Serbia: l’economia cresce, avanti con l’austerità?

I dati macroeconomici della Serbia relativi al 2016 sono stati positivi. Ma gli economisti avvertono: non è il momento di allargare la cinghia

01/02/2017, Stevan Veljović -

Serbia-l-economia-cresce-avanti-con-l-austerita

Immagine tratta da Pixabay

(Pubblicato originariamente da Balkan Insight )

Dopo che i dati economici hanno evidenziato un andamento positivo che per il 2016 è andato oltre alle attese, gli esperti sottolineano che vi è la necessità di proseguire sulla strada avviata nel 2014 quando la Serbia ha introdotto misure di austerità, tra le quali tagli a pensioni e salari.

A loro avviso quindi il governo dovrebbe ridurre ulteriormente il deficit di bilancio e il debito pubblico e spingere sulle riforme delle aziende pubbliche e lavorare ad un generale miglioramento dell’ambiente economico in cui operano i privati.

Sono processi che non termineranno sicuramente entro il 2017 ma è importante – affermano gli esperti – continuare gli sforzi in quella direzione per confermare i risultati ottenuti nel 2016.

In alcuni casi i salari sono già aumentati, ma gli esperti avvertono che queste buone notizie per i lavoratori dovrebbero essere affrontate con cautela, in modo che gli aumenti di stipendio non intacchino il decremento del disavanzo pubblico registrato nel 2016.

I risultati hanno superato le aspettative, specialmente per ciò che concerne le finanze pubbliche e la crescita economica. Il PIL è cresciuto del 2,7% e non del previsto 1,5%, mentre il disavanzo di bilancio si è fermato a metà di quanto ci si aspettava, intorno al 2% del PIL anziché al 4%.

Il deficit più basso del previsto significa che il debito pubblico, che attualmente è equivalente a un valore compreso tra il 74% e il 75% del PIL – molto al di sopra del tetto legale del 45% – dovrebbe diminuire prima del previsto.

Pavle Petrović, presidente del Consiglio Fiscale, ente statale indipendente incaricato di monitorare le finanze pubbliche, ha dichiarato lo scorso 10 gennaio che circa metà della diminuzione del disavanzo pubblico è conseguenza di una migliore riscossione delle imposte, mentre il restante è risultato dei tagli nei salari del settore pubblico e delle pensioni.

L’aumento dei salari metterebbe a repentaglio la crescita

L’economia serba dovrebbe continuare su questi risultati nel 2017, con il governo che prevede una crescita del PIL del 3%, mentre la Banca Mondiale si ferma al 2,8%.

La crescita del 2,7% nel 2016, sebbene sia stata la più elevata degli ultimi 8 anni, fino ad adesso ha aiutato la Serbia a ritornare ai livelli dell’attività economica pre-2008.

Pavle Petrović ha affermato che la crescita del PIL è stata dovuta in parte a buone politiche interne e in parte a congiunture regionali positive, quali bassi prezzi del petrolio, bassi tassi d’interesse e crescita nelle importazioni da parte dei paesi UE, che sono i più grandi partner commerciali della Serbia.

“A causa di ciò, altri paesi nella regione quali la Romania, la Bulgaria e la Croazia hanno assistito a solidi tassi di crescita, sensibilmente migliori delle previsioni effettuate all’inizio dell’anno”, ha sottolineato Petrović al quotidiano serbo Danas il 4 gennaio scorso.

“Ma queste circostanze internazionali favorevoli non dureranno per sempre”, ha avvisato “il governo deve essere pronto per quel momento, in modo che una congiuntura futura negativa, che inevitabilmente arriverà, non ci abbatta, allo stesso modo in cui la congiuntura adesso ci sta facendo crescere”.

L’ultimo report del Consiglio Fiscale pubblicato nel mese di dicembre descrive la finanziaria per il 2017 come “credibile ma non abbastanza ambiziosa”. Visi afferma che il deficit di bilancio previsto, che equivale a 75,2 miliardi di dinari (pari a 604 milioni di euro), corrispondente all’1,7% del PIL, non presuppone alcuna riduzione ulteriore del deficit rispetto al 2016. Ci si aspettava invece, secondo i relatori del rapporto, una riduzione dei sussidi e la razionalizzazione della pubblica amministrazione, assenti però nelle voci della finanziaria.

