Serbia: proprietà dei media e politica
In Serbia il controllo dei media avviene, rispetto al passato, con metodi più sofisticati. Ma non meno dannosi per la libertà d’espressione
(Pubblicato originariamente da Le Courrier des Balkans il 27 marzo 2017)
Chi possiede i media della Serbia? In un rapporto sulla “proprietà e il controllo dei media in Serbia” pubblicato nel febbraio 2015 il Consiglio per la lotta alla corruzione rivelava che dei 50 media più rilevanti del paese 27 non facevano certo prova di trasparenza per quanto riguarda l’individuazione dei loro proprietari.
Il Consiglio concludeva il suo rapporto insistendo sul fatto che “molti dei contenuti mediatici non sono il risultato di un lavoro di indagine libero ed oggettivo” e che “la maggior parte dei media non sono trasparenti per quanto riguarda i loro introiti finanziari e le loro connessioni con le élite politiche e economiche”.
Questo nonostante la Serbia si fosse dotata l’anno precedente di una serie di misure raggruppate nella “Legge sull’informazione pubblica e i media” pensate per porre rimedio al problema. Ma come accade spesso nel paese “il problema non sta nella legislazione ma nel fatto che non viene rispettata”, denuncia Milan Dinić, giornalista e esperto di media. A suo avviso la questione è cruciale per stabilire una vera democrazia in Serbia. “Il paese è ancora in transizione e la politica e i media sono troppo interconnessi”, afferma.
Tra i casi più eclatanti quello del quotidiano Politika, fondato nel 1904, testata di riferimento della stampa serba. Il gruppo editoriale tedesco WAZ ne era proprietario per il 50%, rivenduto poi nel 2014 a East Media Group per 4,7 milioni di euro. Quest’ultima è una società con sede a Mosca il cui proprietario, l’uomo d’affari Miroslav Bogićević, vicino al Partito democratico (DS). Il resto delle azioni è controllato dalla società Politika AD, a sua volta controllata dallo stato.
Un altro esempio spesso citato è quello della catena N1, declinazione in salsa balcanica dell’americana CNN, posseduta dalla società di telecomunicazioni Serbia Broadband (SBB), quest’ultima a sua volta proprietà del fondo di investimento statunitense KKR Global Institute, presieduto dal generale americano in pensione David Petreus, ex direttore della CIA.
“Molti media in Serbia si presentano come indipendenti ma, nella maggior parte dei casi, l’unico elemento da cui sono indipendenti è il pubblico. Funzionano infatti soprattutto grazie ad investimenti esteri”, analizza il ricercatore. Altro caso che suscita dibattito in Serbia quello di B92 e di Prva Srpska Televizija, acquistati dalla società greca Antenna Group, attraverso uno schema complesso che comprende anche società offshore. Ciononostante il proprietario è noto, l’armatore Minos Kyriakou.
E’ anche questo che fa affermare a Stevan Dojčinović, direttore del sito di giornalismo investigativo indipendente Krik , specializzato nella rivelazione di casi di corruzione, che la questione della trasparenza non è più, attualmente, una questione fondamentale come in passato. “Si sa chi vi è dietro ad Informer, si sa chi dirige TV Pink… Questi media, che sono i più problematici e vicini all’attuale potere, hanno un proprietario che è noto”, sottolinea.
Secondo il giornalista il controllo dei media da parte del potere si è evoluto in Serbia, prendendo forme più sofisticate. Si appoggia sul fatto che Informer è l’unico media filo-governativo creato dall’arrivo di Aleksandar Vučić, nel 2012. Il suo proprietario, Dragan Vučićević, è noto a tutti. Allo stesso tempo è noto il proprietario di TV Pink, Željko Mitrović, spesso criticato per il suo appoggio fervente al governo Vučić. “Gli altri media erano vicini al governo precedente, quindi la maggioranza attuale ha adottato un approccio più intelligente ed efficace per controllarli”, commenta il giornalista. La strategia del caso per caso.
Principale leva d’influenza: le risorse pubblicitarie messe a disposizione dai ministeri e dalle aziende pubbliche. Nel suo rapporto del 2015 il Consiglio anticorruzione metteva in evidenza alcuni cambiamenti drastici nel mercato pubblicitario serbo, arrivati dopo le elezioni del 2012. Altro mezzo di controllo privilegiato da parte dello stato: “Il ricatto del debito”. TV Pink deve milioni di euro di tasse allo stato ed era, all’epoca dello studio, il media più indebitato presso l’Agenzia delle entrate serba. “Se lo stato reclamasse indietro i suoi soldi, TV Pink andrebbe in bancarotta. Se volete fare dei soldi nel settore dei media in Serbia dovete essere amici del governo”, riassume Stevan Dojčinović. Un’opinione condivisa dal ricercatore Milan Dinić: “Negli anni ’90 vi mandavano una banda di delinquenti in redazione che con una pistola alla tempia dicevano ‘Tu non parli così’. Oggi ti mandano comunque in redazione dei delinquenti ma sono in giacca e cravatta e vi parlano di entrate che potreste perdere…”
Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto