Shkëlzen Sali Berisha chiede l’arresto per 5 giornalisti di Shqiptarja.com
Un articolo di Shqiptarja.com, nostro media partner nel progetto di ECPMF: una riflessione sulla libertà di stampa in Albania e sulle pressioni politiche che si trova a subire
Il figlio del Re della Calunnia, un monarca che ha costruito la carriera politica sua e della sua famiglia sulle offese personali, le calunnie familiari e le invenzioni più grottesche fatte senza fornire una sola prova, ha denunciato cinque giornalisti di Shqiptarja.com : Genc Kondi, Aurel Pepa, Daniela Bonollari, I. q. e B. K. (questi due nominati solo con le loro iniziali), chiedendo l’applicazione dell’articolo 120 del Codice penale e mettendo in evidenza nell’atto d’accusa che quest’articolo prevede la condanna fino a due anni di galera.
La "colpa" dei giornalisti è di aver pubblicato un documento reso pubblico dalla commissione parlamentare d’indagine istituita sul caso CEZ e secondo il quale Shkëlzen Sali Berisha, negli anni nei quali suo padre era al potere, era in debito con il pagamento delle imposte. Shkëlzen Berisha, invece di denunciare la Commissione (di fronte alla quale si rifiutò di testimoniare e dove avrebbe potuto chiarire anche questo aspetto delle accuse), si vendica contro i giornalisti indipendenti che hanno avuto il coraggio di pubblicare i documenti sui quali lui si è rifiutato di dare qualsiasi spiegazione. Se avesse parlato di fronte alla Commissione, Shqiptarja.com avrebbe sicuramente pubblicato la sua testimonianza, sempre attenendosi alla professionalità e alla correttezza che caratterizzano questa testata.
Pressione politica
In verità, dietro alla richiesta di imprigionare cinque giornalisti di Shqiptarja.com si cela un atto aperto di pressione politica verso un organo mediatico indipendente, in un momento vitale per l’azione politica del Partito Democratico. Questo è ammesso dallo stesso figlio dell’ex-premier nel suo atto di citazione, nel quale si legge: "Come universalmente riconosciuto l’attore, persona danneggiata dai fatti, è figlio dell’ex-premier, il signor Sali Berisha, figura importante per tutta la politica del paese negli ultimi 25 anni e voce insostituibile dell’odierna opposizione albanese. Calunniando suo figlio, viene ovviamente danneggiata anche la figura dell’ex-premier, estendendo questo danno anche alla odierna opposizione parlamentare, in un momento che coincide con lo svolgimento delle elezioni parlamentari".
Minacciare l’imprigionamento di cinque giornalisti indipendenti è il metodo usato dalla famiglia Berisha per far tacere la stampa non controllata da essa, al fine di non disturbare le azioni politiche del Dottor Berisha e del Partito Democratico.
L’atto di citazione presentato da Shkëlzen Sali Berisha in verità contiene una gaffe, resa ancor più incredibile dal fatto di provenire dal figlio dell’ex-premier, che dispone della consulenza di alcuni tra gli avvocati e professori universitari più bravi del paese. Una gaffe da noi interpretata come uno lapsus freudiano.
Spinto dal disperato desiderio di mandare in prigione cinque giornalisti di Shqiptarja.com, nel suo atto di citazione Shkëlzen fa esplicito riferimento alla versione dell’articolo 120 del Codice penale approvata da suo padre nel 1995, la quale prevede due anni di galera per i giornalisti. Shkëlzen dimentica il fatto che nel 2012 l’articolo è stato modificato e che oggi la pena detentiva non è più prevista.
La prima volta
Malgrado i fiumi di fango ogni giorno buttati nel mondo albanese dell’informazione (nei media stampati e in quelli elettronici), molto spesso alimentati dalle accuse inventate da Sali Berisha e dai media finanziati in nero da suo figlio, è la prima volta che un esponente politico chiede la prigione per cinque giornalisti.
Molto spesso il governo ha attaccato i media verbalmente definendoli "paludi mediatiche", però non ha mai intrapreso un’azione giuridica concreta verso qualche giornalista o editore anche quando sono stati accusati di pubblicare delle "fake news". Sali Berisha è riuscito a prendere le parti delle calunnie difendendole e valutandole come parte integrante della libertà di stampa e del diritto d’informazione. Questo atteggiamento estremo ha reso possibile per Berisha e i suoi media di continuare a offendere e infangare per anni non solo gli avversari politici, ma anche giornalisti e semplici cittadini, accusandoli di crimini di ogni genere senza mai sentire l’obbligo di documentare tali accuse.