Dall’altro lato gli impiegati dei settori dell’istruzione, della sanità, dei servizi sociali, del settore giudiziario, della polizia e delle forze armate hanno cominciato l’anno con salari leggermente più alti, poiché il governo a dicembre ha aumentato i salari nel settore pubblico con percentuali che vanno dal 5 al 7%, e le pensioni dell’1,5%. Gli impiegati in quei settori hanno ricevuto inoltre un bonus una-tantum di 5.000 dinari (circa 40 euro).

Nonostante i tagli del settore pubblico, il salario medio in Serbia ha continuato a crescere e ha raggiunto i 45.393 dinari (367€) nell’ottobre del 2016, dato giustificato dall’aumento dei salari nel settore privato.

Inoltre, prima ancora che gli impiegati pubblici ricevessero il loro recente aumento di stipendio, il ministro delle Finanze Dušan Vujović ha suggerito che il governo dovrebbe discutere un altro aumento di salari e pensioni nel 2017 se la crescita economica e le entrate di bilancio supereranno le aspettative. “Abbiamo previsto un aumento del 3% del PIL, ma questa è una previsione cauta”, ha dichiarato Vujović alla tv nazionale RTS il 10 dicembre scorso. “Quando avremo un tasso di crescita maggiore, condizioni più favorevoli per la creazione di nuovi lavori, migliori condizioni di gettito fiscale e contributi sui salari, allora ci sarà spazio per discuterne [di aumenti salariali]”, ha aggiunto.

Miladin Kovačević, direttore dell’Ufficio Statistico della Serbia, ha dichiarato il 10 gennaio scorso che nel marzo di quest’anno il salario medio potrebbe raggiungere i 400 euro, poiché i salari del settore privato dovrebbero crescere, seguendo l’aumento dei salari nel settore pubblico.

Sono emerse anche voci secondo le quali il governo potrebbe ridurre le imposte sui salari – un leit motiv del settore privato – per incrementare l’occupazione.

Gli esperti, d’altro canto, hanno richiesto cautela, spiegando che i risparmi sui salari e sulle pensioni, che hanno portato a tagli del deficit annuale riducendolo all’1,7% del PIL, sono stati fino ad adesso una delle chiavi del successo nell’attuare il consolidamento fiscale. Il governo ha tagliato le pensioni e i salari nel settore pubblico, partendo da quelle che superavano i 25.000 dinari [203 euro], nel mese di novembre 2014.

Milojko Arsić, professore di economia a Belgrado, ha dichiarato a BIRN che data la diminuzione del deficit nel 2016, la sfida maggiore nel 2017, sarà quella di stabilizzare i risultati raggiunti fino ad ora. “Il più grande rischio per il 2017 è la possibilità di un altro aumento dei salari, delle pensioni e dei tagli alle tasse”, ha avvertito.

Ha inoltre aggiunto che la combinazione di queste misure potrebbe portare a ripetere alcuni []i fatti nel passato, quando i governi credevano che una maggiore spesa sarebbe stata compensata positivamente nel bilancio tramite un maggiore gettito fiscale, cosa che successivamente si è dimostrata irrealistica.

Il professore ha descritto il 2017 come un anno di un possibile rallentamento nel consolidamento fiscale.

Anche il Consiglio fiscale ha avvertito nel suo rapporto che “una cessazione improvvisa di tali misure” [precedenti tagli dei salari e delle pensioni] annullerebbe i risultati del consolidamento fiscale raggiunto fino ad ora, perché porterebbe indietro il deficit, che passerebbe dal 3,5% al 4% del PIL, accelerando ancora una volta la crescita del debito pubblico”.

Le aziende pubbliche vanno riformate

L’obbiettivo del governo per il 2017, secondo la Strategia Fiscale del 2017-2019 è di ridurre ulteriormente il numero di impiegati pubblici, con tagli previsti di 5000 posti. Un divieto di nuove assunzioni esistente sino a marzo 2017 è stato esteso sino alla fine dell’anno.

Ana Brnabić, ministra per l’Amministrazione statale, ha dichiarato lo scorso 10 gennaio al canale tv B92 che sino ad ora 23.000 impiegati hanno lasciato la pubblica amministrazione e che lo stesso avverrà con altri 5.000 quest’anno.

In ogni caso, la ministra ha affermato che la grossa questione resta quella delle società pubbliche, che hanno un totale di 147.000 dipendenti e la cui struttura deve ancora affrontare una razionalizzazione.

