Torna sull’argomento Stravinsky: "Lo yodel georgiano, detto "krimanchuli", è il migliore fra tutti quelli che ho sentito". Nella Guria si attinge a un vastissimo canzoniere che riporta storie di amore, pace, patria, amicizia, e il ricordo degli antenati.

Nella provincia Samegrelo, uomini e donne cantano insieme, con un tono basso e lamentoso. Canzoni come "Odoio", "Chela" e "Chaguna" fanno parte dell’immaginario collettivo locale.

Cambiano, in sostanza, gli stili da una parte all’altra della Georgia; ciò che rimane inalterata è la passione espressa dai suoi protagonisti: "Un georgiano del resto nasce con una canzone e viene salutato per l’ultima volta con un’altra canzone", dice Dimitri Araqishvili, compositore e collezionista di folk music.

La polifonia sacra

Molte informazioni sul canto polifonico del Caucaso derivano dal padre dell’etnomusicologia georgiana, Dimitri Arakishvili, ma anche da studiosi europei, soprattutto tedeschi e austriaci, che hanno studiato i canti dei georgiani prigionieri durante la Prima guerra mondiale. Oggi il riferimento per gli amanti del genere è il sito dell’International Research Center for Traditional Polyphony, fondato a Tbilisi nel 2003. Ma la polifonia è anche appannaggio della musica sacra e in questo caso a confortare dubbi e curiosità ci sono le vicende di due apostoli: Andrea e Simone il Cananeo. Non si sa molto della loro storia, ma la tradizione li indica come i primi seguaci della croce a fare visita alla Georgia con un’icona della Santa Vergine. L’incontro portò a buoni frutti, cosicché nacque nel terzo secolo la prima chiesa georgiana in un borgo chiamato Nastakisi, noto anche per la produzione di preziose ceramiche. In questo frangente si fondono i paradigmi musicali millenari della Georgia con il culto cristiano, dando vita alla polifonia sacra georgiana. E’ il 337 d.C. quando il cristianesimo diviene religione di stato. Ma c’è anche la componente bizantina che si intreccia con la polifonia religiosa e naturalmente il substrato pagano. Così nascono i primi "innari" comprendenti brani liturgici come "Markhuan-Zatiki" e "Parakliton ".

Il consolidamento del canto polifonico sacro si ha con George of Athos, religioso, scrittore, traduttore, figura centrale del cristianesimo georgiano medievale. Nasce a Trialeti, nel cuore della Georgia, nel 1009, e fin da piccino passa di monastero in monastero. Nel 1922 parte per Costantinopoli, dove comincia un lungo cammino di studi di teologia bizantina. Grazie a lui e a una delle sue opere più importanti – Ttueni Atormetnive Srulad Ghmrtivbrtsqinvaled – si forma la cultura musicale religiosa georgiana, di cui oggi ancora tutti i figli di Tbilisi beneficiano.

Trio Mandili

Oggi il canto polifonico è talvolta tenuto vivo da gruppi giovanissimi. Trio Mandili sono diventati famosi per caso, dopo un video casalingo girato in piena campagna, postato su Youtube che ha totalizzato in pochissimo tempo un numero incredibile di visualizzazioni. Complice, anche, la carineria delle protagoniste, tre ragazze della Khevsureti: Anna Chincharauli, Tatia Mgeladze, e Shorena Tsikarauli.

Il video ha cambiato la loro vita e da quel giorno saltano da un programma televisivo all’altro, da un’intervista all’altra, e suonano ovunque. Nel 2015 si sono esibite anche oltre i confini del paese natio, a Sofia e Plovdiv, in Bulgaria, e a Kiev, in Ucraina. E anche quest’anno hanno già in cantiere parecchi live. With Love – titolo non casuale, che strizza l’occhio al mondo occidentale – è il loro album di esordio, contenente brani originali e tradizionali (qui è possibile saperne di più). Perché ascoltarle? Nessuno può dirlo meglio di Mstislav Rostropovich, fra i più grandi violoncellisti di tutti i tempi: "Ogni cosa canta in Georgia, la gente, le montagne, i fiumi, il cielo e la terra. Non esiste una polifonia simile a questa altrove. Ascoltarla anche solo una volta ti fa gustare il sapore dell’eternità".

 

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