Locarno, la prima volta della Bulgaria

E’ un trionfo dei cineasti dell’est Europa al Festival di Locarno. Vince la bulgara Ralitza Petrova con il suo "Godless – Bezbog" e premio speciale della giuria al rumeno Radu Jude

22/08/2016, Nicola Falcinella -

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Un fotogramma tratto da "Scarred Hearts” di Radu Jude

La prima volta della Bulgaria in un grande festival internazionale. Il Pardo d’oro del °69 Festival del film di Locarno – assegnato lo scorso 12 agosto – è andato all’esordiente Ralitza Petrova per “Godless – Bezbog”, che ha ricevuto anche il Pardo per la migliore interpretazione femminile alla protagonista Irena Ivanova. Il premio speciale della giuria al romeno “Scarred Hearts” di Radu Jude, che avrebbe forse meritato la vittoria piena, con l’aggiunta del premio di miglior attore al polacco Andrzej Seweryn per “The Last Family” di Jan P. Matuszynski, completa il trionfo dell’Europa orientale.

Fuori dal palmarès l’altro bulgaro, “Slava – Glory” di Kristina Grozeva e Petar Valchanov, un altro tra i migliori del concorso e tra i favoriti della vigilia, opera terza dei registi già noti a livello internazionale per “The Lesson – Scuola di vita”.

Bulgaria

“Godless” segue un’infermiera della cittadina di Vratsa che assiste a domicilio anziani affetti da demenza senile. Insieme al fidanzato, con il quale non condivide più alcun momento di intimità, si occupa anche di un traffico di documenti falsi che coinvolge anche gli assistiti: quando una di questi muore per colpa loro, l’insensibile Dana va in crisi e ha un sussulto solo nell’incontro con un nuovo paziente, un maestro di coro che era stato incarcerato durante il comunismo.

Convince “Slava – Glory” di Kristina Grozeva e Petar Valchanov, che confermano la coppia di attori protagonisti di “The Lesson – Scuola di vita”, Margita Gosheva e Stefan Denolyubov. Tzanko Petrov è un uomo semplice di campagna, balbuziente, lavora in ferrovia da 25 anni e ogni mattina regola con precisione il vecchio orologio che gli aveva lasciato il padre, da cui il titolo del film. Un giorno, durante un normale controllo sulla linea, trova molti soldi e avverte la polizia del ritrovamento. Il ministero decide di farlo diventare un eroe da mostrare alla cittadinanza e nella cerimonia di premiazione gli consegna un orologio di poco valore.

A occuparsi da subito di lui c’è Julia, quarantenne senza scrupoli, di bell’aspetto, addetta alle relazioni esterne del ministro dei Trasporti. Nella vita privata si sta preparando a fare il congelamento degli embrioni con il marito, ma è concentrata solo su lavoro, carriera e relazioni di potere, tanto che tocca al coniuge portare avanti le procedure mediche. In alcuni passaggi si ride amaramente, e altri sono quasi simbolici, come quando, per farsi un’iniezione in ufficio, la donna si nasconde dietro una bandiera dell’Europa. Intanto Julia perde il vecchio orologio del ferroviere che, sotto il peso dell’ingiustizia, cade nella trappola di un giornalista tv molto aggressivo che lo spinge a denunciare pubblicamente il fatto esponendolo a un ricatto. Per Tzanko è anche l’occasione per segnalare il furto di carburante dei treni cui assiste spesso e che crea danni all’azienda ferroviaria, ma anche questo comporterà gravi conseguenze.

I due registi raccontano l’odissea di un pover’uomo onesto, in balia di tutti, soprattutto di un potere senza scrupoli, con governanti pronti a tutto per distrarre l’attenzione dalle questioni importanti. E l’uso e l’influenza delle tv nel manipolare e orientare l’opinione pubblica. Un lavoro molto ben sceneggiato, con i due protagonisti credibili, ben scritti e filmati in modo diverso uno dall’altro, in maniera corrispondente al loro stile di vita. Il film, con un finale ricorda quello di “Oltre le colline” del romeno Cristian Mungiu, sarà distribuito in Italia nei prossimi mesi da I Wonder.

