Macedonia, lo stallo continua
Le elezioni anticipate dello scorso dicembre disegnano una Macedonia spaccata: lo scontro rischia ora di spostarsi sul fronte etnico, mentre nuove consultazioni non sono da escludere
Dopo due rinvii (da aprile a giugno e da giugno a dicembre), le elezioni politiche anticipate nella Repubblica di Macedonia si sono finalmente svolte l’11 dicembre 2016. Secondo gli osservatori dell’ODIHR, le elezioni sono state "generalmente ben gestite e senza grandi incidenti" e la campagna elettorale è stata giudicata " competitiva", anche se "si è svolta in un ambiente caratterizzato da sfiducia nelle istituzioni pubbliche e nella politica, nonché da accuse di coercizione degli elettori".
Dopo giorni di conteggi e riconteggi, la Commissione elettorale di Stato ha annunciato il risultato finale: 51 seggi per VMRO-DPMNE (il partito al potere dal 2006), 49 per il principale partito di opposizione SDSM, 10 per DUI (partner di coalizione del DPMNE dal 2008), 5 per il neonato movimento BESA, 3 per la nuova Alleanza per gli albanesi e 2 per il DPA. I due partiti di governo, DPMNE e DUI, hanno ottenuto la risicata maggioranza di 61 seggi su 120 nel nuovo parlamento.
Queste elezioni avrebbero dovuto sciogliere il biennale stallo politico culminato lo scorso anno con la cosiddetta "rivoluzione colorata". Purtroppo, non è stato così: il periodo post-elettorale ha ulteriormente esacerbato le tensioni politiche a partire dal giorno dopo la comunicazione dei risultati ufficiali.
Aritmetica post-elettorale
In conformità con le procedure, il presidente ha incaricato il leader VMRO-DPMNE Nikola Gruevski di formare un nuovo governo. Così, il DPMNE, con i suoi 51 seggi su 120, è il primo partito ad avere la possibilità di formare la nuova maggioranza. Gruevski dovrà trovare un partner entro il 29 gennaio o il mandato sarà dato al SDSM. Se nessuno riuscirà a formare una maggioranza, si terranno nuove elezioni.
Alla luce degli scandali che hanno causato la crisi politica e portato alle elezioni anticipate, questo sarebbe un compito arduo per chiunque. Al momento, Gruevski sta corteggiando almeno altri 10 deputati che gli garantirebbero un nuovo mandato come primo ministro. Da questa posizione, Gruevski sarebbe in grado di bloccare tutte le azioni legali da parte della Procura speciale per le accuse contro di lui ed i suoi alleati.
Poker politico
Tuttavia, raggiungere i 61 seggi potrebbe rivelarsi molto difficile per Gruevski, poiché gli scandali di cui sopra hanno profondamente danneggiato la sua capacità di formare una coalizione: nessuno dei leader di partito, ad eccezione del DUI di Ali Ahmeti, sembra essere disposto a entrare in un nuovo governo guidato da Gruevski.
Dal 2008, le coalizioni di governo sono state generalmente formate dai partiti vincitori di etnia macedone e albanese. In base a questo precedente, VMRO e DUI sono legittimati ad avviare un negoziato.
In caso di fallimento dei negoziati, tuttavia, a Gruevski non rimangono molte opzioni. Oltre al DUI, potrebbe corteggiare gli altri tre partiti di etnia albanese (BESA, Alleanza per gli albanesi e DPA), che hanno un totale di 10 seggi, ma questi hanno chiaramente affermato di non avere alcun interesse a far parte di un governo guidato da Gruevski. A complicare ulteriormente la situazione, solo due giorni prima che a Gruevski fosse dato il mandato, i quattro partiti di etnia albanese, guidati dal DUI e coordinati da Tirana e Pristina, hanno reso pubblica una piattaforma politica comune che potrebbe trasformare la crisi da politica e istituzionale in etnica.
