Serbia, pressioni politiche sulle istituzioni indipendenti

Un colloquio con Rodoljub Šabić, Commissario per le informazioni di interesse pubblico e per la protezione dei dati personali: insieme con l‘Ombudsman è tra le istituzioni più sotto pressione in Serbia

24/05/2017, Dragan Janjić - Belgrado

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Rodoljub Šabić (foto Medija centar Beograd )

Rodoljub Šabić ricopre la carica di Commissario per le informazioni di interesse pubblico e per la protezione dei dati personali da ormai dodici anni. Ha praticamente fondato questa istituzione, consolidandola nel corso degli anni, accrescendone la reputazione col suo impegno nel creare condizioni affinché l’accesso alle informazioni di interesse pubblico divenisse più facile e immediato, non solo per i cittadini ma anche per i media e giornalisti. Negli ultimi anni, svolgendo l’incarico pubblico affidatogli, Šabić è più volte entrato in grave conflitto con l’esecutivo. In prossimità della scadenza del suo secondo mandato, non più rinnovabile, molti tra i rappresentanti della società civile si chiedono chi verrà a sostituirlo e se l’accesso alle informazioni andrà a restringersi.

Šabić si è trovato coinvolto in uno scontro particolarmente duro con l’establishment per via del caso Savamala. Si tratta della demolizione di alcuni edifici in una zona del centro di Belgrado, avvenuta in piena notte, con “l’appoggio“ di un gruppo di uomini mascherati, muniti di mazze da baseball, e con la complicità della polizia che si è rifiutata di rispondere alle chiamate dei cittadini che le chiedevano di intervenire. L’inchiesta relativa a questo episodio procede a passi molto lenti, ragione per cui il Commissario ha chiesto che venisse reso pubblico il curriculum vitae di Sanja Đurić, procuratrice incaricata del caso. Richiesta alla quale l’Ufficio del procuratore ha risposto sporgendo denuncia nei confronti di Šabić.

Anche l’Ombudsman serbo era intervenuto, rilevando che il rifiuto della polizia di intervenire su richiesta dei cittadini coinvolti costituisce una violazione di legge, ed è stato di conseguenza esposto, esattamente come il Commissario Šabić, a duri attacchi e accuse provenienti dall’esecutivo e dai media ad esso vicini.

Dietro a questo controverso episodio vi è l’intenzione delle autorità di radere al suolo rapidamente, prendendo una “scorciatoia”, l’area destinata alla realizzazione del progetto “Belgrado sull’acqua”, un grande investimento che vede coinvolti gli Emirati Arabi Uniti.

Da quando, dodici anni fa, le è stata affidata la neoistituita carica di Commissario per le informazioni di interesse pubblico, nel suo lavoro ha incontrato la resistenza di praticamente tutti gli esecutivi succedutisi nel frattempo. Le risulta più difficile svolgere il proprio incarico oggi, sul finire del suo secondo mandato, oppure è stato più difficile all’inizio, quando bisognava costruire questa istituzione “da zero“?

Attualmente sono al mio secondo mandato, che scade alla fine del prossimo anno. Eppure mi è molto difficile dare una risposta categorica alla sua domanda. In questi dodici anni sono successe molte cose, la situazione cambiava continuamente. Del resto, il processo di costruzione di questa istituzione è tuttora in corso. Oggi, rispetto al periodo iniziale, l’Ufficio del Commissario dispone di molte più risorse umane, materiali e logistiche; gode di grande autorevolezza nonché di un forte sostegno della società civile; vanta un’alta percentuale di successo nelle azioni intraprese. Al contempo, però, la reticenza delle autorità ad accettare le decisioni del Commissario, soprattutto quelle riguardanti alcuni casi particolarmente delicati, è più forte e palese che mai. Allo stesso modo, quegli organi del potere che sono tenuti per legge a fornire un effettivo sostegno all’Ufficio del Commissario sempre più spesso ignorano i propri obblighi, o li “eseguono“ in maniera selettiva, simbolica.

In base alla sua esperienza, ritiene che in seno alla maggioranza parlamentare (ovvero negli ambienti di governo) vi sia un interesse affinché alla scadenza del suo mandato la carica di Commissario venga affidata a una figura indipendente?

Penso che la possibilità che ciò accada sia minima, puramente teorica. Vi sono molti elementi fattuali che giocano a sfavore di tale ipotesi. Del resto, negli ultimi tempi si è più volte assistito a situazioni in cui come membri degli organi che dovrebbero essere indipendenti, come la Corte costituzionale, l’Organo regolatore dei media elettronici (REM) o l’Agenzia per la lotta alla corruzione, venivano proposti individui che hanno palesi legami con i partiti politici o con alcuni potenti esponenti del governo, nonostante ciò sia vietato dalla legge.

I problemi con cui ha dovuto confrontarsi durante i suoi due mandati da Commissario sono conseguenza dell’incomprensione dell’importanza dell’accesso alle informazioni di interesse pubblico per il buon funzionamento di una democrazia, o derivano semplicemente dalla riluttanza delle istituzioni a rendere accessibili tutte le informazioni pertinenti? Quale dei due atteggiamenti prevale?

