Serbia, la rivolta della classe media

Da giorni migliaia di studenti e cittadini protestano per le vie della capitale e di altre città della Serbia. Un’analisi

13/04/2017, Dragan Janjić - Belgrado

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Proteste a Belgrado (foto G. Vale)

Migliaia di persone, per lo più studenti, da dieci giorni ogni sera dimostrano a Belgrado e in altre città serbe, chiedendo più democrazia, libertà dei media e la destituzione dei vertici del governo. Tutto ciò però non è sufficiente a far sì che il primo ministro e neo-eletto presidente della Serbia Aleksandar Vučić faccia concessioni. Ciò nonostante la protesta riveste un grande significato, perché si tratta della prima azione seria degli oppositori al governo da quando nel 2012 il Partito Progressista Serbo (SNS) è arrivato al potere.

Le proteste sono partite via social network subito dopo le elezioni presidenziali del 2 aprile, nelle quali Vučić si è imposto al primo turno con il 55% dei voti. La presenza massiccia e la persistenza che le caratterizza, e il fatto che si siano diffuse in un grande numero di città in Serbia, destano sorpresa, tenendo conto del fatto che l’opposizione, il giorno dopo le elezioni, ha ammesso la sconfitta e quindi ci si aspettava che calasse la tensione creatasi durante la campagna elettorale.

Le proteste attuali non hanno alcuna struttura organizzativa né una forte coesione territoriale. Sostenere quindi che dietro a tutto ciò vi siano alcuni partiti di opposizione suona decisamente poco convincente perché se l’opposizione avesse avuto abbastanza potere e influenza, le avrebbe organizzate durante la campagna elettorale, per aumentare le possibilità degli avversari di Vučić.

Anche il cosiddetto "fattore esterno" va evidentemente scartato come potenziale istigatore e organizzatore delle proteste, perché Vučić tutt’oggi ha il sostegno dichiarato di Bruxelles e Washington: è ritenuto uno dei più importanti fattori di pace della regione e in grado di fornire un importante contributo alla stabilità regionale, motivo per cui è lodato e sostenuto nella maggior parte delle capitali europee.

Conflittualità

Le cause della crescente protesta vanno piuttosto cercate soprattutto nelle relazioni sempre più complicate all’interno della stessa società serba, piuttosto che nelle azioni di uno o dell’altro partito di opposizione o di qualche potere esterno al paese. Lo scendere in piazza è dovuto in buona parte all’alta conflittualità presente nella scena politica serba e in generale nella società, negli ultimi anni fortemente incoraggiata dal primo ministro Vučić e dal suo Partito Progressista Serbo (SNS).

Il blocco di governo ha il dominio assoluto dei media mainstream e un’influenza decisiva sull’operato delle istituzioni pubbliche. Praticamente tutta l’opposizione e tutti gli avversari vengono demonizzati in modo sistematico e accusati di furto, tradimento, incompetenza e propensione alla corruzione. Dal canto loro le istituzioni pubbliche, per volontà politica e di partito, sono state calpestate e svuotate di senso. Atteggiamenti, questi, mesi in atto anche nei confronti di tutti coloro i quali hanno un atteggiamento critico nei confronti della maggioranza di governo.

Tra i giovani istruiti e tra i membri della classe media la vittoria di Vučić ha alimentato la preoccupazione che questo stato di cose possa durare a lungo. Il controllo del governo sui media mainstream e l’onnipresente retorica populista suscitano enorme disagio e insoddisfazione in questa fascia della popolazione, la cui voce si è affievolita nel corso degli ultimi anni, perché i partiti attraverso i quali in passato avevano potuto esprimere i propri interessi e aspirazioni, come il Partito Democratico (DS), sono stati demonizzati e marginalizzati.

I manifestanti provengono per lo più da questa parte della popolazione. Non costituiscono la maggioranza degli elettori, e il governo per ora cerca di risolvere il problema aumentando le accuse sul conto di tutti gli oppositori, sostenendo che creano il caos nel paese perché hanno perso le elezioni, ventilando la possibilità che il governo stesso organizzi delle contromanifestazioni. Gli studenti e i cittadini che prendono parte alle proteste descrivono i funzionari di governo e i media mainstream come un gruppo manipolato, mentre la Radio Televisione della Serbia (RTS) e i media controllati dal governo praticamente non riportano delle proteste, eccetto brevi informazioni al termine dei notiziari.

Unione

Vučić certamente sente che la conflittualità della società, che ha alimentato sin dal suo arrivo al potere, gli si può ritorcere contro, se gruppi emarginati cominciano ad organizzarsi e a resistere. Sul breve periodo non possono danneggiarlo, perché sono ancora privi di una solida struttura organizzativa, ma a lungo termine possono diventare un avversario molto scomodo. Perché attorno ad un forte bisogno sociale ci si organizza rapidamente e vi è il rischio per il governo che i partiti di opposizione si alleino con i movimenti dal basso e che la protesta si espanda ad altri gruppi sociali.

Per il blocco di governo è quindi essenziale evitare legami tra i manifestanti e le forze politiche di opposizione e i movimenti che la pensano allo stesso modo. E’ per questo che il partito di Vučić, l’SNS, grazie al pieno controllo dei media, ha creato un’atmosfera in cui per tutte le difficoltà della Serbia vengono incolpati il DS e gli altri soggetti politici che hanno rovesciato il regime di Slobodan Milošević, mentre l’SNS, il Partito Socialista della Serbia e altri partiti e organizzazioni vicine al governo, anche all’epoca di Milošević, raramente vengono menzionate in chiave negativa.

Grazie a questa campagna, così come agli []i commessi dai partiti che hanno rovesciato il regime di Milošević, un gran numero degli allora oppositori a quel regime oggi ha un atteggiamento molto critico nei confronti del DS e di altri soggetti con cui negli anni Novanta avevano lottato fianco a fianco contro Milošević: per il governo non è difficile alimentare il già profondo divario tra i cittadini scontenti e quei partiti che potrebbero eventualmente articolare politicamente quell’insoddisfazione.

Finché va così, ossia finché si tratta di una massa indefinita di persone insoddisfatte prive di un’organizzazione solida, il governo in linea di principio non rischia. I partiti di opposizione lo sanno perfettamente. Vorrebbero entrare in contatto coi manifestanti, ma restano molto cauti, temendo che il loro coinvolgimento possa far sgonfiare le proteste. L’opposizione per ora valuta la situazione e cercherà probabilmente nel prossimo futuro di stabilire una forma accettabile di comunicazione con i gruppi che guidano proteste.

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