Serbia, sciopero Fiat: il governo sta con gli investitori
È durato circa tre settimane lo sciopero dei lavoratori della Fiat di Kragujevac che chiedevano un aumento dello stipendio. Dalla scorsa settimana sono iniziate le trattative con la mediazione del governo serbo
Gli operai della Fiat Chrysler automobili (FCA) di Kragujevac (Serbia centrale) la scorsa settimana hanno interrotto lo sciopero iniziato il 27 giugno e hanno avviato le trattative con il management della compagnia italiana. Il governo serbo e la prima ministra Ana Brnabić hanno avuto un ruolo importante come mediatori per far partire le trattative. Ricordiamo che il Governo è proprietario del 33 percento delle quote della FCA, ma non amministra i dipendenti.
Gli stipendi medi alla FCA sono di 38.000 dinari mensili cioè di circa 320 euro, cifra che è al di sotto dello stipendio medio in Serbia, che nel mese di maggio era di circa 46.000 dinari, ovvero molto meno di quello che prendono gli operai della Fiat in altri paesi. Gli stipendi vengono pagati regolarmente e ci sono stati due aumenti, a novembre del 2016 e a marzo del 2017. L’amministrazione della fabbrica afferma di rispettare il contratto collettivo, frutto di lunghe trattative coi sindacati.
La richiesta degli scioperanti è di innalzare il salario a 45.000 dinari, richiesta che l’amministrazione della fabbrica si era rifiutata di esaudire quando gli operai avevano annunciato lo sciopero. Le trattative sono agli inizi, e il governo ha annunciato che le varie richieste verranno affrontate in modo separato. Per adesso si parla della creazione delle commissioni che dovrebbero occuparsi delle richieste degli operai, ma non c’è alcuna garanzia che la richiesta principale, ossia l’aumento dello stipendio, venga soddisfatta.
Il governo si è preso il ruolo di negoziatore perché ha paura che la Fiat, al momento il più grosso esportatore in Serbia, possa ritirarsi dal paese. I ministri e la premier Brnabić hanno chiesto agli operai di essere responsabili. Si è vociferato anche a proposito di un background politico dello sciopero, con l’idea che dietro possa esserci l’opposizione. Mentre la maggior parte dei media negli ultimi giorni hanno scritto parecchio della influenza negativa dello sciopero sugli investitori stranieri, dopo di che c’è stato il ritorno degli operai in fabbrica e l’inizio delle trattative.
La Fiat pensa al ritiro dalla Serbia?
Gli operai hanno scioperato sicuri che un’astenzione dal lavoro non possa certo causare il ritiro della Fiat dalla Serbia, anche perché questa compagnia non potrebbe godere di condizioni più favorevoli da nessun’altra parte del mondo. In Polonia, dove eventualmente potrebbe essere spostata la produzione, gli stipendi sono due volte più alti di quelli di Kragujevac.
L’amministrazione per ora non si è fatta sentire, quindi non è chiaro se veramente ha intenzione di continuare a produrre in Serbia oppure pensa di spostarsi in un altro paese, cosa per altro di cui i media speculano da tempo.
La Serbia nel 2008 ha stipulato un contratto decennale con la Fiat, che scadrà l’anno prossimo. I media serbi scrivono che la vendita del modello che viene prodotto a Kragujevac non sta andando bene e che non ci sono prospettive, e che per questo il management starebbe pensando di interrompere l’intera operazione, cioè di non prolungare il contratto di altri dieci anni. Per come stanno le cose adesso, il governo serbo non sa con certezza se la Fiat non si ritirerà oppure se lo farà fra qualche anno.
Se la Fiat dovesse decidere di rimanere, lo sciopero probabilmente sarà usato nelle trattative con il governo come motivo per porre nuove condizioni e richieste per facilitare gli affari della FCA Kragujevac. Questo potrebbe essere anche il motivo della reazione di panico da parte del governo e della potenzialmente impopolare decisione di mettersi dalla parte degli interessi degli investitori e aumentare la pressione sugli operai.
Tra l’altro il governo si è rifiutato di pubblicare i dettagli del contratto siglato con la Fiat nove anni fa. Si sa che la Serbia ha investito 100 milioni di euro e che la Fiat ha ricevuto sovvenzioni di 10.000 euro per ogni operaio. Oggi la fabbrica impiega poco più di 2000 persone. La Fiat inoltre ha avuto in concessione gratuita il terreno sui lavora, esenzione da tutte le tasse comprese quelle locali, e garanzie dallo stato per finanziamenti a condizioni favorevoli.
Denaro
Il governo serbo basa la strategia di attrarre investimenti stranieri sulle sovvenzioni e su altre facilitazioni e anche sul fatto che la forza lavoro in Serbia è a buon mercato. Nel 2016 la Fiat in base a donazioni, dotazioni e premi ha ricevuto dal budget della Serbia 3,7 miliardi di dinari (poco più di 31 milioni di euro), mentre le uscite alla FCA per gli stipendi ai lavoratori sono state di 2,7 miliardi di dinari (poco più i 22 milioni di euro).
Ciò significa che la fabbrica di Kragujevac l’anno scorso non era certo gravata dalle spese relative agli stipendi, cioè che dalla Serbia ha avuto quasi 10 milioni di euro in più di quello che ha speso per pagare i lavoratori. Da qui sorge la domanda legittima sul perché la Fiat dovrebbe interrompere la produzione. Gli economisti credono che la risposta sia semplice: le sovvenzioni non sono l’unico e il più importante fattore che attira gli investimenti.
Gli esperti di economia propongono di cambiare la politica del governo basata sulle sovvenzioni e sull’offerta di forza lavoro a basso costo, e sottolineano che la cosa più importante è assicurare a tutti gli investitori le stesse condizioni di lavoro, garantire la sicurezza legale, togliere le sopratasse inutili e punire chi non paga le tasse e i contributi. In breve, far funzionare il sistema in modo efficace e avere condizioni di lavoro chiare e prevedibili.
La FCA esporta annualmente automobili per un valore di circa un miliardo di euro, del quale l’esportazione netta è pari al 30 percento perché per la produzione dei modelli della Fiat a Kragujevac vengono importati oltre il 60 percento dei pezzi.
Gli affari della Fiat sono importanti per la Serbia non solo per l’esportazione ma anche per l’indotto. A questa compagnia sono legate altre 15 aziende che producono i pezzi per le automobili e che danno lavoro a circa 6.000 persone. Quindi il governo deve reagire prontamente, il che potrebbe significare altre sovvenzioni, ma anche un maggior impegno nel “disciplinare” gli operai. L’impressione è che, almeno per quanto riguarda Fiat, non ci sia tempo per un cambio di politica.