Vi sono molti fattori che ostacolano l’esercizio del diritto dei cittadini ad accedere all’informazione pubblica, tra cui l’incomprensione e la sottostima della rilevanza dell’opinione pubblica, il conservatorismo dei rappresentanti del potere e la loro visione distorta del proprio ruolo, l’arroganza istituzionale, ma anche un’intenzione, concreta e consapevole, di nascondere agli occhi dell’opinione pubblica la propria incompetenza, inefficienza, irrazionalità o, ancora peggio, malversazioni, atti criminali e corruzione.

Per il suo lavoro lei non ha mai ricevuto alcuna onorificenza dallo stato, ma ha ricevuto ben 19 denunce per i procedimenti intrapresi. Come commenta questo fatto?

Queste 19 denunce che lei ha menzionato riguardano solo l’ultimo anno, anno e mezzo, periodo in cui l’interesse del procuratore della Repubblica per le mie attività è decisamente accresciuto. Se a questo aggiungiamo tutte le denunce sporte nei confronti dell’Ufficio del Commissario negli ultimi dodici anni, si arriva a un totale di 30 denunce. In 14 di questi casi il procedimento davanti al tribunale è ormai concluso: 11 denunce sono state respinte, mentre in tre casi è stata annullata la decisione del Commissario, ma non per ragioni materiali e legali, bensì per motivazione “insufficiente”. In due di questi casi ho ribadito la mia posizione fornendo motivazioni “più forti”, le quali sono state accettate dal tribunale. Nel terzo caso, l’interessato ha rinunciato alla sua richiesta di accesso alle informazioni, con conseguente estinzione del processo.

Quanto al fatto che non mi è mai stata conferita alcuna onorificenza dallo stato, ovvero dal governo, esso è a suo modo curioso, tanto più perché in questi dodici anni ho ricevuto davvero molti prestigiosi riconoscimenti da parte della società civile. Però il fatto che nessuno degli esecutivi susseguitisi in questi anni mi ha mai conferito alcun riconoscimento, per me è un riconoscimento speciale.

Tra le accuse mosse nei suoi confronti dalla procura della Repubblica vi è anche quella relativa ad alcune richieste da lei avanzate in merito al caso Savamala. Cosa si cela dietro a questa denuncia, l’incomprensione del ruolo del Commissario, il tentativo di mettere un freno alle domande su questa delicata vicenda o qualcos’altro?

Non mi piace speculare, ma quel che è certo è che dietro a questa accusa possono celarsi varie cose spiacevoli, comprese quelle da lei menzionate. Qualunque sia la ragione, si tratta di un caso che ha assunto tratti caricaturali, ed è per questo che l’ho definito pubblicamente come un ossimoro, un’assurdità giuridica.

Questa accusa riguardo al caso Savamala che la procura ha mosso nei miei confronti concerne la presunta “violazione di legge ai danni dell’interesse pubblico”. La norma presumibilmente violata è una disposizione del tutto anacronistica, contenuta nella legge sulle procure, sul “segreto professionale”, la quale ha perso la sua forza normativa in virtù della nuova legge sulla privacy, che costituisce una lex posteriori specialis e nella quale non vi è alcuna menzione del “segreto professionale”.

Un altro dato di fatto inconfutabile, e ugualmente importante, è che l’accusa nei miei confronti è stata mossa quando non solo il curriculum vitae del procuratore incaricato del caso Savamala, che è stato oggetto del mio provvedimento, ma anche quelli di molti altri sostituti procuratori della Repubblica erano consultabili sul sito del Consiglio nazionale dei procuratori ormai da mesi. Il Consiglio nazionale dei procuratori è presieduto dal procuratore generale della Repubblica, che presiede anche l’ufficio del pubblico ministero. Il fatto che un provvedimento del Commissario per le informazioni di interesse pubblico con il quale si dispone che il curriculum vitae di un procuratore venga reso pubblico sia definito come “violazione di legge ai danni dell’interesse pubblico”, mentre al contempo i curriculum vitae dei procuratori vengono regolarmente pubblicati sui siti web istituzionali, non può che essere qualificato come un’assurdità, un ossimoro giuridico.

Situazioni di questo genere, in cui un Commissario per le informazioni di interesse pubblico si trova costretto a confrontarsi con le accuse della procura, avvengono anche in altri paesi dove è presente questa istituzione?

In alcuni paesi sì, così come avvengono alcune altre situazioni conflittuali che fanno parte della mia esperienza. Tuttavia, penso che i miei colleghi di altri paesi non siano costretti ad affrontare campagne diffamatorie, che spesso implicano insulti, volgarità e minacce molto pesanti, condotte da alcuni media o attraverso gruppi di cosiddetti “bot” che agiscono sui social network. Questa mi pare sia una nostra triste peculiarità, che ha ormai assunto dimensioni incredibili.

L’attuale quadro normativo consente un maggiore rafforzamento della figura del Commissario rispetto agli organi dello stato e ai centri di potere politico ed economico? C’è bisogno di cambiarlo in alcuni punti?

Sì, qualcosa dovrà essere cambiato. Dovranno essere adottati quegli standard che, per quanto riguarda gli organi indipendenti di controllo e regolamentazione, sono ormai affermati nel mondo democratico di cui vogliamo far parte. Per cominciare, bisogna assicurare il riconoscimento costituzionale della figura e delle competenze del Commissario e introdurre un nuovo meccanismo della sua nomina che consenta un maggior coinvolgimento della società civile, andando a sostituire il meccanismo esistente che, se non formalmente, è di fatto interamente controllato dai partiti politici.

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Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto

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