All’improvviso però la famiglia Berisha scopre che la libertà di stampa ha un limite e che i giornalisti che pubblicano delle critiche nei suoi riguardi devono andare in galera.
Negli ultimi tre anni la fonte usata dall’opposizione per le sue calunnie è stata il cosiddetto "cittadino digitale", un’invenzione di Berisha che rimanda la memoria alle lettere anonime dell’epoca comunista usate dal Sigurimi, la polizia segreta del vecchio regime. Tramite Facebook, ogni giorno Berisha usa delle fonti anonime e non verificate per calunniare chiunque gli faccia ombra. Il tutto, ovviamente, senza fornire delle prove.
Per rimanere su questo tema delle prove, ecco che cosa scrive Shkëlzen Sali Berisha nel suo atto di citazione contro i cinque giornalisti di Shqiptarja.com: "In occasione delle pubblicazioni contro una persona e dove si pretenda di informare il pubblico su un fatto vero, si ha allo stesso tempo l’obbligo di provare i fatti alla base delle pubblicazioni". Perché lo stesso principio di civiltà non vale per la famiglia Berisha e i media controllati da essa?
Il grottesco non finisce qua in quanto Shkëlzen continua a spiegare perché la libertà di stampa, da suo padre presentata come bandiera del Partito Democratico, non può essere usata contro la sua famiglia: "Se da una parte gli articoli 22 e 23 della Costituzione della Repubblica d’Albania garantiscono la libertà di espressione e il diritto all’informazione, dall’altra parte l’articolo 3 della Costituzione afferma che "… la dignità della persona, i suoi diritti e le sue libertà, la giustizia sociale … sono le basi di questo Stato, dovere del quale è di rispettarli e difenderli". Partendo dai contenuti e l’interpretazione delle disposizioni citate precedentemente, in linea di principio arriviamo alla conclusione che la libertà di espressione e informazione è garantita e difesa dalla legge per chiunque, ma può essere sottoposta alle limitazioni o sanzioni previste dalla legge nei casi quando (tra l’altro) tocca il morale, l’onore, la dignità e i diritti degli altri. La presenza all’interno del Codice Penale delle sanzioni contro la calunnia ha a che fare con le misure che la legge usa per difendere l’onore e la dignità delle persone".
La domanda che ci viene è semplice: Perché la famiglia Berisha e i loro media quando scrivono e calunniano gli altri non devono rispettare queste regole che adesso invocano a loro tutela? Se Shkëlzen Sali Berisha ha chiesto la prigione per cinque giornalisti colpevoli, secondo la sua interpretazione, di aver pubblicato un articolo che contiene calunnie, ora deve aspettarsi che migliaia di cittadini, usando gli stessi argomenti, chiedano la prigione per lui e per suo padre, che da anni usano sistematicamente le calunnie "per interessi economici, credo politico – o qualsiasi altro interesse – tramite la denigrazione e le ingiurie verso l’onore e la reputazione dell’autore di quest’atto di citazione". Sono quest’ultime parole testualmente prese dall’atto di citazione presentato da Shkëlzen contro di noi e che, in verità, possono essere adatte alle intemperanze seguite da anni da Sali Berisha e i suoi servi.
Un documento della Commissione parlamentare d’indagine
Naturalmente, i giornalisti di Shqiptarja.com non hanno mai inventato delle inesattezze secondo il metodo "Berisha". Essi hanno solo pubblicato un documento amministrato da una commissione parlamentare d’indagine, documento il quale, insieme a tutto il materiale raccolto da essa, è stato consegnato alla Procura generale, che deve fare le sue indagini. I giornalisti di Shqiptarja.com si difenderanno presso la Corte per dimostrare a Shkëlzen Sali Berisha la credibilità e la serietà professionale con la quale hanno lavorato.
Rimane ignoto il fatto se Shkëlzen Sali Berisha, suo padre e i suoi giornalisti sapranno fare la stessa cosa quando finiranno davanti ai tribunali per le calunnie che fanno e che presentano di fronte all’opinione pubblica come "opinioni politiche" e "libertà d’espressione".
* Giornalista, editore, ex direttore Gazzetta del Mezzogiorno, vive e lavora in Albania