Le riforme in tal senso non hanno causato sino ad ora grosse interferenze sul mercato del lavoro: il tasso di disoccupazione è crollato dal 23,9% nel 2012 al 13,8% nel terzo quadrimestre del 2016, secondo un’indagine sulla forza lavoro che include anche i lavoratori nell’economia invisibile, “grigia” od “ombra”.

La razionalizzazione fino ad ora è stata compiuta prevalentemente attraverso una riduzione naturale della forza lavoro, incluso il pensionamento.

In ogni caso, ha sottolineato il Consiglio Fiscale, questo processo non è basato su dettagliate analisi di settore e dei rischi che potrebbero indebolire la qualità della pubblica amministrazione, poiché i lavoratori più produttivi a volte sono quelli che lasciano il settore statale per primi.

Vi è anche il rischio che i posti che restano vacanti a causa dei pensionamenti siano, sotto pressione, nuovamente assegnati e che la razionalizzazione termini con una forza lavoro equivalente a quella precedente o addirittura maggiore. Ciò è già accaduto un decennio fa, quando la forza lavoro è stata tagliata del 10% tra il 2002 e il 2006, per poi eccedere il livello iniziale nel 2008.

Un altro rischio riguarda le aziende pubbliche e di proprietà statale in via di privatizzazione o ristrutturazione i cui debiti vengono spostati sul bilancio statale. Una metà del deficit previsto nel 2017 è destinata a pagare le garanzie attivate sui prestiti concessi prima del 2015 ad aziende pubbliche, quali ad esempio Srbijagas.

Ogni nuovo debito, e alcuni sono stati avviati nel 2016, crea un potenziale rischio per i contribuenti, che potrebbero pagare per alcune di queste passività.

Milojko Arsić sottolinea che il destino delle aziende pubbliche è cruciale per il consolidamento fiscale e si augura si facciano progressi, perché la questione è importante sia per l’FMI che per la Banca Mondiale e, in un certo senso, anche per lo stesso governo. Ha aggiunto: “Se questa questione non è risolta, è probabile che il governo dovrà di nuovo coprire alcune delle loro passività”.

Le congiunture internazionali positive potrebbero non durare

Riguardo al fare impresa in Serbia, molti fattori sono stati positivi nel 2016, tra questi la crescita economica, un’inflazione sotto controllo e dopo molti anni, anche prestiti a buon mercato. I tassi di interesse sono scesi nel 2016 al 4,4% se contratti in euro e all’8,8% se contratti in dinari, diminuiti rispettivamente del 10,1% e al 2,8% rispetto a quelli del 2013.

Per il 2017, la Banca Nazionale di Serbia ha previsto un’inflazione bassa, stabile attorno al 3% con un’oscillazione prevista del ± 1,5 % e investimenti diretti esteri (IDE) simili a quelli visti nel 2016.

Il valore degli IDE in Serbia ammontava a 1,5 miliardi di euro lo scorso ottobre. Il dato di dicembre porterà presumibilmente il dato al livello del 2015, quando la Serbia ricevette un ammontare di IDE corrispondente a 1,8 miliardi di euro. A dicembre il governo ha adottato nuove regole sugli aiuti agli investitori, stabilendo che tutte le aziende che investono più di 100.000 euro e impiegano almeno 10 persone possono chiedere sgravi fiscali tra i 3000 e i 7000 euro per assunto.

Arsić afferma che i livelli di investimento nel 2016 non sono stati alti solo in Serbia, ma anche altrove in Europa centrale ed orientale. “Un’abbondanza di capitali a buon prezzo ha avuto influenze positive sia in Serbia che in altri paesi, così è realistico che si ripetano i risultati dell’anno scorso o che addirittura vengano migliorati”, ha spiegato.

Ha poi aggiunto che la bassa inflazione e i bassi tassi d’interesse hanno prodotto un effetto positivo sull’ambiente imprenditoriale in generale, ma quasi nessun progresso è stato fatto in altre aree.

“Tra questi vi è il lavoro dell’amministrazione statale e la riforma del sistema giudiziario, dove non vediamo alcuna tendenza al miglioramento”, ha spiegato Arsić.

In merito al possibile effetto sull’economia di elezioni anticipate Arsić ha poi affermato che le elezioni in generale non sono un buon periodo per gli investimenti e potrebbero rallentare altre riforme: “E’ difficile immaginare che, in periodo elettorale, avvengano riforme della giustizia più serie, una battaglia più decisa contro l’economia grigia o che venga risolta la situazione delle società pubbliche”.

Commenta e condividi

La newsletter di OBCT

Ogni venerdì nella tua casella di posta