I due film bulgari, molto diversi della forma, hanno molte assonanze nei temi, nel discorso sul potere, nel racconto di una provincia di corruzione e traffici, nel passaggio dal comunismo al capitalismo continuando in piccole e grandi angherie sui comuni cittadini. “Godless” è meno pulito e meno preciso come sceneggiatura rispetto all’altro, ma è forse più nuovo, ha più forza, ha uno sguardo registico più deciso e ambizioso, è anche più da festival con un finale più furbo. Comprensibile la preferenza da parte dei giurati.

Romania

Deluso è anche Jude, autore già di tre lungometraggi, “The Happiest Girl In The World”, “Everybody In Our Family” e soprattutto “Aferim!”, Orso d’argento per la miglior regia al Festival di Berlino 2015. In un formato quadrato che fa tanto cinema delle origini, Jude racconta la degenza ospedaliera di un poeta ebreo a fine anni ’30, tra venti di guerra e voglia di vivere. Emanuel, ventenne figlio di un ricco commerciante, è ricoverato in un ospedale sul Mar Nero per una tubercolosi ossea che gli consuma le vertebre. I medici si prendono a cuore il suo caso, gli aspirano il pus e gli ingessano il busto bloccandolo a letto per mesi. Questo non ferma la voglia di divertirsi dei giovani in ospedale. Con gli altri ricoverati si beve e si ride, intanto parla di poesia e filosofia, di Hitler e Cioran, dell’antisemitismo crescente, dell’aria di guerra. Nasce una relazione con Solace, paziente di origine serba, da qui il sesso sui lettini da ingessati in posizioni improbabili che ricorda un po’, pur nelle differenze, “Crash” di Cronenberg.

Un film sulla progressiva consunzione, il non senso delle cose, l’insondabilità del destino, la sorte di chi guarisce e di chi muore, la scomparsa altrui che è anticipazione della propria. La forza della mente che si rifiuta di farsi vincere dalle costrizioni, anche se il corpo diventa metafora di una condizione esistenziale. Jude compone tutto in piani sequenza e quadri fissi, dentro i quali il movimento interno contrasta con la quasi immobilità di Emanuel. Un lavoro ambizioso, magari ostico a un approccio superficiale, tratto dalle memorie di Max Blecher, che visse quella condizione per un decennio da un sanatorio all’altro prima di morire nel 1938, che ha un finale che ci porta direttamente all’oggi. “Scarred Hearts”, ambizioso e riuscito, conferma la bontà della scuola romena e Jude come quarto componente, con Cristian Mungiu, Cristi Puiu e Corneliu Porumboiu, di un gruppo che ha pochi eguali nella scena internazionale.

Grecia

La Grecia, che nel concorso Cineasti del presente ha proposto la sterile opera prima “Afterlov” di Stergios Paschos, è comparsa in tre pellicole molto diverse. Nell’adrenalinico “Jason Bourne” di Paul Greengrass, ottimo action-thriller in giro per il mondo, la Cia ritrova Bourne e una sua hacker sua alleata ad Atene, durante una manifestazione politica. Il tedesco in concorso "Der traumhafte Weg" di Angela Schanelec inizia in Grecia nel 1984, con due giovani che si innamorano e si guadagnano da vivere cantando per le strade, mentre si svolgono manifestazioni per una “Nuova Europa”. Peccato che, mentre la storia dei personaggi arriva fino ai giorni nostri, il discorso sulla Grecia non venga ripreso.

Cercano di mantenersi suonando e cantando il rebetiko anche i fratelli greci che vivono in Francia, Theo e Leandro, protagonisti del curioso “La prunelle de mes yeux” di Axelle Ropert, in concorso per il Pardo. I due vivono nello stesso condominio delle sorelle Elise, pianista non vedente, e Marine, dipendente da cocaina. È per un gioco un po’ cinico che Theo comincia a fingersi cieco e questo porta a una svolta anche sentimentale. Una piccola commedia tra equivoci e tocchi surreali che a suo modo funziona.

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