La piattaforma politica albanese
La piattaforma è stata lanciata il 7 gennaio, il giorno del Natale ortodosso. Come hanno spiegato i leader dei partiti, dopo averne discusso fra di loro e con i primi ministri di Albania e Kosovo, hanno concordato una lista di condizioni per l’adesione ad un nuovo governo di coalizione. Il primo ministro albanese Edi Rama ha definito la piattaforma "storica". In risposta, il ministro degli Esteri macedone Nikola Poposki ha denunciato l’interferenza di Albania e Kosovo negli affari interni della Macedonia come impropria. "Stanno inviando alla regione i segnali sbagliati. Questo approccio è pericoloso", ha detto Poposki. L’ambasciatore albanese in Macedonia ha confutato le accuse affermando che gli albanesi non stanno interferendo, ma semplicemente prendendosi cura dei loro compatrioti in Macedonia.
La lunga lista di richieste comprende: il riconoscimento degli albanesi in Macedonia come stato-nazione, un dibattito su bandiera, inno e stemma della Macedonia perché "i simboli dello Stato riflettano multi-etnicità e uguaglianza etnica" e l’adozione di una risoluzione in Parlamento per condannare "il genocidio contro gli albanesi in Macedonia nel periodo 1912-1956".
La piattaforma è stata pesantemente criticata dagli intellettuali filo-opposizione, in gran parte di etnia macedone, che l’hanno definita una "gigantesca delusione", un "pamphlet politico a buon mercato", "un tentativo di relativizzare i crimini", un "insieme incoerente e caotico di idee, desideri e provocazioni". I critici hanno anche sottolineato che "bi-etnicità non è multi-etnicità".
Nuove elezioni?
La piattaforma albanese ha ulteriormente complicato una situazione politica già spinosa. Allora perché i partiti di etnia albanese hanno fatto questa mossa? La risposta è probabilmente collegata ai risultati delle elezioni precedenti. Rispetto alle elezioni parlamentari anticipate del 2014, il DPMNE ha perso 10 seggi, mentre il DUI di Ali Ahmeti è passato da 19 seggi a solo 10.
La causa principale di questa debacle risiede nello scandalo delle conversazioni intercettate e relative proteste. In questo clima di tensione, il principale partito di opposizione SDSM ha intercettato l’umore dell’opinione pubblica e presentato un programma di stampo più civico in campagna elettorale. Di conseguenza, circa 70.000 albanesi hanno votato per l’SDSM: per la prima volta, così tante persone hanno votato per un partito oltre i confini etnici in elezioni parlamentari.
Questo sviluppo ha preoccupato i partiti nazionalisti al potere DPMNE e DUI, che si sono affrettati a riportare il dibattito politico sui binari della retorica nazionalista. La piattaforma ha rapidamente trasformato la crisi di legittimità politica e istituzionale in un conveniente discorso etnico. Dopo la piattaforma, DPMNE può ancora una volta chiedere voti ai macedoni etnici per garantire l’indipendenza politica dagli albanesi etnici.
Allo stesso tempo, il DUI sarà ancora una volta percepito da albanesi come il loro unico protettore, emarginando i nuovi soggetti, BESA e Alleanza per gli albanesi. Pertanto, è difficile spiegare perché i due partiti minori abbiano sostenuto una mossa che li ha spinti sotto il controllo del DUI: inesperienza politica o romanticismo nazionalista? Molto probabilmente, una combinazione dei due fattori abbinata all’autorità di Tirana e Pristina. Gli stessi leader hanno ammesso che i paesi vicini hanno incoraggiato il processo e li hanno spinti a firmare la petizione che ha rimesso il potere in mano al DUI di Ahmeti.
Con il dibattito politico nuovamente dominato dall’allarmismo nazionalista, le accuse contro DUI e DPMNE potrebbero passare in secondo piano. In questo contesto, le possibilità di coalizione sono poche: un vecchio-nuovo governo DPMNE-DUI, una coalizione tra SDSM e partiti di etnia albanese oppure un governo tecnico che porti il paese alle prossime elezioni anticipate. In questo momento, l’ultima opzione sembra la più probabile.