Serbia: il caso della giornalista Dragana Pećo
Un mese fa qualcuno è entrato nell’appartamento della giornalista investigativa Dragana Pećo mettendo tutto a soqquadro ma senza rubare nulla. Le associazioni di categoria temono si tratti di un atto intimidatorio
(Originariamente pubblicato dal portale Cenzolovka il 4 agosto 2017, titolo orig. Pećo o obijanju stana: „Sve sam više ubeđena da to nije bila klasična provala “)
A distanza di un mese dall’irruzione nell’appartamento della giornalista Dragana Pećo, membro della Rete di investigazione su crimini e corruzione (KRIK), durante la quale l’intera abitazione è stata messa sottosopra, ma non è stato rubato niente, ancora non si sa a che punto siano le indagini né se sia stato identificato qualche responsabile. La polizia continua a tacere sull’intera vicenda, mentre la giornalista è sempre più convinta che non si sia trattato di una semplice effrazione.
Alle domande sollecitate dai giornalisti di Cenzolovka in merito al caso, il ministero dell’Interno non ha ritenuto opportuno fornire alcuna risposta, e nemmeno Dragana Pećo dispone di informazioni sullo stato di avanzamento delle indagini e su eventuali nuove rivelazioni.
Stando alle sue parole, sembra sempre più evidente che non si sia trattato di una classica irruzione.
“Col passare del tempo, e in assenza di qualsiasi risposta sui retroscena dell’accaduto, sono sempre più convinta che non si sia trattato di una classica effrazione con l’intento di rubare qualcosa, perché dall’appartamento non è stato portato via niente. Non vorrei che non si venisse mai a sapere chi e perché lo ha fatto”, ha dichiarato la Pećo, aggiungendo che da allora sta sempre all’erta perché “non si sa mai cosa possa succedere, vista la società in cui viviamo e le condizioni in cui lavoriamo”.
Tuttavia, come lei stessa precisa, questo episodio non le ha impedito di continuare a fare il suo lavoro, anzi ha proseguito nella propria attività investigativa “con ancora più grinta e convinzione”.
L’effrazione nell’appartamento di Dragana Pećo è avvenuta lo scorso 7 luglio, mentre lei era fuori città, ed è stato il suo fidanzato a trovare la serratura della porta scassinata e all’interno tutto messo sottosopra.
Come confermato a Cenzolovka da Stevan Dojčinović, caporedattore di KRIK, il caso è stato subito segnalato alla polizia, che ha effettuato un sopralluogo, raccogliendo le impronte digitali e sporgendo denuncia contro ignoti.
Dall’appartamento, nel quale al momento dell’irruzione c’erano diverse oggetti di valore, compreso un computer portatile e uno smartphone, non è stato portato via niente, mentre tutte le cose personali della giornalista sono state tirate fuori da armadi e cassetti e buttate sottosopra.
Due giorni dopo l’accaduto, il 9 luglio scorso, la polizia ha fatto sapere che “sta lavorando intensamente per identificare i responsabili”, anche visionando i filmati delle telecamere di sorveglianza ubicate in vari punti della città.
Il ministro dell’Interno Nebojša Stefanović ha dichiarato che “la polizia è a conoscenza dell’esistenza di due gruppi criminali che operano in quella zona della città”, mentre la questura di Belgrado, il giorno dopo l’effrazione, ha tenuto a precisare che ogni anno nella capitale avvengono “circa 1500 furti in appartamento, ovvero 3-4 al giorno, compiuti per lo più da tossicodipendenti che scelgono in maniera casuale gli appartamenti da colpire, soprattutto quelli meno protetti”.
Le associazioni indipendenti dei giornalisti (NUNS, NDNV, AOM e Associazione dei media) sospettano invece che, anziché di un’effrazione casuale, si sia trattato di un atto intimidatorio nei confronti della giornalista. Per questo, hanno sollecitato le autorità competenti, come ha fatto anche l’Associazione dei giornalisti della Serbia (UNS), a fare al più presto chiarezza su questo caso, individuando responsabili e movente. Cosa che finora non è avvenuta.
Del resto, polizia e procura non sono ancora riuscite a scoprire neanche l’identità dei responsabili di un episodio , risalente a un anno fa, che ha visto l’intera redazione di KRIK bersagliata da minacce sui social network.
Come riportato sul portale di KRIK lo scorso 18 luglio, in merito quest’ultima vicenda la redazione è stata informata dall’Ufficio del procuratore che il procedimento contro ignoti è tuttora nella fase delle indagini preliminari in quanto non si è ancora riusciti a stabilire l’identità delle persone nascoste dietro falsi account social da cui provenivano le minacce.
Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto