Giornalismo in Kosovo: soffocato da interessi politici ed economici

Nuovi e vecchi modelli di proprietà dei media non sembrano essere all’altezza della sfida di garantire un giornalismo indipendente e di qualità nel paese

05/04/2017, Abit Hoxha -

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Majlinda Hoxha / K2.0.

(Originariamente pubblicato da Kosovo 2.0, media partner del progetto ECPMF)

La proprietà dei media in Kosovo è un elemento cruciale per comprendere le scelte di produzione giornalistica e di raccolta delle notizie nel paese. Il mercato dei media in Kosovo è molto giovane: inizia a svilupparsi solo dopo il 1999, quando si apre definitivamente al pluralismo mediatico. Per questo motivo la proprietà dei media presenta ancora un carattere fluido, sia in termini di "chi possiede cosa" che per l’influenza che questa ha sul giornalismo stesso.

La questione della proprietà dei media assume un’importanza fondamentale in particolare nel quadro attuale di diffusione del fenomeno della post-verità, alimentato dal flusso di ‘fake news’. In questo contesto, i giornalisti si trovano esposti a influenze crescenti, provenienti sia dall’interno delle redazioni che da attori politici esterni.

I media kosovari si dividono tra l’emittente pubblica Radio Televisione del Kosovo (RTK) e altre emittenti private, entrambe disciplinate dalla stessa regolamentazione, eccetto che in materia di finanziamento. Nello specifico, RTK riceve fondi dal Parlamento del Kosovo e da fonti commerciali come le pubblicità, mentre i media privati si finanziano esclusivamente con la pubblicità.

Finora i media kosovari hanno mantenuto un modello di proprietà frammentata, senza riuscire a dare vita a consorzi o network tra aziende dell’informazione, i quali potrebbero migliorare la qualità del giornalismo, nonché garantire un respiro di carattere internazionale.

La concentrazione dei media

I media kosovari possono essere suddivisi in vari gruppi in base alla proprietà e all’influenza di quest’ultima sulla redazione. Una delle forme di proprietà esistenti è quella legata ad operatori economici che tentano di usare i media non solo come possibilità di business in sé, ma anche come strategia per proteggere i propri affari.

Il solo fatto che alcuni media, come Zeri, vengano comprati da uomini d’affari senza poi che questi investano sul loro sviluppo, né come modello di business né in termini di profitto, lascia intendere che dietro a queste acquisizioni vi siano forti interessi economici legati a particolari business e non vi sia dunque nessun interesse a dare vita ad una nuova attività.

Altre forme di proprietà possono avere un carattere più politico, per cui sia i partiti politici che i loro sostenitori acquisiscono i mezzi di informazione con il preciso scopo di ottenere più potere politico o guadagnarsi i favori di un partito. Sono molti i casi di giornali, e di recente di canali televisivi, che vengono principalmente usati dagli stessi proprietari come spazi di agitazione politica.

I casi di "Epoka e Re" e "Bota Sot" sono un esempio lampante di questo tipo proprietà, tanto quanto quello di Tribuna Channel, della famiglia del vice-ministro della Cultura Rexhep Hoti. Sia da un punto di vista economico che politico, il modello economico di proprietà dei media non riesce a offrire condizioni ottimali di lavoro per i giornalisti, mettendo a rischio il principio dell’indipendenza del giornalismo.

Secondo una delle ultime ricerche che ho aiutato a condurre l’anno scorso, dal titolo Worlds of Journalism Study , l’86% dei giornalisti in Kosovo non riceve un salario permanente e questo ne influenza i risultati lavorativi. Inoltre, i giornalisti applicano su se stessi forme di autocensura come conseguenza dell’influenza politica esercitata dai proprietari dei media e della dipendenza economica dagli organi di stampa per cui lavorano.

Uno studio di cui sono stata co-autrice sull’autocensura giornalistica nelle società post-conflitto , incentrato sulla regione balcanica (Kosovo, Serbia e Macedonia), ha sottolineato la tendenza dei giornalisti ad autocensurare “storie d’inchiesta che potrebbero essere politicamente scomode per il proprietario del media” in caso di proprietà politica. In caso di dipendenza economica, invece, a frenare i giornalisti è il “timore di un conflitto con gli inserzionisti o figure economiche o conglomerati”.

L’interferenza politica, la pressione economica e la concentrazione della proprietà dei media sono elementi rilevati anche dal World Freedom Press Index del 2016. L’indice riporta il fenomeno allarmante per cui i giornalisti che criticano le autorità vengono etichettati come "traditori", e conclude affermando che “tutti i peggiori sintomi balcanici si concentrano in Kosovo”.

Queste condizioni strutturali concorrono a indebolire il giornalismo in Kosovo. Secondo dati resi pubblici dall’Associazione dei giornalisti del Kosovo, nel 2015 sono stati riportati 15 casi di minaccia, assalti, intimidazioni, danneggiamento di proprietà e persino attacchi armati ai danni di giornalisti. Anche nel 2016 sono stati rilevati 16 casi e già agli inizi del 2017 si sono verificate minaccie e danneggiamenti delle proprietà di alcuni giornalisti.

Al fine di ovviare alle influenze e le pressioni politiche ed economiche, è stato sviluppato un nuovo modello di proprietà in Kosovo: l’advocacy media. Questo modello prende spesso la forma di ONG, le quali si propongono a difesa di una causa o di movimenti per il cambiamento politico. Questi media si finanziano in larga parte grazie a fondi internazionali, come nel caso del consorzio BIRN o di produzioni come Jeta ne Kosovo . I media che hanno adottato questo modello hanno dato prova di produrre le migliori inchieste investigative del paese. Nonostante ciò, l’impatto di questo tipo di testate rimane per ora limitato: sia perché sono considerati un modello non sostenibile e dunque poco credibile, sia perché gli attori politici li vedono con sospetto in quanto considerati media stranieri.

Portali e proprietà: dissidenza o decadenza?

In Kosovo si è sviluppato anche il fenomeno dei “new media”. Si tratta di giornalisti che hanno deciso di abbandonare il giornalismo tradizionale e hanno dato vita a piccoli portali sui quali viene curato un certo tipo di informazione indirizzato ad una specifica audience interessata a consultare sui propri smartphone informazioni brevi, non verificate e a carattere sensazionalistico.

Considerata l’insicurezza della condizione lavorativa dei giornalisti, spesso assunti sulla base di contratti a breve termine, l’autoimpiego in questi portali ha permesso loro di divenire allo stesso tempo proprietari, editori, designer e agenti di marketing. Per fare un esempio, un giornalista che in passato ha subito un’aggressione fisica dal suo ex datore di lavoro ha scelto di continuare la propria carriera aprendo un nuovo portale, Gazeta Fjala.

Difficile da controllare e influenzare, questo nuovo modello di media non è visto di buon occhio da molti in Kosovo e nella regione, soprattutto da parte di coloro che sono coinvolti in politica e in affari economici. Nonostante questa tipologia di media non produca generalmente alti livelli di qualità, ha contribuito a creare un nuovo modello di assetto propietario che tuttavia spesso manca di trasparenza: in molti casi è difficile stabilire chi siano i veri proprietari.

Considerato il monopolio che politica e interessi economici generalmente esercitano sui media in Kosovo, questi portali rappresentano in qualche misura un esempio di giornalismo dissidente: la mancanza di libertà di espressione giornalistica, assieme all’autocensura, hanno fatto sì che questo nuovo mercato emergesse al fine di permettere ai giornalisti di poter affrontare tematiche di loro interesse. D’altra parte, in molti casi sono da considerarsi un esempio di giornalismo scadente: soprattutto a causa della scarsa trasparenza e della pressione di pubblicare informazioni in tempo reale, questi portali hanno contribuito a creare un giornalismo che non sente il bisogno, o non ha il tempo, di verificare l’attendibilità delle informazioni. Questo tipo di informazione è destinato a un pubblico selezionato, spesso avviene attraverso una foto scattata dal cellulare e poi postata sul portale accompagnata da brevi commenti associati a frasi chiave di carattere sensazionalistico.

La regolamentazione dei media

Al di là dell’influenza esercitata dalla proprietà dei media, i media kosovari sono sottoposti alla regolamentazione specifica di normative statali e degli organismi di autoregolamentazione. Nella fase di transizione post-conflitto e di abbandono del precedente modello jugoslavo di proprietà statale dei media, il Kosovo è stato caratterizzato da un interessante mosaico di regolamentazioni. Immediatamente dopo la guerra, la missione Onu in Kosovo, l’UNMIK, ha promulgato importanti regolamentazioni che si sono principalmente focalizzate sulla prevenzione del conflitto e dell’incitamento all’odio etnico. Oggi, le emittenti kosovare sono disciplinate da organismi quali la Commissione Indipendente sui Media creata nel 2005 e responsabile della regolamentazione, gestione e controllo delle frequenze di trasmissione. La Commissione Indipendente sui Media monitora emittenti sia pubbliche che private, definisce ed implementa le politiche sui media e regola i diritti di trasmissione, gli obblighi e le responsabilità degli individui e delle entità che offrono servizi audio e audiovisivi – inclusa la regolamentazione dei cambi di proprietà.

La stampa si autoregola invece attraverso il Consiglio della stampa del Kosovo. Un ente fondato per e dalla stampa del Kosovo, il cui scopo è quello di verificare il rispetto del Codice della stampa. Il Consiglio della stampa è composto da testate cartacee, agenzie stampa e giornali on-line. I singoli membri entrano a far parte del Consiglio accettando di sottostare all’autoregolamentazione dello stesso e alle sue norme disciplinari in caso di reclami.

Tuttavia, la sfida rimane quella di coinvolgere i portali d’informazione più piccoli, che non fanno parte né del Consiglio della stampa né di altri organi di regolamentazione.

Molte sono le sfide a cui sono soggetti i media in Kosovo, e tra queste, la questione della proprietà rimane la precondizione essenziale per migliorare la qualità del giornalismo locale. Questioni come l’influenza, i ruoli, le pratiche e i valori sono tutte condizionate dalla proprietà dei media, la quale a sua volta impone una forte pressione sulle redazioni giornalistiche, le informazioni pubblicate e i singoli giornalisti. A fronte degli ultimi progressi tecnologici, la transitorietà che caratterizza le redazioni, la pressanti tempistiche che pesano sui giornalisti, le nuove dinamiche del processo di produzione dell’informazione non faranno altro che peggiorare la situazione.

Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto

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