Macedonia nell’Ue e nella Nato, Zaev riparte dal nome
Il neopremier macedone Zoran Zaev mette l’integrazione euro-atlantica in cima alle sue priorità. Per rianimarla, rilancia il dialogo con la Grecia sull’annosa e irrisolta questione del nome
Dopo aver chiuso una lunga e violenta fase di instabilità politica con l’entrata in carica del nuovo governo, guidato dal socialdemocratico Zoran Zaev, la Macedonia tenta di rilanciare il proprio percorso di integrazione euro-atlantica.
Ieri, nella sua prima visita all’estero, il nuovo ministro degli esteri Nikola Dimitrov si è recato ad Atene per discutere col suo omologo greco Nikos Kotsias possibili soluzioni all’annosa questione del nome, che ha portato al boicottaggio greco delle ambizioni di Skopje di entrare a far parte di Unione europea e Nato.
Fin dalla dissoluzione della Jugoslavia, la Grecia rifiuta il nome “Macedonia” ritenuto una potenziale rivendicazione territoriale verso la sua regione settentrionale che porta lo stesso nome, ed accusa Skopje di appropriazione indebita di simboli ed eredità storica che considera suo appannaggio esclusivo. Su queste basi, negli anni scorsi Atene ha bloccato l’ingresso della Macedonia nell’Ue, nonostante Skopje abbia ottenuto lo status di candidato ufficiale fin dal 2005, per poi boicottare il suo ingresso nella Nato nel 2008.
Dialogo Skopje-Atene
L’incontro di ieri tra Dimitrov e Kotsias, segnato da toni estremamente amichevoli, sembra però delineare un clima nuovo, che potrebbe facilitare un compromesso tra le parti.
Il vertice era stato preceduto dall’annuncio di Zaev di voler mettere fine alla controversa politica di “antichizzazione” della Macedonia voluta da Gruevski, incentrata sul progetto “Skopje 2014”, e segnata dall’erezione di statue a personaggi storici come Alessandro Magno (a cui sono stati “dedicati” anche l’aeroporto di Skopje e la principale autostrada del paese), tutte iniziative che hanno sollevato reazioni furibonde da parte greca.
Nella conferenza stampa seguita all’incontro, Dimitrov ha dichiarato che “è nell’interesse greco che [la Macedonia] sia una democrazia di stampo europeo, che entri nell’Alleanza atlantica e dia inizio ai negoziati per l’adesione all’Ue”.
Kotsias ha replicato: “Vogliamo che la FYROM (Ex-repubblica jugoslava di Macedonia) [il nome provvisorio con cui la Macedonia è stata ammessa alle Nazioni unite nel 1991, ndr] diventi parte di Nato e Unione europea, ma questo non può accadere senza un compromesso sulla questione del nome.”
Secondo voci di corridoio, la Grecia potrebbe consentire a Skopje di iniziare le trattative per l’ingresso nella Nato sotto il nome provvisorio di FYROM. Prima che l’adesione venga formalizzata, i due paesi si impegnerebbero però a trovare una soluzione definitiva, che potrebbe significare un cambiamento del nome costituzionale della Macedonia.
Nuova atmosfera
Nel rilanciare le proprie ambizioni euro-atlantiche, il nuovo premier Zaev può contare su un’atmosfera nuova. Sia l’Ue che gli Stati Uniti non hanno nascosto il proprio sostegno al leader socialdemocratico nella lunga e difficile fase di scontro frontale con l’ex premier di centro-destra Nikola Gruevski, partita con lo “scandalo intercettazioni” e terminata da poche settimane con la formazione del nuovo governo.
Un percorso estremamente difficile e segnato dallo scontro violento tra (ex)maggioranza e opposizione, passato attraverso la firma degli “accordi di Pržino”, la creazione di una procura speciale incaricata di indagare i presunti abusi del governo Gruevski, elezioni anticipate annunciate e rimandate due volte.
La tensione ha raggiunto l’apice dopo le consultazioni dello scorso 11 dicembre, segnate da un risultato interlocutorio, e sfociate infine nella creazione di un governo Zaev, non prima che il nuovo premier venisse aggredito e picchiato nel parlamento di Skopje.
La partita geopolitica
L’appoggio di UE e USA non è privo di considerazioni squisitamente geopolitiche. La nuova fase di instabilità generale nei Balcani, di cui la Macedonia ha costituito negli ultimi anni il focolaio più pericoloso – con uno scontro politico che ha rischiato più volte di riaprire le tensioni etniche tra maggioranza macedone e minoranza albanese – ha creato le condizioni per un nuovo attivismo della Russia di Putin nella regione.
Nella partita macedone, Mosca ha preso le parti di Gruevski, accusando Unione Europea e Stati Uniti di ingerenza indebita negli affari della piccola repubblica ex-jugoslava.
La parola d’ordine della “stabilità” ripetuta come un mantra dalle cancellerie occidentali, in Macedonia passa attraverso l’integrazione euro-atlantica di Skopje: non sono quindi da escludere rinnovate pressioni su Macedonia e Grecia per sbloccare la partita.
L’attivismo di Zaev
Non è quindi un caso che Zaev, entrato in carica ad inizio giugno, abbia posto la riapertura dei capitoli Nato e Unione europea in cima alla propria lista delle priorità. Lunedì 12 giugno, il nuovo premier macedone si è recato in visita a Bruxelles, per incontrare i vertici di Unione europea ed Alleanza atlantica.
“Sotto il nome FYROM possiamo diventare membri della Nato”, ha affermato Zaev in una conferenza stampa tenuta insieme al segretario generale dell’alleanza, il norvegese Jens Stoltenberg.
Lo stesso Stoltenberg ha ribadito che la soluzione della questione del nome deve arrivare attraverso un negoziato bilaterale, salutando però “i chiari segnali del nuovo governo [macedone] di voler intensificare il dialogo con la Grecia”. Parole incoraggianti sono arrivate anche da Johannes Hahn, Commissario Ue per i negoziati all’Allargamento.
Nei giorni scorsi, Zaev ha annunciato anche una sua prossima visita nella vicina Bulgaria, che dovrebbe avvenire entro la fine del mese. Seppur meno visibili a livello internazionale di quelli con la Grecia, anche i rapporti di Skopje e Sofia sono infatti segnati da problemi ancora irrisolti, che hanno ancora a che fare con l’eredità storica, condivisa e combattuta tra i due paesi vicini.
Sofia ha a lungo considerato la Macedonia e i macedoni come parte della nazione bulgara, e pur avendo riconosciuto il paese nel 1991, non riconosce l’esistenza di un popolo e di una lingua macedone.
Poco prima del suo ingresso nell’UE nel 2007 Sofia, per bocca dell’allora ministro degli Esteri Ivaylo Kalfin, aveva sottolineato di non essere pronta ad appoggiare incondizionatamente l’adesione macedone vista "l’aggressione contro la nazione e la storia bulgara da parte di Skopje". Una posizione mai ufficialmente rivista e che sarà con tutta probabilità al centro dei colloqui tra Zaev e il premier bulgaro Boyko Borisov.